Perché il lavoro della CIA a Mosca era così difficile nei primi anni della guerra fredda?

Storia
NIKOLAJ SHEVCHENKO
La capitale sovietica rappresentava la prova più difficile per qualsiasi agente dell’agenzia di spionaggio statunitense. Una sfida che portò a elaborare le cosiddette “regole di Mosca”, studiate apposta per gli uomini della CIA e le loro fonti

Nei primi anni della guerra fredda, tra gli ufficiali della CIA si diceva che Mosca fosse la destinazione più pericolosa e impegnativa del mondo. E date le difficili condizioni, gli agenti statunitensi svilupparono regole operative non scritte, passate alla storia come le “regole di Mosca”, studiate per proteggere gli uomini della CIA e le loro fonti nella lotta spietata con il KGB.

La città più pericolosa di tutte

Quando gli agenti della CIA in missione a Mosca discutevano qualsiasi argomento delicato all’interno delle mura dell’ambasciata USA, lo facevano in quella che veniva chiamata la “bolla”. Si trattava di una struttura in plastica trasparente, simile a una cupola, piazzata sopra un tavolo. 

“La chiamavamo ‘la bolla’, ed era l’unica stanza a Mosca dove si potesse discutere di informazioni sensibili senza essere ascoltati dal KGB”, scrisse Tony Mendez, ex agente della CIA che ha prestato servizio a Mosca durante la guerra fredda, diventato scrittore dopo il suo pensionamento.

Durante la guerra fredda, Mosca era considerata la prova più dura per le spie americane, per un motivo ben preciso: all’inizio della contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi tra le due super potenze, la CIA era un’istituzione relativamente nuova a confronto del KGB, che aveva ereditato molta esperienza dal suo predecessore, l'NKVD.

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Ma perché Mosca era una città così pericolosa per la CIA durante la guerra fredda?

Occhi ovunque

Durante la guerra fredda, gli agenti della CIA di stanza a Mosca si trovavano a operare in un ambiente dove gli stranieri erano, metaforicamente parlando, come uno “straccio rosso per un toro”.

Gli uomini della CIA in missione a Mosca in quegli anni ricordano infatti che il 7° direttorato del KGB, responsabile della sorveglianza, era sempre addosso a loro. 

Una sorveglianza così serrata rendeva impossibile qualsiasi spostamento e soprattutto gli incontri segreti con le fonti sovietiche.  

“A Mosca [...] le auto diplomatiche americane erano sotto stretta sorveglianza nell'istante in cui passavano attraverso i cancelli dell'ambasciata. Le squadre di sorveglianza, che aspettavano fuori dall’edificio, entravano in azione pedinando il veicolo americano fino al suo ritorno in ambasciata”, scrisse l'ex agente della CIA Mendez. 

Oltre a pedinare gli americani a Mosca, il KGB usava la tecnologia per ascoltare le conversazioni del personale dell'ambasciata e della CIA. 

Quando i russi costruirono una nuova ambasciata statunitense a Mosca, alla fine degli anni '70, il KGB - durante i lavori di costruzione - riempì l’edificio di cimici.

“L'unico modo per rendere sicuro quell'edificio era quello di eliminare i tre piani superiori, buttarli giù e ricostruirli usando manodopera statunitense e materiale statunitense [portato] dagli Stati Uniti”, ha detto Ray Parrack, ex ufficiale tecnico della CIA, ormai in pensione, durante un commento rilasciato per il documentario di Netflix “Spycraft”.

Nel caso in cui i suoi agenti sbagliassero e perdessero il loro obiettivo, l'apparato di sicurezza dell’URSS poteva contare sui cittadini sovietici, che erano incoraggiati ad essere vigili e a segnalare qualsiasi cosa sospetta alle autorità.

Oltre a ciò, il KGB non lesinò metodi sinistri e brutali per intimidire gli agenti della CIA sotto copertura.

“Se tu fossi un americano a Mosca, potresti tornare da una vacanza e trovare la porta del tuo appartamento sfondata. In quel caso vi ammonirebbero: vi direbbero di aver sentito odore di fumo, e vi ricorderebbero che è meglio non chiudere la porta a chiave quando andate via, in modo che non vi sia alcuna necessità di sfondare la porta…”, scrisse Mendez.

Le regole di Mosca

La CIA dovette perciò adeguarsi. Dopo gli errori dei primi anni, fu elaborato un manuale, una serie di principi guida, conosciuti come le “regole di Mosca”.

Ma, poiché non ci fu mai un documento scritto che specificasse queste regole, esse variano da fonte a fonte. Nel Museo Internazionale delle Spie a Washington D.C., le “Regole di Mosca” risultano essere queste: 

Altre fonti forniscono versioni diverse delle “regole di Mosca”. Tuttavia, sono accomunate da un'inequivocabile senso di immenso pericolo, che le rese per l’appunto necessarie.

“Anche se nessuno le ha mai scritte, erano precetti che tutti capivano... Tutti conoscevano queste regole, quando arrivavano a Mosca. Erano semplicissime e piene di buon senso”, scrisse Mendez. 

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