Nadezhda Allilueva, com’era la moglie di Stalin?

Russia Beyond (Public Domain)
La donna, molto più giovane del leader sovietico, si tolse la vita in circostanze misteriose, a solo 31 anni. Quale fu la causa di questa drammatica decisione? Lo fece perché non riusciva più a tollerare i tradimenti del marito, o perché non sopportava più il clima di terrore da lui instaurato nel Paese?

Quando Nadezhda Allilueva (1901-1932), giovanissima e ancora studentessa liceale, sposò il quarantenne Iosif Stalin (1878-1953), difficilmente poteva pensare che a breve suo marito sarebbe diventato “padre dei popoli”. Di lei si parlava come di una ragazza modesta, ma orgogliosa e determinata. Non sognava il potere e non pensava certo di diventare “first lady”. Finora, non si sa con certezza, che cosa abbia provocato lo stato d’animo che portò alla tragedia, se il carattere del marito, l’impossibilità di vivere con un tiranno, altri problemi psicologici o la gelosia, dalla quale era letteralmente lacerata.

Figlia di amici di Lenin

I genitori di Nadezhda Allilueva militavano nel movimento socialdemocratico. Conoscevano bene non solo Stalin, ma anche Lenin, che per un po’ di tempo si era rifugiato nella loro casa per sfuggire alle persecuzioni. Con Stalin, tuttavia, avevano un rapporto di vera amicizia. Il futuro leader molte volte era stato ospite degli Alliluev nella loro casa di Baku. Secondo una leggenda, una volta, nel 1903, quando Nadezhda aveva soltanto due anni, Stalin le avrebbe salvato la vita: un giorno, giocando sul lungomare, la bambina cadde in acqua e fu salvata dal suo futuro marito.

Nel 1917 Stalin rientrò dalla Siberia, dove aveva scontato l’esilio, a Pietrogrado, incontrando un giorno l’ormai cresciuta Nadezhda (la famiglia si era intanto trasferita nella allora capitale). In quel momento Stalin era ormai un noto esponente del partito, con una consolidata carriera politica, mentre Nadezhda frequentava ancora il ginnasio (tra l’altro, non riuscì mai a diplomarsi e soffriva per via degli errori che faceva quando scriveva in russo, e lavorò come segretaria).

Nadezha. 1922

Svetlana Allilueva, figlia di Stalin e Nadezhda, così descriveva sua madre: “Le sue apparenze di una donna del Sud spesso facevano credere che fosse georgiana, specie a chi conosceva poco la Georgia. In realtà, aveva l’aspetto tipico delle donne bulgare, greche, ucraine: classico ovale del viso, sopracciglia nere, un naso leggermente all’insù, pelle scura e dolcezza degli occhi marroni con ciglia nere e dritte. La mamma, però, aveva anche un qualcosa di zingaro: languore orientale, sguardo triste, e dita lunghe e magre”. In effetti, Nadezhda non era una vera georgiana. Oltre a quello georgiano, nelle sue vene scorreva anche sangue rom, russo e tedesco.

Malgrado la differenza di età, tra la ragazza e Stalin cominciò una storia d’amore. Non sappiamo nulla di come Iosif abbia affascinato la giovanissima Nadezhda. Tuttavia, Irina Gogua, che conosceva bene gli Alliluev, ricordava: “...Una volta Sergej Jakovlevich [il padre di Nadezhda Allilueva] è venuto di corsa, terribilmente agitato, e ha detto che egli [Stalin] aveva portato via Nadja. Pare che Nadja non avesse ancora compiuto i 16 anni. Credo che sia stato dopo la rivolta d’Ottobre. L’ha portata al fronte…” I due si sposarono nel 1918 (ufficialmente, nel 1919), quando Nadezhda aveva 17 anni e Stalin 40. 

1917

Madre severa e padre buono

Dopo essersi trasferita a Mosca assiema a tutto il governo bolscevico, Nadezhda cominciò a lavorare nella segreteria di Lenin, ma poco dopo dovette lasciare sia il lavoro, sia la sua attività sociale, perché nel 1921 alla coppia nacque il primogenito Vasilij. Nello stesso anno, inoltre, venne a vivere con loro Jakov, il figlio che Stalin aveva avuto dal primo matrimonio. Poco comunicativo com’era, il ragazzo fu accolto da Nadezhda con molta tenerezza, mentre i suoi rapporti con il padre erano assai difficili.

Nadezhda con il figlio Vasilij, 1922

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A Nadezhda pesava il suo ruolo di casalinga. Nel 1926, poco prima della nascita della figlia Svetlana, scrisse a un’amica: “Mi dispiace tanto di essermi nuovamente legata in nuovi vincoli familiari. Ai nostri giorni non è molto facile, sicché i nuovi pregiudizi abbondano spaventosamente; se tu non lavori, diventi subito una “baba” [sinonimo dispregiativo di donna] […] Bisogna per forza padroneggiare un mestiere che ti dia la possibilità di non essere il tuttofare di nessuno, come normalmente avviene nel lavoro di ‘segreteria’, facendo invece tutto quello che rientra nella specializzazione”. Quando i figli diventarono più grandi, Nadezhda riprese il lavoro e la sua attività nel partito, frequentando in parallelo l’Accademia industriale. In più, cominciò a studiare la lingua francese, la musica, e a sperimentare con la macchina fotografica. 

