I cosmonauti sovietici credevano in Dio?

Vladimir Menshikov; Archivio di Universal/Getty Images
All’epoca la religione era un tabù, ma si dimostrò difficile da sradicare...

“Sono andato nello spazio, ma non ho incontrato Dio”. Questa frase fu attribuita a Yurij Gagarin, il primo uomo ad aver volato tra le stelle: si narra che l’avesse pronunciata dopo essere rientrato dalla storica missione. La macchina della propaganda sovietica ovviamente utilizzò la frase per sottolineare ancora una volta la superiorità della scienza sulla religione, lasciando intendere che la società sovietica laica sarebbe stata destinata a vincere la “guerra ideologica”.

Ma nella pratica non fu facile sradicare la fede dalla mente dei sovietici, e addirittura da quella degli stessi cosmonauti.  

“L’ho visto”

Dopo la missione spaziale, Gagarin fu invitato a un ricevimento al Cremlino; e a quanto pare, in quell’occasione ci sarebbe stato uno scambio di battute ironico fra l’eroe dello spazio e l’allora leader sovietico Nikita Khrushchev. Si dice infatti che Khrushchev avesse chiesto a Gagarin se avesse visto Dio nello spazio. “Certo che l'ho visto!”, avrebbe risposto lui beffardamente.

La risposta del capo sovietico fu altrettanto spiritosa: “Lo sapevo! Ma non dirlo a nessuno”.

In realtà ci sono testimonianze contrastanti sulla visione di Gagarin in merito alla religione. Da un lato, un libro scritto dai ghostwriter (scrittori “fantasma”) di Gagarin e pubblicato sotto il suo nome, “La strada per lo spazio”, svela la disapprovazione di Gagarin nei confronti delle credenze religiose: “Il volo spaziale con equipaggio fu un duro colpo per gli uomini di chiesa. Tra i fiumi di lettere che mi arrivavano, leggevo con piacere le confessioni di alcuni credenti che, impressionati dalle conquiste della scienza, rinunciavano a Dio, giungendo alla conclusione che non esiste alcun Dio e che tutto ciò che è legato al suo nome è fantascienza e assurdità”.

Quando un giornalista di Reykjavík (la capitale dell’Islanda) chiese a Gagarin, durante un tour internazionale, se avesse pregato prima del volo, egli rispose: “I comunisti non pregano mai Dio”.

Eppure, alcune fonti sostengono che il primo uomo ad aver volato nello spazio fosse un credente discreto, che non voleva compromettere la sua posizione agli occhi delle autorità sovietiche.

Altri cosmonauti sovietici, invece, non lasciarono spazio a dubbi in merito alle loro convinzioni religiose. 

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“Perché credo”

Il cosmonauta sovietico Georgij Grechko divenne un ardente credente durante la Seconda guerra mondiale: aveva solo dieci anni quando la Germania nazista invase l'Unione Sovietica, e gli orrori del conflitto fecero germogliare in lui le convinzioni che in seguito articolò in questo modo: “Perché credo? Perché durante la guerra, non tanto al fronte, ma nelle retrovie o nelle zone di occupazione, come è successo a me, una persona non ha nessuno in cui credere se non Dio. E posso dire che quasi tutti erano credenti allora. Perché [la gente] vuole vivere! E io, da ragazzo, credevo. Credo di essere nato per diventare un cosmonauta. E quando per ingenuità, per passione, per stupidità, ho fatto qualcosa per allontanarmi da questo cammino, sospetto che il mio angelo custode mi abbia punito severamente. Mi ha portato alla disperazione. E poi, nel modo più incredibile, mi ha fatto ritrovare la mia strada”, disse Grechko. 

Durante il periodo sovietico, la fede non era approvata dallo Stato. I cosmonauti - persone che erano in prima linea nella corsa tecnologica contro il blocco occidentale, e che rappresentavano il sistema sovietico - passavano attraverso una severa selezione. All'epoca era impensabile che un credente dichiarato potesse essere ritenuto adatto alla nobile missione di cosmonauta.

Tuttavia, poiché i sentimenti religiosi erano difficili da sradicare, le autorità a volte chiudevano un occhio sulle convinzioni personali dei cosmonauti, sempre che potessero tenersele per sé.

Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, alcuni degli atei ufficiali ebbero la possibilità di uscire allo scoperto, senza temere ripercussioni. Aleksej Leonov, il primo uomo ad aver eseguito una passeggiata spaziale, fra i pionieri del programma spaziale sovietico, una volta disse: “È difficile [essere] nel nostro settore senza fede. Un cosmonauta che va in orbita deve sapere che tutto andrà bene. Ora [al contrario del periodo sovietico] è possibile ricevere una benedizione da un prete, visitare una chiesa. E molti lo fanno”.

Quella che oggi è oramai una pratica comune, ovvero portare icone nello spazio e benedire la navicella che si prepara al lancio, in epoca sovietica sarebbe stata percepita come un affronto inimmaginabile all'ideologia dell’URSS. 

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