Alessandro II, imperatore di Russia (1818-1881) con Edoardo VII (1840-1910), principe di Galles, a bordo di una trojka verso San Pietroburgo
Nikolaj SverchkovLa strada più veloce dell’Impero russo era la Via siberiana (altrimenti nota come Strada di Mosca). Il pittore Vasilij Vereshchagin (1842-1904) ricordava: “Due volte mi sono recato in Turkestan attraverso la Siberia, viaggiando come corriere (dell’esercito; ndr), una volta d’estate e l’altra in inverno. Entrambe le volte si è viaggiato a una velocità pazzesca; talvolta si facevano anche 400 verste al giorno (1 versta = 1066,52 metri)”. Sulle 24 ore la velocità media era dunque di 17,83 km/h, anche se, naturalmente, la carrozza si fermava alcune volte al giorno per cambiare i cavalli e far mangiare i viaggiatori.
Dal punto di vista degli standard d’oggi, 17 km/ora non è certamente tanto. Eppure, i vetturini della Via siberiana erano considerati dei veri assi della velocità. Con loro, persino la partenza della carrozza si trasformava in uno spettacolo. Vereshchagin ricordava che quando i cavalli erano già imbracati e pronti per partire, le persone scappavano: “I cavalli, tutti e tre, prima si sono impennati e poi sono partiti a tutta velocità. Tentare di trattenerli era inutile, si doveva soltanto guidarli abilmente per non finire dentro un burrone, non cascare giù da un ponte, ecc.” La velocità era tale che, qualche volta, gli assi della carrozza cominciavano a bruciare.
Dati analoghi circa la velocità dei viaggi nella Russia prerivoluzionaria li troviamo anche nei commenti del pushkiniano “Eugenio Onegin” a cura dello scrittore Vladimir Nabokov. I più veloci dell’Impero erano i cocchieri e i cavalli degli imperatori. Negli anni Cinquanta del Settecento, per l’imperatrice Elizaveta Petrovna (Elisabetta di Russia) fu costruita una speciale carrozza su pattini. Su questa carrozza, l’imperatrice arrivava da Mosca a Pietroburgo in 48 ore. La slitta era trainata da 12 cavalli che dopo alcuni chilometri venivano cambiati. All’epoca, la strada tra le due città era lunga 784 km, quindi, Elisabetta viaggiava alla velocità media di 16,3 km/h.
Alessandro I, nel 1810, coprì la distanza tra le due capitali in 42 ore (18,66 km/h), mentre Nicola I, nel 1833, in sole 38 ore (se è vero quello che Pushkin scrive nel suo diario). Ossia alla velocità media di 20,63 km/h, Nicola I può essere considerato l’imperatore più veloce della Russia. C’è da considerare tuttavia che Nicola I viaggiò nel mese di dicembre sulla strada invernale, che all’epoca era la più veloce.
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Una velocità record fu descritta nel suo diario dal drammaturgo Aleksandr Ostrovskij, che nel 1856 viaggiò attraverso la regione di Tver: “Ad Emmaus (circa 15 km dal centro di Tver), ci hanno dato una trojka di bellissimi cavalli grigi, il cocchiere era un giovane sui 25 anni, molto bello. Gli ho fatto presente che, probabilmente, piaceva molto alle ragazze, ma non ha detto niente. Poi ci ha fatto viaggiare a una velocità tale che mi mancava il respiro. […] In tre quarti d’ora abbiamo percorso 14 chilometri”. Quindi, la trojka aveva viaggiato a circa 20 km/h: quasi come i cavalli imperiali!
L’imperatore Nicola I di Russia in slitta
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Persino le velocità massime sulle strade della Russia pre-rivoluzionaria erano basse. La maggioranza dei viaggiatori si spostava con estrema lentezza, specie sul fango primaverile e durante le forti nevicate. Lo scrittore Vladimir Nabokov (1899-1977) osservava che “d’inverno, la neve poteva diventare tanta che viaggiare su di essa non era affatto meglio di viaggiare sul pantano e fango”.
