Com’erano i viaggi dei sovietici all'estero?

Yakov Berliner/Sputnik
Per i turisti sovietici, la terra straniera prometteva tentazioni alle quali a volte era impossibile resistere…

Il turismo internazionale apparve in URSS per la prima volta all’inizio degli anni ‘30 con la nascita di Sovtour, l’organizzazione statale responsabile dell’invio di cittadini sovietici in viaggio all’estero. Ma il Paese, sotto la dittatura di Joseph Stalin, si stava isolando sempre di più dal resto del mondo e in questo contesto Sovtour ebbe un ruolo ben preciso.

Le severe restrizioni al turismo internazionale del popolo sovietico furono eliminate solo con il disgelo di Khrushchev, periodo in cui furono allentate la censura e le repressioni. A partire dalla metà degli anni '50, ogni cittadino sovietico poteva teoricamente fare un giro all'estero. Ma nella pratica, per la gente comune non era così semplice.  

Per ottenere il permesso di viaggiare all'estero, un potenziale candidato aveva bisogno di presentare delle referenze da parte del datore di lavoro che evidenziassero la sua impeccabile moralità. I potenziali turisti dovevano apparire, almeno sulla carta, comunisti devoti e individui modesti, ma politicamente attivi. 

Il passaporto del poeta sovietico Vladimir Majakovskij

Le lettere di referenze venivano poi valutate da diverse istituzioni burocratiche dell'Unione Sovietica, prima di approdare finalmente su un tavolo della Lubjanka, dove il candidato veniva approvato dal KGB.

“C'era un sistema speciale fatto di vari briefing, durante i quali una persona doveva firmare un modulo scritto con il quale assicurava che non avrebbe rivelato informazioni [sulla vita in URSS]; inoltre era necessario familiarizzare con una certa serie di regole. Il potenziale turista doveva poi superare una sorta di esame. Per esempio, se uno andava nella Germania dell'Est, doveva fare il nome del presidente del partito comunista tedesco”, ha raccontato lo storico Igor Orlov in un'intervista.

In pratica, la procedura per ottenere il permesso di viaggiare all'estero era così ampia ed elaborata che lasciava spazio a decisioni arbitrarie e alla corruzione. Chi era abbastanza fortunato da ottenere il permesso dalle autorità, doveva comunque risolvere la questione del denaro.

I costi e il problema della valuta

Mentre i costi dei tour variavano a seconda della destinazione, la maggior parte dei viaggi disponibili per i cittadini sovietici partiva da 150 rubli, circa 50-100 rubli in più di un salario mensile medio nell'URSS negli anni '60.

URSS. 1° luglio 1958. Un'impiegata dell'Aeroflot risponde al telefono

La geopolitica ebbe un ruolo importante nel plasmare le destinazioni di viaggio più comuni dei turisti sovietici. La stragrande maggioranza dei viaggi all'estero riguardava la Cecoslovacchia, la Germania dell'Est e la Repubblica Socialista di Romania.

La crescente popolarità della Bulgaria come destinazione di vacanza per i turisti sovietici, alla fine si tradusse in un detto comune: “Un uomo non è un uccello, la Bulgaria non è all'estero”.

Repubblica Popolare di Bulgaria. Turisti provenienti da Leningrado e Cheljabinsk sulla spiaggia dell'International Hotel. Giugno 1977

La rivoluzione cubana aprì una destinazione più esotica per i sovietici; poi c’era l'India, una nazione non allineata che, pur avendo proclamato la sua neutralità durante la guerra fredda, continuava ad avere buone relazioni con l’URSS e per questo divenne un luogo di vacanza per i sovietici. 

A volte, negli anni '60 venivano organizzati tour in Finlandia, Italia, Corea del Nord, Giappone, Algeria, Egitto, Tunisia e persino in Messico.

1° dicembre 1983. Cuba

Tuttavia, più esotica era la destinazione, più costoso era il tour. Se un viaggio in Bulgaria poteva costare circa 150 rubli, una crociera con fermate in più paesi in Europa o in Africa poteva costare ben 900 rubli (l'equivalente di uno stipendio di cinque mesi per un lavoratore sovietico della classe media).

Anche se un posto di lavoro o una fabbrica potevano potenzialmente coprire una parte delle spese, il privilegio del viaggio era riservato a individui con buone conoscenze. I comuni cittadini sovietici infatti dovevano risparmiare molto per permettersi un simile lusso.

C'era anche un limite alla quantità di valuta locale che un turista sovietico poteva acquistare. Per esempio, quei pochi cittadini sovietici che viaggiarono negli Stati Uniti nel 1961 furono autorizzati ad acquistare appena un totale di 31,90 dollari americani (pari a circa 2,30 dollari per ogni giorno di permanenza nel Paese).

Dollari statunitensi, 1989

Poiché non era sufficiente per comprare cose che scarseggiavano in URSS, alcuni turisti sovietici portavano intenzionalmente all'estero oggetti di valore extra, come macchine fotografiche o bottiglie di vodka, per venderli e ricavare un po’ di denaro extra.

Striptease e incontri fugaci

I cittadini sovietici andavano sempre all'estero in gruppi organizzati; i capogruppi venivano selezionati in base alla loro reputazione e all'affiliazione al Partito. I capi erano responsabili di monitorare il comportamento dei membri del gruppo, segnalare gli incidenti e scrivere rapporti finali una volta rientrati in Unione Sovietica. 

Inoltre, i gruppi di turisti sovietici erano spesso accompagnati da uno o due agenti del KGB, il cui compito era quello di assicurarsi che il viaggio andasse liscio e non gettasse un'ombra sulla reputazione e gli interessi dell'URSS. 

Membri del corpo di ballo dell'esercito sovietico nel parco di Versailles, appena fuori Parigi

Ma capitava che all’estero i cittadini sovietici andassero incontro a tentazioni alle quali era difficile resistere. 

“...senza il mio permesso di capogruppo, P. e H. nel loro tempo libero sono andati insieme in uno strip club, nonostante i biglietti per lo striptease siano piuttosto costosi”, si legge in uno dei report.

Strip club, commercio illegale di valuta, bar, risse alimentate dall'alcool e altri comportamenti sconsiderati erano parte integrante dei tour sovietici all'estero. Uno dei comportamenti più vituperati, tuttavia, era l’incontro fugace con uno straniero. Tali incidenti causavano spesso scandali e finivano nei report finali.

“Le donne costituivano l'80% di tutti i membri dei gruppi turistici sovietici che andavano in Bulgaria. Arrivavano, incontravano gli uomini locali e sparivano per tutta la notte. Era uno shock per i capi delle delegazioni quando le ragazze non tornavano all’hotel per giorni. Come spiegavano più tardi le fuggitive, passavano tutta la notte ‘a raccogliere conchiglie in riva al mare sulla spiaggia’. Si arrivò al punto che i capi dei gruppi turistici rinchiudevano le ragazze e mettevano una ‘sentinella’ alla porta per assicurarsi che non andassero da nessuna parte di notte”, racconta lo storico Igor Orlov.

1° luglio 1958, un aereo in fase di atterraggio

I tour all’estero erano un privilegio che ci si guadagnava con il sudore in URSS. Fu solo nel 1991, dopo il crollo dell'URSS, che i russi furono liberi di viaggiare all'estero a loro piacimento.

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