I fratelli Stàrostin: Nikolaj, Aleksandr, Andrej e Pjotr erano calciatori famosi in tutta l’Urss. Giocavano in nazionale e nello Spartàk di Mosca, e avevano vinto diversi tornei. I fan di questo storico club della capitale adorano ancora oggi gli Starostin, e a Mosca, dal 1996, c’è persino una via che prende il nome dal maggiore dei fratelli, Nikolaj Starostin (1902-1996). Tuttavia, l’amore di tutta l’Unione Sovietica non li salvò dalla macchina repressiva di Stalin, e, con un’accusa ridicola, tutti e quattro vennero arrestati…
Nel 1934 Nikolaj Starostin fu invitato a essere l’organizzatore della società sportiva volontaria “Spartak”. Seguendo l’esempio delle società sportive volontarie di ministeri e dipartimenti, lo “Spartak” nacque dai circoli di cultura fisica delle imprese della Cooperazione industriale, un’organizzazione sindacale che includeva un numero enorme di piccole aziende dell’industria leggera e alimentare.
Murale di Nikolaj Starostin sulla via a lui intitolata, nella parte orientale di Mosca, tra i quartieri di Novokosinó e Kosinó-Ukhtómskij
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L’organizzazione mise in piedi una squadra di calcio, lo “Spartàk”. Si manteneva con i soldi degli iscritti al sindacato ed era tifata da comuni lavoratori e non dai rappresentanti dell’esercito o di altre strutture statali. Pertanto, lo “Spartak” venne chiamata “la squadra del popolo”.
Tutti e quattro i fratelli Starostin divennero giocatori dello Spartak, e Nikolaj fu anche l’organizzatore e l’allenatore della squadra, di cui seguiva tutti gli aspetti organizzativi. Grazie a calciatori di talento, lo Spartak si aggiudicò diversi tornei.
A quel tempo, l’Urss non partecipava alle normali Olimpiadi e ai campionati mondiali, considerandoli “borghesi”. Ma gli atleti sovietici scendevano in campo nelle competizioni internazionali delle organizzazioni dei lavoratori. Nel 1937 lo Spartak vinse trionfalmente il torneo di calcio alle III Olimpiadi estive dei lavoratori, ad Anversa, in Belgio.
Un monumento ai fratelli Starostin, che giocavano nella squadra di calcio russa Spartak, nel nuovo stadio dell'FC Spartak Mosca (Otkritie Arena)
Valerij Sharifulin/TASSNel 1937, gli atleti dello Spartak furono premiati anche nel corso dello spettacolo preferito da Stalin: la parata della cultura fisica sulla Piazza Rossa. I calciatori sfilarono davanti a Stalin con un enorme scarpino da calcio con su scritto “Spartak-Paesi Baschi: 6-2”, in onore della vittoria conseguita alla vigilia della parata, nel corso di una tournée in Unione Sovietica della rappresentativa basca.
Lo Spartak vinse ripetutamente contro club “ministeriali” dell’Urss. Tra loro c’era la Dinàmo, la squadra del Ministero degli Affari Interni (Nkvd). Si diceva che la leadership dell’Nkvd fosse infastidita dalle vittorie della squadra del “popolo” contro la “propria” formazione.
Il team "Promkooperatsiya" nel 1934 con i fratelli Starostin e i compagni di squadra (il quarto da sinistra è Andrej; seguono Nikolaj, al quinto posto, Aleksandr, al settimo e Pjotr, il terzo da destra)
rivista OgonekNel 1937, l’Nkvd emanò un decreto sulla repressione di “ex kulak [contadini ricchi, ndr], criminali e altri elementi antisovietici”, che segnò l’inizio delle Grandi Purghe staliniane. Tutti ora potevano essere facilmente considerati elementi “antisovietici”.
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I campioni di calcio dello Spartak erano stati a giocare in Paesi capitalistici e l’Nkvd riteneva sospetto qualsiasi contatto del popolo sovietico con gli stranieri. Nel 1937, un certo numero di giornali sovietici accusò i giocatori dello Spartak di spendere i soldi del popolo, raccolti attraverso pagamenti volontari dai membri della loro società sportiva, per farsi questi viaggi in Occidente.
