Negli anni Trenta, in Unione Sovietica si verificò un evento inedito: lo sviluppo delle armi più moderne e avanzate per l’Armata Rossa fu affidato… ai detenuti. Durante il periodo delle Grandi purghe, quando era facile finire in prigione o in un gulag per una spiata (non di rado inventata di sana pianta da colleghi invidiosi), centinaia di scienziati, progettisti e ingegneri finirono dietro le sbarre. Come ha scritto il pilota Mikhail Gromov: “Gran parte di quegli arresti sono avvenuti perché i progettisti di aerei scrivevano denunce l’uno contro l’altro, cercando in quel modo di far fuori la concorrenza”.
Dichiarati “nemici del popolo”, accusati di tradimento, spionaggio o sabotaggio dello Stato sovietico, questi scienziati condannati, tuttavia, avevano conoscenze e capacità professionali troppo preziose per essere semplicemente inviati nel fitto di una foresta in Siberia a tagliare alberi o scavare minerali.
È così che apparve nel Paese il concetto di “ufficio di progettazione speciale” o “ufficio tecnico speciale”, chiamato in gergo carcerario “sharàshka” (шарашка). In questi speciali laboratori, dietro il filo spinato e sotto lo sguardo attento delle guardie armate dell’Nkvd, gli scienziati condannati “espiavano la loro colpa” lavorando per migliorare la difesa dello Stato.
Le condizioni di vita nelle “sharashki” erano molto migliori che nelle carceri ordinarie e nei campi di lavoro: lenzuola bianche pulite, una doccia, una biblioteca, sigarette, pirogi e biscotti per il tè e, naturalmente, i locali e le attrezzature necessari per il lavoro. Gli scienziati erano persino esonerati dai lavori di pulizia: per questi scopi veniva assunto del personale civile. Tuttavia, queste istituzioni non erano certo dei resort: spesso gli uomini dell’Nkvd trattavano gli scienziati con estrema durezza, in modo che non dimenticassero mai che erano pur sempre dei reclusi e dei “nemici dei lavoratori”.
Decine dei migliori specialisti del Paese sono passati attraverso gli “uffici di progettazione speciali”. Tra questi “il padre della cosmonautica sovietica”, che ha inviato Gagarin nello spazio nel 1961, Sergej Koroljov (1907-1966); il creatore del più imponente bombardiere sovietico nella storia, il Petlyakov Pe-2, Vladimir Petljakov (1891-1942); lo sviluppatore dei principali caccia sovietici, I-15 bis, I-16 e I-153, Nikolaj Polikarpov (1892-1944), e molti altri progettisti di aerei, carri armati, sistemi di artiglieria e sottomarini, scienziati vari, chimici, architetti, matematici, ingegneri minerari e così via…
Fu negli “uffici di progettazione speciale” che furono sviluppati i principali bombardieri sovietici della Seconda guerra mondiale: il già citato Petlyakov Pe-2 e il Tupolev Tu-2; il cannone anticarro da 45 mm fu modernizzato in una “sharashka”, e sempre in uno di questi centri nacquero il carro armato leggero anfibio T-37, il semovente di artiglieria Su-152 e molto altro altro. Tuttavia, l’elenco degli sviluppi tecnologici delle “sharashki” non è limitato alle sole armi. Qui, per esempio, sono state progettate le finiture degli uffici del Commissario del popolo per gli Affari interni, della sala conferenze del Cremlino di Mosca e delle dacie governative sull’isola Kamennyj a Leningrado.
Gli ordini per lo sviluppo dei progetti provenivano sia dal Cremlino che dalle autorità regionali. Per esempio, il Comitato centrale del Partito comunista dell’Abcasia dette l’ordine di progettare gli interni del piroscafo “Sevastopol”, e degli yacht e dei motoscafi G-4 del’Nkvd; cosa che fu eseguita con successo.
A volte un nuovo caccia per l’aviazione sovietica poteva essere sviluppato simultaneamente da diversi uffici di progettazione, uno dei quali era costituito da “nemici del popolo” che vivevano e lavoravano dietro le sbarre della prigione. Spesso, paradossalmente, proprio il collettivo di detenuti otteneva un successo maggiore dei loro colleghi in libertà.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, sul territorio della zona di occupazione sovietica in Germania, così come nella stessa Urss, iniziarono ad apparire delle “sharashka”, in cui lavoravano specialisti tedeschi (per la maggior parte, nella costruzione di motori, e nella creazione di missili balistici e armi atomiche). Alcuni di loro erano prigionieri di guerra, altri vennero a lavorare volontariamente per l’ex nemico. Qui erano attesi da buone condizioni di vita e da un buon salario (per gli standard sovietici). Tuttavia, la loro libertà era gravemente limitata: anche gli scienziati che avevano diritto al tempo libero, erano obbligati a trascorrerlo esclusivamente sul territorio dei loro villaggi, e l’Nkvd seguiva ogni loro movimento.
Un progetto di successo creato in prigione spesso significava anche un biglietto per la libertà per lo scienziato e i suoi colleghi. Gli specialisti in questi casi venivano solitamente assolti dalle accuse, i loro diritti erano ripristinati e potevano tornare al loro posto lavoro precedente. Ma ci furono delle eccezioni: le accuse contro Vladimir Petljakov, uscito nel 1940 e morto in una tragedia aerea due anni dopo, caddero completamente solo nel 1953, ben 11 anni dopo la sua scomparsa). Per i loro risultati, questi ex detenuti a volte ricevevano anche uno dei più alti riconoscimenti dell’Urss: il Premio Stalin, trasformandosi di fatto da “nemici del popolo” in eroi nazionali.
La storia delle “sharashki” si concluse con la morte di Stalin. Dopo il 1953, tutte le istituzioni di questo tipo furono chiuse. Molte furono convertite in normali istituti di ricerca, e oggi continuano la loro attività.
Tre grandi invenzioni create nei campi di prigionia di Stalin