Come l’omicidio di un amico di Stalin scatenò il “Grande Terrore” nell’Urss

Joseph Stalin e Andrej Zhdanov davanti alla bara di Sergej Kirov

Joseph Stalin e Andrej Zhdanov davanti alla bara di Sergej Kirov

Dominio pubblico
Il leader sovietico prese sotto il suo personale controllo le indagini sull’uccisione di Sergej Kirov e le indirizzò su una particolare pista, che gli servì da pretesto per lanciare le purghe più dure di sempre contro i suoi oppositori all’interno del partito

Il 1° dicembre 1934, a Leningrado (oggi San Pietroburgo) si verificò un omicidio che sconvolse l’intera Unione Sovietica. Sergej Kirov (1886-1934), Primo segretario del comitato regionale e cittadino di Leningrado del Partito Comunista di tutta L’Unione (bolscevico), di fatto il leader della città, nonché stretto collaboratore e amico di Stalin, venne ucciso a colpi d’arma da fuoco.

L'ex Istituto Smolnyj per nobili fanciulle, costruito in stile tardo classicista nel 1806-1808 dall'architetto G. Quarenghi

Questo crimine fu uno dei principali fattori scatenanti dell’inizio della repressione politica su larga scala in Unione Sovietica, notoriamente conosciuta come “Grande Terrore” o “Purghe staliniane”. Tuttavia, è ancora un mistero se l’omicidio sia stato una  vendetta personale di un cane sciolto o se sia stato pianificato dalle più alte sfere del potere politico del Paese.

Un omicidio eccellente

Il trentenne Leonid Nikolaev stava aspettando Kirov, alle quattro e mezza del pomeriggio, fuori dal suo ufficio personale allo Smolnyj, dove aveva sede il governo cittadino. Freddò il funzionario di partito con un solo colpo alla nuca e poi cercò di spararsi, ma gli fu impedito da alcuni testimoni dei fatti che gli si gettarono addosso.

I leader del Partito e dell'Unione Sovietica Anastas Mikojan, Sergej Kirov e Josef Stalin (da sinistra a destra)

Emerse che l’assassino era membro del Partito bolscevico e che in passato aveva prestato servizio nell’amministrazione pubblica, ma che, a causa della sua propensione al conflitto continuo, era stato licenziato. Non riuscendo più a trovare un lavoro, Nikolaev si era a lungo lamentato e aveva presentato petizioni ai suoi superiori (tra cui Kirov), ma tutto invano.

Oltre al risentimento, il movente dell’omicidio potrebbe essere stata la gelosia. Gli investigatori scoprirono che Leonid Nikolaev sospettava che sua moglie Milda Draule, che lavorava anch’essa allo Smolnyj, avesse una relazione con Kirov.

Draule e Nikolaev

Già il 15 ottobre, le guardie del Primo Segretario avevano fermato Nikolaev, armato, vicino alla casa di Kirov, ma dopo aver controllato i suoi documenti e avergli trovato in tasca sia il porto d’armi che la tessera del Partito, lo avevano lasciato andare. Sempre la tessera del partito gli aveva permesso di accedere senza ostacoli allo Smolnyj in quel fatidico giorno del 1° dicembre.

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Una questione personale

Stalin al funerale di Sergej Kirov

Già la mattina del 2 dicembre, un treno che trasportava membri del governo sovietico arrivò a Leningrado da Mosca. “Non è stato difeso!”, disse Stalin irritato alla delegazione che andò ad accoglierlo alla stazione. All’epoca era Segretario generale del Comitato centrale del Partito comunista di tutta l’Unione (bolscevico), e aveva già di fatto concentrato nelle sue mani tutto il potere del Paese. “Sergej Mironovich Kirov fu per molto tempo un grande amico della nostra famiglia …”, ricordò la figlia di Stalin, Svetlana Allilueva (1926-2011): “Kirov e mio padre andavano in vacanza a Sochi in estate e mi portavano con loro. Mi è rimasto un mucchio di foto casalinghe e semplici di quei tempi… Kirov era più vicino a mio padre di tutti gli Svanidze, di tutti i parenti, di Redens o di molti compagni di lavoro, Kirov gli era vicino, ne aveva bisogno”.