Inoltre, i giocatori furono accusati di ricavare per sé degli stipendi da questi soldi. Cosa che era assolutamente proibita: non c’erano sport professionistici in Urss; gli atleti erano dilettanti e non ricevevano compensi.
I fratelli Starostin, giocatori della squadra "Spartak". In basso da sinistra: Pjotr e Andrej; in alto da sinistra: Nikolaj e Aleksandr. 1936
Sputnik“Dobbiamo fare pulizia nelle società sportive, e in particolare nello Spartak, liberarle dai degenerati borghesi, dagli sporchi affaristi che mettono le mani nelle tasche della gente”, scrisse il quotidiano “Komsomolskaja Pravda”.
Nel 1937 iniziò un’ondata di arresti nell’entourage degli Starostin: molti furono sospettati di cospirazione e addirittura di aver organizzato un attentato contro Stalin in persona a una parata di atleti. Durante un durissimo interrogatorio, gli investigatori estorsero a uno dei calciatori una confessione secondo cui un gruppo terroristico controrivoluzionario, guidato dallo stesso Starostin, operava sotto la copertura dello Spartak.
Durante le Grandi Purghe, gli Starostin non furono arrestati. Si crede che i fondatori dello Spartak avessero dei protettori nell’Nkvd. Tuttavia, in seguito, la direzione del dipartimento della sicurezza nazionale cambiò e nel 1942 Nikolaj, Pavel e Andrej Starostin furono arrestati. In tutti e tre i casi, gli ufficiali dell’Nkvd fecero irruzione nei loro appartamenti all’improvviso, nel corso della stessa notte. Sei mesi dopo, anche il quarto fratello, Aleksandr, appena tornato dal fronte della Seconda guerra mondiale, fu incarcerato.
Gli Starostin hanno scritto nelle loro memorie che per un anno e mezzo gli investigatori li interrogarono, picchiarono e derisero. Volevano estorcere loro confessioni sulla cospirazione anti sovietica e l’attentato a Stalin, ma i fratelli non avevano nulla da confessare.
Di conseguenza, i quattro decisero di addossarsi “crimini minori” per evitare ulteriori interrogatori e torture. Nikolaj, Aleksandr e Andrej dissero sottratto denaro pubblico. Furono poi accusati di “aver propagandato gli sport capitalistici e tentato di introdurre i costumi borghesi nello sport sovietico”. Pjotr confessò anche di aver criticato le fattorie collettive e i salari bassi, e fu dunque accusato di agitazione antisovietica. Tutti e tre vennero condannati a 10 anni di Gulag.
Sebbene tutti e quattro i fratelli fossero stati mandati in campi di prigionia diversi, si considerarono piuttosto fortunati. Quantomeno erano sfuggiti al plotone di esecuzione. Tutti i fratelli, ad eccezione di Nikolaj, furono assegnati a lavori forzati durissimi. Pjotr ha ricordato l’inverno del 1944 come uno dei periodi più difficili dell’intero periodo della sua prigionia: “L’ordine staliniano era in vigore: chi si rifiutava di lavorare doveva essere ucciso. Andavamo avanti, ma molti cadevano per strada senza vita. Il numero di morti dove ero io raggiunse le 40 persone al giorno”. Ai carcerati venivano dati solo 750 grammi di pane al giorno e nient’altro. Nel bel mezzo della guerra, i prigionieri del campo furono esclusi dal cibo e dovettero lavorare ancora di più per soddisfare le esigenze del fronte.
“Il fatto di essere un calciatore era il miglior certificato di sicurezza”, ha scritto però Nikolaj. Fu più fortunato dei suoi fratelli: non fu costretto ai lavori forzati, ma venne immediatamente nominato allenatore della squadra del campo. In seguito, Nikolaj fu inviato in Estremo Oriente, ironia della sorte, per allenare l’appena fondata “Dinamo” della città di Komsomolsk na Amure. In seguito gli fu anche permesso di vivere fuori dal campo e di far arrivare la propria famiglia.
