L’ombra di Stalin: il drammatico destino dei suoi familiari

Una moglie suicida, un figlio non amato fucilato dai tedeschi e uno morto alcolizzato dopo anni in prigione, una figlia fuggita negli Usa che lo ha sempre odiato. Ritratto della famiglia di uno degli uomini più potenti e discussi della storia russa

La figura di Stalin divide ancora oggi i russi. Alcuni lo considerano un eroe e un salvatore della patria, per la vittoria nella Seconda guerra mondiale, altri ne hanno una visione molto critica. Ma se su una cosa sono tutti d’accordo, è sul fatto che era molto difficile avere a che fare con lui, come dimostra anche il destino dei suoi stessi parenti più stretti. Diamo quindi uno sguardo alle vite delle quattro persone più vicine al leader.

Jakov Dzhugashvili (figlio) Ucciso dai tedeschi durante la prigionia

Secondo la biografia “Il giovane Stalin”, scritta da Simon Sebag Montefiore, il futuro leader adorava la sua prima moglie Kato Svanidze, che aveva sposato in Georgia nel 1906 e che morì di tifo appena 16 mesi dopo le nozze. Inconsolabile, saltò persino sulla sua bara dentro alla fossa durante il funerale e ci volle tutta ai presenti a calmarlo e a ritirarlo fuori dalla tomba.

Il primogenito di Stalin, Yakov Jugashvili, fu catturato dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale e non fece ritorno vivo. In questa foto è stato ritratto circondato da alcuni ufficiali tedeschi

Il figlio avuto da Kato, Jakov, non godette invece dello stesso amore. Portato a Mosca nel 1921, indispettiva sempre il padre, che lo considerava debole, e i due bisticciavano continuamente. Nel 1925 disse di volersi sposare, ma il padre glielo proibì. Jakov cercò il suicidio, sparandosi, ma fallì. Stalin, a quanto si racconta, lo derise crudelmente: “È incapace persino di sparare diritto”.

Ma dopo questo episodio, lasciò Jakov più libero di vivere la sua vita. Quando l’Unione Sovietica entrò in guerra, dopo essere stata attaccata dai tedeschi nel 1941, Jakov, ufficiale di artiglieria, si arruolò nell’Armata rossa (con il vero cognome di suo padre, Dzhugashvili) e fu catturato dopo un mese. Si rifiutò di collaborare con i tedeschi.

Fu ucciso nel 1943, mentre cercava di sfuggire a una guardia nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Gli storici non sono concordi: per alcuni si trattò di un tentativo di fuga, per altri di un disperato suicidio. Non è neppure chiaro se Stalin si addolorasse per la fine del figlio poco amato.

Nadezhda Allilueva (seconda moglie) Morta suicida

Stalin si sposò con Nadezhda quando lei aveva 18 anni e lui 39. La Allilueva si era follemente innamorata del carismatico rivoluzionario. Diventata first lady dell’Urss, e con il marito sempre più potente, fin dagli anni Venti lei si chiuse unicamente nella dimensione domestica.

Nadezhda Alliluyeva (1901 - 1932), seconda moglie di Stalin, madre di Vassilij e Svetlana

Crebbe Jakov come se fosse figlio suo, insieme ai due figli avuti da Stalin, Vasilij e Svetlana (nati nel 1920 e nel 1926) e il loro figliastro Artem Sergeev. La vita familiare non era semplice. Stalin e Nadezhda litigavano continuamente. Ma allo stesso tempi si amavano, almeno stando alle lettere che si scambiavano. Lui era solito scriverle “Bacio la mia Tatka (vezzeggiativo per Nadezhda) fortissimo. Tuo, Iosif”.

Resta un mistero perché Nadezhda si sia suicidata nel 1932. Secondo sua figlia Svetlana, non poteva sopportare la brutale politica del marito: “Era infelice e irritata, cercava di tenere dentro di sé quello che provava… e questo la portò al crollo emotivo”.

Ma al contrario il loro figlioccio Artem Sergeev, negò sempre che la politica qualcosa a che fare con la tragedia. Secondo la sua versione dei fatti, Nadezhda soffriva di mal di testa terribili e incurabili e non ce la faceva più a resistere, e per questo si sparò quel 9 novembre, lasciando Stalin devastato dal dolore.

Vasilij Stalin (figlio) Dopo sette anni in carcere, morìalcolizzato

Quando Nadezhda si tolse la vita, suo figlio Vasilij aveva appena 12 anni. Suo padre divenne ancora più introverso dopo il suicidio della moglie e si concentrò sulla politica, senza più minimamente curarsi del destino di Vasilij. “Vivevamo male”, ricordò lapidariamente anni più tardi Stalin jr.

Stalin con il figlio Vasilij (1921 - 1962) e la figlia Svetlana (1926 - 2011) in una dacia di famiglia

Abbandonato a se stesso, iniziò giovanissimo a bere, cosa che gli portò solo guai. Nonostante questo, divenne un pilota di talento e servì il suo Paese nel corso della Seconda guerra mondiale. Il copilota Sergej Dolgushin ebbe modo di dire che Vasilij si comportò sempre come un comandante coraggioso e diligente.

Dopo la guerra, nel 1948, Vasilij venne nominato a capo del Distretto militare di Mosca dell’Aeronautica militare e mantenne questa posizione fino al 1952, quando, ubriacandosi terribilmente a un banchetto ufficiale, mandò suo padre su tutte le furie. Il licenziamento in tronco non fece altro che portarlo a bere ancora di più.

Le cose per lui si misero definitivamente male con la morte di Stalin, nel 1953. Dopo un conflitto con la nuova leadership, Vasilij fu arrestato e passò sette anni dietro le sbarre, come un comune delinquente. Dopo il rilascio, visse meno di un anno, morendo di intossicazione alcolica in 1962.

Svetlana Allilueva (figlia) Fuggìnegli Stati Uniti

“Ho sempre odiato la Russia sovietica”, disse in una delle sue interviste la figlia si Stalin, Svetlana Allilueva. Anche il suo atteggiamento nei confronti del padre era negativo. Sebbene lei ricordasse la dolcezza di lui durante la sua infanzia, non lo perdonò mai per il controllo totale sulla sua esistenza.

Stalin con la figlia Svetlana Alliluyeva

Non solo Stalin ordinò a Svetlana quale lavoro fare, ma quando si innamorò di un uomo più anziano di lei, Stalin andò su tutte le furie e spedì il fidanzato in un campo di concentramento per cinque anni. Questo rovinò definitivamente i rapporti padre-figlia.

Dopo la morte di Stalin, lei sognava di lasciare il Paese. Quando il suo quarto marito, il comunista indiano Brajesh Singh morì nel 1966, le fu permesso di recarsi in India per disperdere le ceneri del defunto coniuge nel Gange. Là chiese asilo agli Stati Uniti, rifugiandosi nell’ambasciata statunitense, e lasciandosi l’Urss (e due figli) alle spalle.

Svetlana Alliluyeva durante una conferenza stampa a New York, negli Stati Uniti. Fu tra i più famosi disertori sovietici a fuggire in Occidente

La Allilueva ha vissuto a lungo, morendo nel 2011, a 85 anni. Ha pubblicato le sue memorie su Stalin, in diversi libri, tra cui “Venti lettere a un amico”. Si è sposata ancora una volta e da queste nozze ha avuto una figlia che ora vive negli Usa. Fino alla fine sembrava che il fantasma di Stalin la perseguitasse. “Ovunque io vada, sarò sempre un prigioniero politico del nome di mio padre”, era solita dire.

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