“Ivan il Terribile e suo figlio Ivan il 16 novembre 1581”, celebre quadro di Ilja Repin del 1883-1885 che ha contribuito a diffondere la teoria del figlicidio
Ilja Repin/Galleria TretjakovI resti di Ivan il Terribile e di suo figlio Ivan Ivanovich, morto nel novembre del 1581, furono riesumati e studiati dagli scienziati sovietici nel 1963. Lo scopo era quello di accertare se lo zarevic Ivan fosse stato davvero ucciso con un colpo alla testa (sferrato da parte del padre, secondo quanto si crede solitamente). Tuttavia, da questo punto di vista, l’impresa risultò inutile, perché la scatola cranica del figlio dello zar si presentava come una massa informe.
Secondo un’altra teoria, lo zarevic e suo padre furono in realtà avvelenati, e la leggenda del figlicidio sarebbe stata diffusa ad arte dai nemici dello zar. Anche l’ipotesi di avvelenamento però non fu confermata: l’arsenico e il mercurio, effettivamente scoperti nei tessuti, erano presenti in quantità abbastanza limitate e potevano essere dovuti all’assunzione di farmaci che si usavano all’epoca. D’altra parte, tuttavia, non si poteva neanche escludere che la concentrazione delle tossine fosse diminuita con il passare dei secoli.
Per capire che cosa è veramente accaduto tra lo zar e suo figlio nel novembre del 1581, non ci resta che usare le fonti scritte.
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Illustrazione raffigurante il Cremlino di Aleksandrov (o Aleksándrovskaja slobodá), residenza dello zar Ivan il Terribile e capitale effettiva dell’oprichnina dal 1564 al 1581
Sputnik“Ivan, mio figlio, ha contratto una malattia e ora è sicuramente malato”, scrisse Ivan IV nel novembre del 1581 in una lettera a Nikita Romanovich Zakharyin-Juriev, uno dei suoi più fidati comandanti militari. Lo zar chiedeva a Nikita Romanovich di recarsi d’urgenza nella sua residenza di Aleksandrov, nei pressi di Mosca, e nel linguaggio dell’epoca quel “sicuramente” significava “in maniera inguaribile”. Insomma, la morte dello zarevic sembrava imminente.
Ben sei fonti storiche riferiscono che lo zarevic Ivan morì nel Cremlino di Aleksandrov nel novembre del 1581. Ivan Timofeev, che prestava servizio presso la cancelleria di Ivan IV ed era vicino alla corte dello zar, osservava: “C’è chi dice che la sua vita fu spenta da un colpo sferratogli da suo padre, perché egli voleva trattenere il padre da una certa azione ingiusta”. Diverse altre fonti confermano che il figlio morì per colpa del padre e del suo scettro con cui lo colpì.
Da varie fonti sappiamo che lo scettro era l’arma preferita di Ivan IV. Il contemporaneo dello zar Ivan Belskij scrisse che il padre e il figlio litigavano spesso e lo zar, con il suo scettro, più volte aveva bastonato il suo erede.
Antonio Possevino (Mantova, 1533 – Ferrara, 1611) è stato un gesuita, scrittore e diplomatico italiano, al servizio dello Stato Pontificio. Scrisse “Moscovia”, un importante saggio sulla storia russa
Archiv Gerstenberg/ullstein bild/Getty ImagesLa descrizione più dettagliata della storia della presunta uccisione del figlio di Ivan il Terribile è quella di Antonio Possevino, legato pontificio, contenuta nel suo saggio “Moscovia”. Nel febbraio del 1582, Possevino arrivò a Mosca e fu ricevuto dallo zar. La visita si tenne in un momento in cui lo zar e tutta la corte erano ancora in lutto per la morte dello zarevic. A Possevino la storia fu sicuramente riferita dai suoi amici cattolici che risiedevano a Mosca. In ogni caso, ecco cosa scrive:
“Un giorno, la terza moglie del figlio Ivan era sdraiata su una panca, con addosso soltanto la sottoveste, perché non pensava che qualcuno potesse entrare. Inaspettatamente, entrò il gran principe di Mosca. Si alzò subito per venirgli incontro, ma l’ira di costui era ormai incontenibile. Il principe la colpì in faccia e poi la bastonò con lo scettro, che aveva con sé, con violenza tale che la notte seguente ella ebbe un aborto spontaneo, perdendo il maschietto che aveva in grembo.”