Nel 1948 accadde qualcosa che Nikolaj Starostin avrebbe poi definito “una trama senza precedenti”. Lo chiamarono al telefono e dissero che dall’altro capo del filo c’era… Stalin. In realtà si trattava del figlio di Stalin, Vasilij. Era noto che fosse un appassionato organizzatore di attività sportive. Disse a Nikolaj di star combattendo per la sua libertà: “L’hanno arrestata per delle sciocchezze, è chiaro”.
Con il patrocinio di Vasilij Stalin, Starostin ottenne un lavoro in fabbrica, e per ogni giorno di quota di produzione raggiunta, gli venivano tolti due giorni di prigione. Di conseguenza, due anni dopo, Nikolaj fu rilasciato dal campo di prigionia in anticipo.
Vasilij Stalin voleva che Starostin allenasse la sua squadra di calcio dell’aeronautica militare: la VVS Mosca. L’allenatore venne portato a Mosca e gli fu persino ridata la propìska nel suo vecchio appartamento. Tuttavia, anche il potente figlio di Stalin non poteva violare così apertamente le leggi: gli ex prigionieri del campo non potevano vivere entro un raggio di 100 km da Mosca. L’autorizzazione di residenza di Starostin venne presto annullata. Quindi Vasilij fece un altro tentativo di far rimanere a Mosca il talentuoso allenatore: lo sistemò proprio nella sua residenza. Più tardi nelle sue memorie, Starostin ha ricordato questo fatto e sarcasticamente la sua posizione “tragicomica” di “una persona vicina al figlio di un tiranno” e il fatto che erano “condannati a essere inseparabili”. “Andavamo insieme al quartier generale, ai corsi di formazione, alla dacia. Capitò persino di dover dormire nello stesso ampio letto. E Vasilij si addormentava sempre mettendo una pistola sotto il cuscino!”, ha scritto Starostin nel suo libro “Futból skvoz gody” (ossia: “Il calcio attraverso gli anni”).
Nikolaj Starostin, 1938
V.Krasinskaya/SputnikA proposito di libri, in italiano ce n’è uno di Mario Alessandro Curletto, intitolato “Spartak Mosca. Storie di calcio e potere nell’Urss di Stalin”, che ripercorre le gesta dei fratelli Starostin e della “squadra del popolo”. Edito da il Melangolo nel 2005, è stato ripubblicato da Fila 37 nel 2015.
Una volta, mentre Vasilij Stalin era assente da Mosca, Starostin venne di nuovo arrestato dalle autorità e messo su un treno per espellerlo dalla città. Stalin lo riportò di nuovo a Mosca, ma presto Starostin fu esiliato in Kazakistan per violazione del regime dei permessi di soggiorno interni, e là divenne allenatore della Dinamo Alma Atà e brevemente della Lokomotiv Alma Atà. Avrebbe dovuto rimanere in Asia Centrale per tutta la vita, ma dopo la morte di Stalin, nel 1953, fu riabilitato e gli fu permesso di tornare a Mosca. Nel 1955 riassunse la presidenza dello Spartak, che mantenne fino al 1995. È morto il 17 febbraio 1996.
Dopo la morte di Stalin, anche gli altri fratelli Starostin furono rilasciati dai campi di prigionia e riabilitati. Pjotr, che era del 1909, fu l’unico a non rientrare nel mondo del calcio, ma lavorò come ingegnere. La vita nel gulag aveva seriamente danneggiato la sua salute: aveva una grave forma di tubercolosi e, a causa del congelamento, fu necessario amputargli una gamba. È morto nel 1993 all’età di 83 anni.
Andrej Starostin, 1957
Vasilij Malyshev/SputnikGli altri tre fratelli tornarono al loro sport preferito. Andrej, che era del 1906, come dirigente, anche della nazionale sovietica. È morto nel 1987. Aleksandr (1903-1981) fu a capo della Federcalcio della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.
Nikolaj, come detto, tornò allo “Spartak”, e rimase a capo dell’intera società praticamente fino alla morte. Dopo il crollo dell’Urss, prese parte alla creazione della Lega di calcio professionistica russa. Ha vissuto fino a 93 anni, è morto nel 1996 e rimane nella storia come una delle figure più significative del calcio sovietico e russo.
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