Perché Stalin ordinò di uccidere Lev Trotskij?

Russia Beyond (Foto: Legion Media; Global Look Press)
Uno dei più stretti collaboratori di Lenin e uno dei leader della Rivoluzione d’Ottobre, fu assassinato nel 1940 in Messico dall’agente sovietico Ramón Mercader. Come mai era tanto odiato e temuto dal leader sovietico?

Stalin, che non tollerava la concorrenza, aveva dei validi motivi per essere ostile nei confronti di Trotskij. Quest’ultimo era la persona più vicina al leader indiscusso dei bolscevichi, Lenin. L’influenza e la stima di cui Trotskij godeva, gli avrebbero consentito di ottenere con facilità la nomina a presidente del primo governo dei bolscevichi, ma Trotskij, volontariamente, cedette la carica a Lenin. Su molte questioni le opinioni di Stalin e Trotskij divergevano, ma la rivalità sfociò in vero odio dopo il conflitto tra i due nel corso della difesa di Tsaritsyn (la città che poi sarebbe stata chiamata Stalingrado e infine Volgograd). 

Durante la Guerra civile, l’Armata Rossa, di cui Trotskij è considerato il creatore, aveva bisogno di comandanti con esperienza di guerra, pertanto Trotskij voleva reintegrare in servizio molti degli ex ufficiali dell’esercito zarista. Stalin era categoricamente contrario e, nel settore del fronte a lui affidato, dove la situazione era critica, faceva nomine scegliendo fra persone nuove, ma ideologicamente fedeli al partito, tra cui in particolare i futuri Marescialli dell’Unione Sovietica Budjonnyj e Voroshilov

Lev Trotskij (1879-1940) tiene uno dei suoi infuocati discorsi davanti alle truppe

LEGGI ANCHE: Quando e perché Stalin e Trotskij divennero nemici? 

 Sebbene Trotskij fosse presidente del Consiglio militare rivoluzionario, Stalin ignorava i suoi ordini e continuava a scrivere a Lenin, reclamando dei poteri che gli consentissero di intervenire anche su questioni militari. Scriveva in particolare: “Se Trotskij continuerà così, alla leggera, a distribuire i mandati a destra e a sinistra… possiamo star certi che tra un mese le cose cominceranno a precipitare nel Caucaso del Nord… Metteteglielo bene in testa… Per la nostra causa io ho bisogno di poteri in ambito militare… Il fatto di non avere un papiro firmato da Trotskij non potrà fermarmi”.

Lenin e Stalin

Trotskij, da parte sua, insisteva sulle dimissioni di Stalin. Alla fine Lenin prese una decisione a favore di Trotskij. Stalin fu richiamato a Mosca, ma ben presto fu nominato membro del Consiglio militare rivoluzionario, di cui Trotskij era il presidente. La rivalità tra i due era destinata a proseguire.

Il testamento di Lenin e la lotta per il potere

La lotta tra Stalin e Trotskij divenne guerra aperta dopo l’inizio della malattia di Lenin, quando il leader non poteva più dirigere il partito e si era praticamente ritirato dalla vita pubblica. Nella sua lettera al congresso, scritta nel 1922 e conosciuta oggi come suo “testamento politico”, Lenin scriveva del pericolo di scissione del partito di cui era gravido il conflitto tra Stalin e Trotskij: “Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc.” 

Lenin non solo criticava Stalin, ma dimostrava anche una grande fiducia nei confronti di Trotskij, da lui definito “probabilmente il più capace tra i membri dell’attuale Comitato Centrale”. Ciò nonostante, Stalin mantenne la carica di segretario generale, perché entro il 1922 aveva già acquisito un grande peso, in quanto proprio lui distribuiva la maggior parte delle cariche nel partito. 

Stalin si circondò di un gruppo di fedelissimi e cominciò le pressioni su Trotskij per espellerlo dal partito. Tuttavia, il prestigio e l’influenza di Trotskij erano talmente grandi che già in quel periodo Stalin prese in considerazione l’ipotesi di sbarazzarsi del suo concorrente. 

“La pace e la libertà del deputato del soviet”. Manifesto antibolscevico con Trotskij transformato in un mostro assetato di sangue

Alla fine decise di non ricorrere per il momento alla mossa estrema: Trotskij fu esonerato da tutte le cariche, espulso dal partito e poi esiliato all’estero nel 1929.

