“Il grande demolitore, “il nonno delle forze speciali sovietiche”, “il dio del sabotaggio”, “il genio del brillamento”, questi erano alcuni degli appellativi del colonnello delle truppe del Genio guastatori sovietico Iljà Stàrinov (1900-2000). Durante la Seconda guerra mondiale, sotto la sua guida, furono fatti saltare in aria 256 ponti e 12 mila tradotte nemiche vennero fatte deragliare.
Starinov stesso partecipava alle operazioni in prima persona ed era impegnato nella preparazione e nell’addestramento dei sabotatori e dei distaccamenti partigiani. Inoltre, inventò personalmente un gran numero di ostacoli esplosivi e varie attrezzature per il sabotaggio che furono poi messe in produzione di massa.
La Guerra civile spagnola
Il talento di sabotatore di Ilja Starinov si manifestò pienamente già durante la Guerra civile spagnola, dove fu inviato con lo pseudonimo di “Rodolfo”, come parte del Gruppo di specialisti sovietici, nel 1936.
Starinov aveva un approccio virtuoso, creativo, al suo mestiere. Una volta, ad esempio gli esplosivi furono nascosti in una cucina da campo catturata al nemico, lasciata su un ponte e fatta esplodere proprio mentre una colonna di truppe nemiche lo stava attraversando. Un’altra volta la carica fu occultata in una scatola, legata a un mulo senza proprietario che, felicissimi per l’inaspettato ritrovamento, i soldati franchisti presero e portarono con sé all’interno della loro base, nel monastero fortificato della Virgen de la Cabeza. Dopo l’esplosione, i reparti dell’esercito repubblicano, nascosti per l’imboscata, andarono all’assalto.
Per mettere fuori uso un importante tunnel nel tratto di strada tra Peñarroya e Cordoba, l’esplosivo fu nascosto in un pneumatico per auto, collocato tra i binari. Un treno militare di passaggio con munizioni per le truppe di Franco trascinò per qualche metro il pneumatico nel tunnel, dove presto si udì un’esplosione. Il fuoco e la detonazione delle munizioni continuarono per diversi giorni.
Il successo più clamoroso di Starinov in Spagna gli costò molto dal punto di vista dei nervi. Il fatto è che mentre minavano i binari ferroviari vicino a Cordoba, il suo gruppo era sicuro che i treni passeggeri non circolassero. Allontanandosi dai binari, si accorsero con loro grande sorpresa che invece un convoglio non militare stava avanzando verso le mine, e ormai era impossibile da fermare.
“Quella notte è stata difficile per me. Non mi aspettavo niente di buono dal futuro. Sapevo che le scuse non avrebbero aiutato… Il pericolo incombeva su tutta la nostra missione, che già era partita con tante difficoltà”, ha scritto Ilja Starinov nel suo libro “Zapiski diversanta” (“Note di un sabotatore”). Tuttavia, la tragedia si trasformò in un trionfo. Al mattino si scoprì che quel treno passeggeri che era deragliato in realtà non era pieno di civili ma di una divisione dall’Aeronautica dell’Italia fascista, che combatteva dalla parte dei franchisti.
Al suo ritorno in patria, Starinov per poco non cadde vittima della repressione: le Purghe staliniane erano al loro massimo. Conosceva molti dei comandanti accusati di tradimento e giustiziati, e Jan Berzin (1889-1938) che fu arrestato e fucilato nel poligono della Kommunarka “per attività terroristica antisovietica trotskista” era il suo capo diretto in Spagna. Il commissario del popolo alla Difesa, il maresciallo Kliment Voroshilov (1881-1969), salvò però Starinov dal tribunale speciale.
Nemico personale di Hitler
Quando, subito dopo l’invasione nazista dell’Urss (iniziata proditoriamente il 22 giugno del 1941), divenne chiaro che la vecchia dottrina sovietica “colpire il nemico sul suo territorio e con poco spargimento di sangue” ormai era tristemente superata dai fatti, e che bisognava impegnarsi in una guerra difensiva in casa propria, ci fu urgente bisogno di creare una vasta rete partigiana e di organizzare attività di sabotaggio dietro le linee nemiche, visto che i tedeschi erano già avanzati in profondità sul territorio dell’Urss. Le abilità di Starinov in questo si rivelarono fondamentali.
Nell’ottobre del 1941 furono combattute aspre battaglie per Kharkov, un grande centro industriale dell’Ucraina sovietica. Il gruppo operativo del Genio guastatori di Starinov fu incaricato di minare la città nel caso fosse stata occupata dalla Wehrmacht. In poco tempo piazzarono 30.000 mine anticarro e antiuomo, circa 2.000 mine ad azione ritardata e oltre 5.000 finte mine (erano solo delle riproduzioni non in grado di esplodere, ma il nemico avrebbe comunque impiegato tempo e risorse per eliminarle, credendole vere).
Inoltre, Starinov preparò una trappola speciale per i tedeschi. In una lussuosa villa nel centro di Kharkov, dove, come supponeva il sabotatore, il comando del nemico si sarebbe insediato, venne occultata, sotto il pavimento del locale caldaia, una bomba comandata via radio (con una carica di 350 chilogrammi di tritolo). Per non destare sospetti, nel mucchio di carbone fu nascosta anche una mina “galleggiante”, non destinata alla detonazione.
Quando i genieri tedeschi scoprirono e neutralizzarono la mina nel carbone, il tenente generale Georg Braun e il quartier generale della 68ª Divisione di fanteria si piazzarono nella casa, credendola ormai bonificata. Il 14 novembre, alle 5 del mattino, la vera mina venne attivata con segnale radio da una distanza di 300 km da Kharkov. La potente esplosione portò alla morte sia di Braun che dell’intero comando della divisione.
Hitler era furioso per quello che era successo. Dopo che l’intelligence militare del Terzo Reich scoprì l’identità dell’organizzatore del sabotaggio, sulla testa di Starinov venne posta una taglia di 200 mila Reichsmark.
I tedeschi non riuscirono però mai a catturare l’impudente sabotatore. Fino alla fine della guerra, Ilja Starinov fu coinvolto nell’organizzazione della guerra partigiana dietro le linee nemiche, sovrintendendo all’interazione tra le truppe sovietiche e l’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia e supervisionando anche lo sminamento delle strade in Ungheria e in Germania.
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Il nonno degli Spetsnaz
Nel dopoguerra, Ilja Starinov si concentrò sull’insegnamento negli istituti di formazione del Kgb. Addestrò decine di ufficiali delle forze speciali dall’altissima professionalità, che lo chiamavano affettuosamente “nonno”.
Starinov è stato insignito di decine di medaglie e ordini, ma non ha mai ricevuto il riconoscimento più ambito, quello di Eroe: tre volte in Unione Sovietica e due volte in Russia fu proposto per quel titolo, ma ogni volta il premio venne annullato prima della cerimonia di consegna. Il motivo era il carattere litigioso e schietto del sabotatore, e la sua abitudine di dire sempre la verità in faccia ai suoi superiori.
Non riuscì mai nemmeno a diventare generale, me non se ne fece un grosso cruccio. “È meglio essere un colonnello vivo che un maresciallo morto”, era la massima di Starinov, che se n’è andato a 100 anni compiuti, il 18 novembre del 2000.
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