Una trojka “jamskaja” (“del servizio postale) su una strada invernale
Nikolaj SverchkovIl critico Aleksej Wulf (1805-1881) scrisse che una volta, a causa di una fortissima nevicata, egli, viaggiando con una trojka di suo zio, impiegò un’intera giornata – dalla prima mattina fino alle otto di sera – per percorrere 40 verste tra la città di Torzhok e la tenuta di Malinniki, entrambe nella regione di Tver. La velocità di viaggio di Wulf fu dunque di appena 3 km/h (meno di un pedone!).
Lo storico Vladimir Korshunkov riferisce che nel 1828, Vladimir Basnin, un mercante di Irkutsk, in Siberia, in compagnia di alcuni amici, fece un viaggio da Irkutsk fino a Pietroburgo, attraversando Tomsk, Tjumen, Ekateringburg, Kazan e Mosca. Il viaggio, lungo 5150 verste (5510 km), durò 36 giorni e 20 ore: dal 26 gennaio al 6 marzo. La velocità media fu di 6,23 km/h.
“Vetturino, non far correre troppo i cavalli!”. La figura dello jamshchík, il postiglione russo, è molto presente tanto nella pittura quanto in letteratura
Aleksandr OrlovskijTali erano le velocità reali, per cui ogni viaggio diventava una prova non solo fisica, ma anche spirituale.
Il fenomeno degli ingorghi, o “intasamenti”, come si diceva allora, era conosciuto anche nell’Ottocento, specie nelle grandi città e sulle strade interurbane particolarmente trafficate. Una carrozza rotta, un cavallo morto, una collisione – tutto ciò contribuiva a rallentare il traffico. Intasamenti si creavano anche sulle strade piene di buche, dove bisognava rallentare e procedere con molta cautela.
Il problema degli ingorghi non è sorto solo con la diffusione delle automobili!
Dominio pubblicoI lavori stradali venivano intrapresi soltanto quando si prevedeva il passaggio di alti papaveri o della famiglia imperiale. L’attrice moscovita Praskovja Orlova (1815-1900) ricordava che nel 1838, quando si recò a Staraja Russa, viaggiò sulla strada dove poco prima di lei era passato il corteo dell’imperatore Nicola I: “La strada era liscia come un pavimento di parquet”.
Quando viaggiavano gli zar e i membri della loro famiglia, il traffico era praticamente paralizzato! Tuttavia, a differenza di oggi, il motivo dei “blocchi” era diverso: mancavano i cavalli. Mikhail Dmitriev ricordava che nel 1837, quando l’erede al trono e futuro imperatore Alessandro II viaggiò per la Russia, per la sua carrozza e quelle delle sue guardie e del seguito, furono requisiti tutti i cavalli delle poste: “Per tre settimane le stazioni di posta diventarono deserte”, “i contadini strapparono dalle porte tutti i ganci di ferro e spaccarono i vetri delle finestre”. Relativamente al viaggio dell’erede attraverso il governatorato di Smolensk, la storiografa Natalja Gorskaja riferisce che per questa tappa del viaggio ci vollero almeno 1140 cavalli postali e 540 cavalli di riserva, mentre in tutte le stazioni postali del governatorato ce n’erano soltanto 400, pertanto si dovette requisire i cavalli dei contadini e dei locali proprietari terrieri.
“Sulla Grande strada siberiana”, dipinto del 1883 di Nikolaj Sverchkov
Dominio pubblicoIl funzionario Dmitrij Obolenskij (1822-1881) riferiva che in settembre del 1856, tutti i cavalli di tutte le stazioni postali dei governatorati situati tra Mosca e Varsavia furono prenotati per il viaggio dell’imperatrice vedova. Tutte le persone che in quel momento stavano viaggiando con le carrozze delle poste, dovettero interrompere il viaggio, restando bloccate nelle stazioni o nei centri abitati vicini. I contadini furono costretti a sospendere i lavori nei campi per riparare le strade e le stazioni postali. “Come si possono valutare le perdite dei privati e quanto può costare un viaggio da Mosca a Varsavia?”, si chiedeva polemicamente il funzionario.
“Hanno iniziato a correre sfrenati”, dipinto del 1884 di Pavel Kovalevskij
Dominio pubblicoDopo tali “tragitti imperiali”, molti cavalli morivano: ai cocchieri si ordinava di non risparmiare gli animali. Nel 1858, dopo il passaggio attraverso il governatorato di Smolensk del corteo di Alessandro II (questa volta, già in qualità di imperatore), morirono ben 164 cavalli.
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