Per essere oggettivi, occorre dire che Stalin lottava contro Trotskij non solo perché temeva la concorrenza. Capiva abbastanza bene le conseguenze di un’eventuale vittoria del trotskismo. La linea politica di Trotskij, nel caso della sua vittoria, probabilmente avrebbe avuto delle conseguenze catastrofiche per il giovane Paese dei Soviet. Di Stalin si dice che era un duro, ma in realtà Trotskij era molto più rigido e molto più radicale. Esortava al terrore totale e alla dittatura all’interno del Paese, e voleva “incendiare” tutto il mondo. Se la collettivizzazione staliniana delle campagne fu violenta, i piani di Trotskij, se si fossero avverati, si sarebbero rivelati, per i contadini, un vero inferno. Paradossalmente, a confronto di Trotskij, Stalin dimostrò di essere un dirigente molto più sobrio e ragionevole.

Operazione “Madre”

All’estero Trotskij non rinunciò all’attività politica. Sulla base delle sue idee fu creata la Quarta Internazionale – organizzazione internazionale del movimento comunista. Trotskij adesso era più pericoloso di quando si trovava nell’Urss, perché era fuori della sfera d’influenza di Stalin. Nei suoi libri e articoli scritti all’estero, Trotskij definiva Stalin “intendente di Hitler” e si scatenava contro il culto della personalità, il totalitarismo e soprattutto contro la burocrazia. Il paragone con la Germania nazista fu fatale per la sorte di Trotskij. Pavel Sudoplatov, l’uomo che organizzò l’assassinio di Trotskij, ha ricordato come Stalin gli avesse spiegato la necessità di eliminare il suo ex compagno di partito: “Trotskij deve essere liquidato entro un anno, prima dell’inizio della guerra, che è inevitabile. Senza eliminarlo, come dimostra l’esperienza degli eventi spagnoli, nel caso di un’aggressione degli imperialisti contro l’Unione Sovietica, non potremo essere certi del sostegno da parte dei nostri alleati nel movimento comunista internazionale”.

Il generale Pavel Sudoplatov (1907-1996), uomo dei servizi che svolse un ruolo da protagonista come supervisore in numerosi episodi celebri della storia sovietica durante lo stalinismo, incluso l’assassinio di Lev Trotskij

Nel corso del primo attentato (operazione “Il Cavallo”) un gruppo di agenti assaltò la casa di Trotskij. Furono sparati decine di colpi, ma Trotskij, sua moglie Natalja e suo nipote Seva rimasero illesi. Allora si passò al piano B (“La Madre”), in conformità al quale il rivoluzionario spagnolo Ramón Mercader doveva conquistare la fiducia di Trotskij e poi liquidarlo. Lo spagnolo cominciò a incontrarsi con una segretaria di Trotskij. Munito di un falso passaporto canadese intestato a Frank Jackson, veniva a casa di Trotskij a prendere la ragazza dopo il lavoro e piano piano costruì un rapporto di fiducia con il padrone di casa, facendosi invitare a cena, dimostrando interesse per le idee del rivoluzionario e comprando dei regali per suo nipote. Il 20 agosto 1940 Mercador venne da Trotskij chiedendogli di commentare un articolo da lui scritto a sostegno della Quarta Internazionale. La giornata era calda, ma Mercador indossava un impermeabile lungo. Eppure nessuno ebbe un minimo sospetto, tanto erano già abituati a vederlo in casa. Sotto l’impermeabile lo spagnolo nascondeva una piccozza, una rivoltella e un coltello. “Nel momento in cui Trotskij ha cominciato a leggere l’articolo, col pretesto del quale ero andato a casa sua, ho tirato fuori da sotto l’impermeabile la piccozza, l’ho stretta forte in mano e, con gli occhi chiusi, gli ho sferrato un terribile colpo sulla testa”, raccontò Mercader dopo il suo arresto.

Un poliziotto messicano regge l’arma del delitto usata da Ramón Mercader per uccidere Lev Trotskij: una piccozza dal manico corto

I medici non riuscirono a salvare Trotskij. Morì il giorno dopo, il 21 agosto 1940. Le ultime parole del rivoluzionario, registrate dal suo segretario, furono: “Per favore, dite ai miei amici che sono certo della vittoria della Quarta Internazionale… Andate avanti”. Ramón Mercader trascorse in carcere 19 anni e 8 mesi. Dopo la scarcerazione, nel 1960, partì per l’Urss, dove fu insignito del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica,  dell’Ordine di Lenin e della Stella d’Oro. È morto all’Avana nel 1978. È sepolto a Mosca.

Ramón Mercader (1913-1978; introdottosi in Messico con la falsa identità di Frank Jackson), l’assassino di Trotskij, il 31 agosto 1940, dieci giorni dopo il delitto

LEGGI ANCHE: Trotskij, da eroe a “traditore” della Rivoluzione: il triste destino del fondatore dell’Armata Rossa 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie