Santa Ksenija di Pietroburgo, nata tra il 1719 e il 1731 e morta attorno al 1802
Dominio pubblicoNel 1757, dopo la morte del colonnello della Guardia Andrej Fjodorovich Petrov, la sua vedova, Ksenja, indossò l’uniforme da ufficiale del marito defunto – un caftano verde con pantaloni rossi - e iniziò a dire a tutti: “Ksenija Grigorjevna è morta”, e a pretendere di essere chiamata Andrej Fjodorovich.
Il fatto è che il marito era morto all’improvviso, senza aver avuto il tempo di fare la comunione. Per occuparsi della salvezza dell’anima del consorte, Ksenija si incamminò sulla via dello “juródstvo”; la “stoltezza in Cristo”. È così che i suoi contemporanei la ricordavano: con indosso la veste rossa e verde della “Trasfigurazione” nell’identità del marito; come viene ritratta nelle icone contemporanee.
Una ricostruzione del presunto aspetto di Ksenija nel Museo a lei dedicato sull’Isola Vasilevskij, vicino all’ingresso del cimitero Smolenskoe di San Pietroburgo
Mrkhlopov (CC BY-SA)La giovane donna, rimasta vedova a 26 anni, proveniva da una famiglia nobile, ma rifiutò tutti i beni terreni: donò i suoi averi ai poveri, firmò un atto di donazione della sua casa a favore della vedova Paraskeva Antonova, che prima prendeva da lei una stanza in affitto, e donò il suo patrimonio alla chiesa “per il riposo dell’anima di Ksenija”, che lei continuava a dire essere morta, al posto del marito.
I parenti del marito pensarono che Ksenija fosse completamente uscita di testa e presentarono una petizione al superiore di Andrej Fjodorovich per ottenere la tutela legale della loro parente, affinché non cedesse i suoi beni mentre era mentalmente squilibrata. I funzionari, che la convocarono per un colloquio conclusero che era perfettamente sana di mente e legalmente competente, e aveva il diritto di disporre dei suoi beni come meglio credeva.
È necessario sottolineare che all’epoca gli “jurodivye”, gli “stolti in Cristo”, erano trattati con maggiore severità rispetto al passato: Pietro il Grande creò una base legislativa per dare un giro di vite al fenomeno dei “falsi jurodivye”, che si fingevano cinicamente folli con lo scopo di trarne un guadagno. A parte i veri folli o quelli che si erano dati alla “pazzia volontaria” o all’ascesi, la Russia aveva già fin troppi finti “pazzi” che volevano ignorare le convenzioni sociali, le leggi e la decenza; provocatori che volevano esprimere la loro protesta sociale o politica sotto le spoglie della debolezza mentale e mendicanti che miravano all’arricchimento personale. Dall’inizio del XVIII secolo lo “jurodstvo” venne punito con la tortura e la prigione. Nelle azioni di Ksenija, con le sue nobili origini e le sue azioni caritatevoli, non si trovò evidentemente alcun corpus delicti.
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Un ritratto che si presume riprodurre le fattezze di Ksenija di Pietroburgo
Dominio pubblicoKsenija non chiedeva l’elemosina ai cittadini, spesso rifiutava quanto le veniva donato o lo dava subito ai poveri. Era mite e modesta e non compiva quegli atti insulsi tipici dei malati di mente. Durante il giorno vagava per le strade, visitando i conoscenti, e di notte, come scoprì la polizia che la seguiva, si recava nei campi fuori città e trascorreva ore in preghiera. Di tanto in tanto pernottava a casa di alcuni conoscenti.
Con il passare del tempo, gli abitanti di San Pietroburgo notarono che coloro che avevano ricevuto le sue attenzioni stavano bene. I commercianti del mercato le chiedevano di fermarsi nel loro negozio e le madri con bambini si precipitavano verso di lei chiedendole di benedire i loro figli o semplicemente di accarezzare le loro teste, nella convinzione che questo avrebbe guarito il bambino e portato loro fortuna.
Nel 1761, alla vigilia di Natale, Ksenija iniziò a correre per le strade tutta allarmata gridando: “Preparate i bliny, preparate i bliny, presto tutta la Russia preparerà i bliny!”. I cittadini intuirono che qualcosa non andava, perché nella tradizione ortodossa i bliny sono una cosa che non può mancare ai funerali. Ed ecco che il giorno dopo morì l’imperatrice Elizaveta Petrovna!