Stalin con la figlia di Sergej Kirov

Stalin prese il caso dell’omicidio di Kirov sotto il suo personale controllo, seguendo da vicino i progressi dell’indagine e conducendo personalmente gli interrogatori dei testimoni. Fu lui a tirare fuori l’ipotesi che dietro l’omicidio di Kirov ci fosse un gruppo di oppositori, guidati dal suo avversario nella lotta interna al partito, Grigorij Zinovjev. Su suggerimento di Stalin, furono immediatamente arrestati dall’Nkvd.

Il regolamento dei conti

Il 5 dicembre la prima pagina della “Pravda” riportava le seguenti parole: “I vili e infidi agenti del nemico di classe, le canaglie dell’ex gruppo antipartito di Zinovjev hanno strappato il compagno Kirov dalle nostre file”.

Joseph Stalin (a sinistra) e Sergej Kirov si dirigono verso la riunione del 16° Congresso del PCUS

Già il 29 dicembre Nikolaev venne fucilato e poco dopo, il 10 marzo 1935, anche la moglie, Milda Draule, riconosciuta come sua complice, fu giustiziata. Più di una decina di persone vennero condannate a morte, tra cui Zinovjev e il suo compagno di corrente nel partito Lev Kamenev. Più di ottocento dei loro sostenitori furono successivamente sottoposti a rappresaglie. Nessuno di loro era collegato all’omicidio di Kirov.

Diverse centinaia di dipendenti del dipartimento locale dell’Nkvd e dei Comitati regionali e cittadini di Leningrado furono trasferiti ad altre mansioni, licenziati o arrestati per “atteggiamento negligente nei confronti dei loro doveri”. Tra loro, in un modo o nell’altro, c’erano tutti i testimoni del tragico incidente allo Smolnyj. Inoltre, già all’inizio dell’indagine la guardia del corpo di Kirov, che lo accompagnava al lavoro in quel fatidico giorno, era misteriosamente morta in un incidente d’auto.

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Il volano della repressione

Il leader sovietico Nikita Khrushchev (1894-1971), che in quel 1934 ricopriva la carica di Primo segretario del comitato cittadino di Mosca del Partito Comunista di tutta L’Unione (bolscevico), era convinto che dietro l’omicidio ci fosse Stalin: “Kirov venne sacrificato per poter usare la sua morte per scuotere il Paese e chiudere i conti con le persone che non piacevano a Stalin, i vecchi bolscevichi, accusandoli di aver tramato contro Kirov”.

Grigorij Zinovjev

“Naturalmente, non fu Stalin in persona ad assegnare il compito di ucciderlo a Nikolaev”, sostenne Khrushchev: “Nikolaev era troppo giovane per questo. Ma non ho dubbi che su istruzione di Stalin qualcuno l’abbia indirizzato… Nikolaev deve aver sperato in una qualche forma di clemenza. Ma contarci davvero era troppo ingenuo. Questo Nikolaev non era un uomo così intelligente: ha portato a termine il suo incarico e ha pensato che gli sarebbe stata risparmiata la vita. Era proprio un fesso. Subito dopo aver svolto tale compito, per mantenere il segreto, l’esecutore materiale doveva essere eliminato. E Nikolaev fu eliminato”.

Questa versione, tuttavia, aveva molti detrattori. “Non ci sono documenti o prove che confermino il coinvolgimento di Stalin o dell’apparato dell’Nkvd nell’omicidio di Kirov”, ha scritto Pavel Sudoplatov (1907-1996), uno dei leader dei servizi segreti sovietici: “Sono convinto che l’omicidio di Kirov sia stato un atto di vendetta personale”.

Sergej Kirov

La misura in cui Stalin fosse collegato alla morte di Kirov rimane oggi una questione aperta. In ogni caso, il leader sovietico utilizzò abilmente l’incidente per schiacciare i suoi nemici politici e consolidare il suo potere.

Dopo questo crimine di alto profilo, all’Nkvd venne concesso il diritto di processare le persone accusate di preparare e commettere “atti terroristici” con procedura direttissima: senza avvocati o richieste di clemenza. Le condanne a morte iniziarono a essere eseguite immediatamente dopo pronuncia. Il volano della repressione iniziò a prendere slancio e solo dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo del 1953, fu fermato.


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