“In quel momento, il figlio Ivan entrò di corsa, supplicando di non picchiare sua moglie, ma l’ira del padre e i suoi colpi si riversarono anche su di lui. Con lo stesso bastone, fu gravemente ferito alla testa, praticamente alla tempia. Prima però, con grande rancore, rimproverò aspramente suo padre con seguenti parole: ‘La mia prima moglie, tu la confinasti in un monastero senza alcun motivo; facesti lo stesso con la mia seconda moglie e ora stai picchiando la terza per uccidere il figlio che ella porta in grembo’. Dopo aver ferito il figlio, lo zar fu piegato dal dolore e fece subito chiamare da Mosca i migliori medici e i suoi più fidati collaboratori, Andrej Shchelkalov e Nikita Romanovich, per avere tutto a portata di mano. Al quinto giorno, il figlio morì e fu portato a Mosca tra il dolore generale”.
Tombe di Ivan il Terribile e dei suoi figli Fjodor e Ivan nella Cattedrale dell’Arcangelo Michele, nel Cremlino di Mosca
A. Tartakovskij/SputnikLEGGI ANCHE: Che marito era Ivan il Terribile? Ebbe sei mogli e tutte fecero una brutta fine
È generalmente accettato che la tragica lite abbia avuto luogo il 14 novembre, mentre il decesso del figlio dello zar avvenne il 19 novembre del 1581. Antonio Possevino scrisse “Moscovia” al suo rientro dalla Russia, quand’era già in Europa, e la pubblicazione del saggio risale al 1586.
Il 6 gennaio 1583, poco più di un anno dopo la morte del figlio, Ivan IV si recò al Monastero della Trinità di San Sergio. La sua visita coincise con la festa di Kreshchenie, celebrata dalla Chiesa ortodossa come una delle più importanti. Lo zar assistette alla liturgia mattutina e poi a quella pomeridiana, dopo di che chiese di parlare in privato con il padre Eustazio, cellario del monastero, e con il padre Barsanofio Jakimov, notoriamente conosciuto come starets (mistico religioso). È da notare che a questo incontro non fu presente il superiore del monastero, l’archimandrita Giona.
Aleksandrov oggi. A 120 chilometri di Mosca, si trova nella oblast di Vladimir. Attira molti turisti per i vari tesori architettonici che conserva
Sergej Bobylev/TASSDai documenti conservati nell’archivio del Monastero della Trinità, sappiamo che lo zar, quando giunse al monastero, era disperato. Egli “piangeva e singhiozzava […] e tra lacrime e singhiozzi fece sei inchini fino a toccare la terra”. Lo zar chiese che fosse recitata una preghiera particolare in memoria di suo figlio: “Ricordarlo nei secoli dei secoli, fino a quando s’ergerà il santissimo monastero e fino alla fine dei tempi”. La richiesta fu accompagnata da un generoso dono in denaro. Per lo zar Ivan il Terribile fu un momento di pentimento. Del resto, nel giorno di Kreshchenie, il giorno del Battesimo di Cristo, come insegna il Vangelo, San Giovanni (protettore celeste dello zar, di cui prese il nome) predicò il ravvedimento: “Si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Marco, 1:4).
“Ivan il Terribile al capezzale del figlio morente”, dipinto del 1864 del pittore russo Vjacheslav Shvarts
Galleria Tretjakov“La conversazione di Ivan il Terribile con i frati fu un atto di pentimento, le sue lacrime erano dovute alla consapevolezza della propria colpa e non soltanto al suo dolore per la perdita del figlio”, scrive lo storico Sergej Shokarev, che ha studiato in dettaglio la storia del conflitto tra Ivan IV e suo figlio.
Che Ivan IV abbia veramente ucciso il figlio con il suo scettro, questo non può essere né dimostrato né smentito in maniera inconfutabile, perché della testa dello zarevic oggi rimane soltanto la mandibola inferiore. Tuttavia, come scrive Sergej Shokarev, sulla base di fonti scritte, “possiamo presumere che la morte di Ivan Ivanovich sia avvenuta a seguito delle conseguenze del grave trauma inflittogli da Ivan il Terribile in un momento di ira. Dal punto di vista giuridico, la tragedia accaduta al Cremlino di Aleksandrov, può essere qualificata come omicidio colposo, commesso per imprudenza, o omicidio preterintenzionale”.
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