Icona di Santa Ksenija di Pietroburgo
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Nel 1764 la donna predisse la morte di Ivan VI (Ioann Antonovich), che era stato imperatore da bambino, ma poi aveva vissuto in prigionia tutta la vita, fin dall’età di due anni, e da tempo si trovava nella fortezza di Shlisselburg. Alla vigilia della sua uccisione in carcere, Ksenija piangeva incessantemente. A a chi le domandava il perché rispondeva: “Sangue, sangue, sangue… I fiumi sono pieni di sangue, i canali sono insanguinati, c’è sangue, sangue…”. Poche settimane dopo Ivan fu pugnalato a morte mentre dei cospiratori cercavano di liberarlo dalla prigionia.
A volte Ksenija dava consigli improvvisi e criptici che erano destinati a cambiare la vita dei suoi interlocutori. Presentandosi alla porta della sua vecchia casa, disse alla sua nuova padrona Paraskeva Antonova che “Dio le aveva mandato un figlio” e che doveva recarsi immediatamente al Cimitero Smolenskoe. La donna si precipitò al camposanto e appena là vide la folla e scoprì che un conducente di carrozza aveva investito una donna agli ultimi giorni di gravidanza, che aveva partorito lì e che era morta all’istante. Paraskeva prese il bambino e, rendendosi conto che i suoi parenti non si sarebbero mai fatti vivi, chiamò l’orfano Andrej e lo adottò.
I. Ganzenko, “Evidenza dei Miracoli di Santa Ksenija di Pietroburgo”, 2021
Museo di San PietroburgoUn’altra volta Ksenija disse a una conoscente, non sposata: “Tuo marito sta seppellendo la moglie a Okhta” (un quartiere di San Pietroburgo). Quella si fermò a un funerale, dove incontrò un vedovo inconsolabile che aveva perso la moglie, morta di parto. Un anno dopo la ragazza lo sposò e visse con lui in pace e armonia fino alla vecchiaia.
A un altro uomo, che chiedeva a Ksenija una preghiera, ella diede una moneta e disse: “Tieniti il cavallo! Con esso andrai lontano!”. (Il rovescio delle monete da uno e due copechi raffigurava San Giorgio a cavallo). Presto l’uomo si arricchì.
Nel 1786 iniziò la costruzione di una chiesa in pietra nel cimitero Smolenskoe. Gli operai si accorsero subito che al mattino dei mattoni erano apparsi in alto sulle impalcature. Si scoprì che dopo il tramonto e fino a prima dell’alba, l’anziana Ksenija li portava in cima alle mura in costruzione.
Santa Ksenija trasporta i mattoni sul campanile della Chiesa della Nostra Signora di Smolensk. Illustrazione dal libro di E. Rakhmanin “Santa Ksenija Serva del Signore”
Museo di San Pietroburgo“Ma quando dormi, Andrej Feodorovich?”, le chiesero i muratori. “Il tempo per dormire ce lo avremo sotto terra”, chiosò lei.
Ksenija si preoccupava molto che la muratura fosse particolarmente resistente: “Dovrà sopportare molto, ma reggerà.…”. Nel 1824 il cimitero fu distrutto da un’alluvione: molte croci e tombe furono abbattute e i libri cimiteriali furono distrutti, ma la chiesa sopravvisse.
Ksenija è stata sepolta proprio vicino a questa chiesa del cimitero Smolenskoe. Morì all’età di 71 anni.
La tomba di Ksenija divenne presto un luogo di pellegrinaggio. Le persone che venivano a chiedere aiuto portavano via una manciata di terra, e per questo motivo il tumulo dovette essere riempito almeno due volte.
La Cappella di Santa Ksenija di Pietroburgo, costruita nel 1902 sul luogo della sua sepoltura
Chiesa di SmolenskLa leggenda narra che, all’inizio degli anni Settanta del XIX secolo, persino Maria Fjodorovna si rivolse a Ksenija con la richiesta di curare il marito, il futuro imperatore Alessandro III, dal tifo. Secondo la leggenda, il suo valletto le diede della sabbia dalla tomba di Ksenija e la Granduchessa la mise sotto il cuscino del malato. Quella notte ebbe la visione di una vecchia che le prediceva la guarigione di Alessandro e la nascita di una figlia, che si sarebbe chiamata Ksenija. La coppia esaudì questo desiderio: nel 1875 nacque Ksenija Aleksandrovna Romanova (la sorella di Nicola II. Dopo la Rivoluzione fu l’unica a scampare all’esecuzione e visse poi a lungo in Inghilterra, ad Hampton Court, fino alla morte, che la colse, ormai anziana, nel 1960.
Nel 1902 fu eretta sulla tomba di Ksenija una cappella con iconostasi e lapide in marmo. Il 24 settembre 1978 Ksenija di San Pietroburgo è stata canonizzata dalla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia e il 6 giugno 1988 è stata canonizzata anche dalla Chiesa ortodossa russa.
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