Nei confronti dei figli era molto esigente e, anzi, piuttosto severa. Svetlana Allilueva ricordava: “Molto raramente mi faceva una carezza, mentre papà mi prendeva sempre in braccio, mi baciava rumorosamente e con piacere, mi chiamava con nomi affettuosi come “passerotto” o “moscerina”. Una volta, per caso, ho tagliato con le forbici una tovaglia nuova. La mamma mi ha picchiato sulle mani, Dio mio, quanto mi dolevano! Piangevo così forte che è venuto mio padre, mi ha presa in braccio e alla fine, dandomi dei baci e consolandomi, mi ha tranquillizzata…!”. 

Stalin con i figli Vasilij and Svetlana, 1935

A leggere le lettere che i coniugi si scambiavano si potrebbe pensare che i loro rapporti fossero ideali. Nelle lettere, Stalin chiama amorosamente sua moglie con il vezzeggiativo “Tatka”, si interessa dei suoi successi, degli studi e dei figli, e finisce ogni sua missiva in maniera sempre uguale: “Baci”. Anche Nadezhda gli risponde con affetto, interessandosi della sua salute e dei suoi affari. In realtà, però, la donna era lacerata dalla gelosia: “È da tanto che non ho tue notizie […] Evidentemente ti sei appassionato alla caccia alle quaglie […] Di te mi ha parlato una giovane donna interessante, che ha detto che stai alla grande […], che eri meravigliosamente allegro e hai divertito tutti […]. Ne sono molto contenta”, scrisse Nadezhda in una delle sue lettere al marito. Stalin si giustificava: “Tu alludi a dei viaggi. Ti comunico che non sono andato da nessuna parte (assolutamente, nessuna) e non intendo andare”. La sorella di Nadezhda ricordava che la donna voleva lasciare Stalin. Nel 1926, addirittura, prese i figli e andò con loro a Leningrado, decisa a non ritornare mai più dal marito, ma alla fine fecero pace. 

La morte misteriosa

Secondo i ricordi di Irina Gogua, Nadezhda soffriva molto per via dei modi rozzi e irascibili di suo marito: “In presenza di Iosif, Nadja sembrava un fachiro che cammina scalzo sui vetri, con un sorriso destinato al pubblico e una terribile tensione negli occhi. Non sapeva mai che cosa aspettarsi, come sarebbe esplosa la sua ira. Lui era un vero becero”. La lite fatale ebbe luogo l’8 novembre 1932, quando si stava celebrando la ricorrenza della Rivoluzione d’Ottobre. Stalin gridò alla moglie: “Ehi tu, bevi!”, al che lei rispose: “Non sono per te una ‘Ehi’!”. Su quello che è seguito, ci sono versioni diverse. Secondo alcune fonti, Stalin avrebbe lanciato in faccia a sua moglie un pezzo di mollica di pane, dopo di che Nadezhda andò via. Secondo altre fonti, Nadezhda rimase a tavola, e Stalin sarebbe partito per andare da una sua amante. 

Tornata a notte inoltrata nel suo appartamento al Cremlino, Nadezhda Allilueva si sparò al cuore. Nessuno sentì il colpo, il corpo di Nadezhda fu rinvenuto soltanto la mattina dopo, quando una cameriera venne per svegliarla. Anni dopo, Svetlana Allilueva scrisse nelle sue memorie che sua madre avrebbe lasciato al marito una lettera piena di rimproveri, di natura quasi politica, ma nulla lo sta a confermare. Secondo i testimoni, Stalin fu sconvolto dall’accaduto, diceva che non voleva più vivere. Due anni e mezzo dopo la scomparsa della moglie, disse ad alcuni parenti: “Ha fatto malissimo, mi ha mutilato […], mi ha mutilato per tutta la mia vita”. La figlia Svetlana scriveva che Stalin era molto arrabbiato con sua moglie, considerando il suicidio come un atto di tradimento nei suoi confronti. Durante la cerimonia funebre, avrebbe addirittura respinto con le mani la bara più lontano da sé.

Più tardi, Vjaceslav Molotov, ministro degli Esteri staliniano, smentì quanto sopra, affermando che Stalin dava la colpa a sé stesso: “Stalin si è avvicinato alla bara per darle l’ultimo addio prima che venisse sepolta, aveva le lacrime agli occhi. Ha detto con molta tristezza: ‘Non t’ho salvata’. Io l’ho sentito e lo ricordo: ‘Non t’ho salvata’”. Molotov disse anche che fu la prima e l’ultima volta in cui vide Stalin piangere. 

I giornali riferirono che Nadezhda Allilueva era stata stroncata da un attacco di appendicite. Il silenzio contribuì a spargere le voci, secondo cui Nadezhda sarebbe stata assassinata per ordine del suo onnipotente marito. Tuttavia, sia i testimoni dell’epoca, sia gli storici concordano sul fatto che si sia trattato di un suicidio.

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