Verso la metà di settembre del 1941, la “capitale settentrionale” dell’Unione Sovietica si ritrovò completamente assediata.
Invece di occupare Leningrado, Hitler decise di raderla al suolo con costanti colpi d’artiglieria e bombardamenti aerei, e di far letteralmente morire di fame la popolazione civile. Alle truppe fu ordinato di non tentare di irrompere in città, ma di “respingere indietro i civili” che cercavano di passare attraverso le posizioni tedesche.
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“Il covo velenoso di San Pietroburgo, che ha sgorgato nel Mar Baltico il suo veleno per così tanto tempo, deve scomparire dalla faccia della terra”, affermò il Führer, che proibì di accettare la resa di Leningrado, qualora fosse stata proposta.
A Hitler fece eco il ministro della Propaganda Joseph Goebbels: “Se la conquistassimo, non saremmo in grado di cibare la massa di cinque milioni di persone che si affollano lì… Quindi è del tutto nel nostro interesse che Leningrado resista per qualche tempo. Allora saremo in grado di distruggere questa città di vari milioni di abitanti, strada per strada, quartiere per quartiere, e quando successivamente la occuperemo, gli occorrenti lavori di demolizione raderanno al suolo le mura ancora in piedi”.
Leningrado resistette eroicamente al lunghissimo assedio, dall’8 settembre 1941 fino al 27 gennaio 1944. Fino alla vittoria.
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