La storia di Pierre Gilliard, l’insegnante di francese dei Romanov che sopravvisse alla Rivoluzione

Aleksej Danichev/Sputnik; Foto d'archivio
Lavorò a Corte oltre quindici anni e seguì la famiglia imperiale anche nel periodo della prigionia, ma non ebbe il loro tragico destino

Lasciando la Russia nel 1920, sul ponte di una nave americana che salpava da Vladivostok, Pierre Gilliard, un cittadino svizzero che era stato il precettore dei bambini della famiglia imperiale Romanov, il principe Aleksej e quattro granduchesse, si sentì invadere dalla tristezza. “Conservo nel profondo della mia anima un ricordo degli eventi orribili di cui sono stato testimone. Ho visto uno dei più grandi Imperi del mondo cadere, insieme ai suoi monarchi”, scrisse nel suo diario.

Una nota così malinconica non sorprende, visto che Gilliard (nato a Fiez, nel Canton Vaud nel 1879) aveva trascorso i tre anni precedenti in Siberia, prima insieme ai suoi allievi reali, poi separato da loro. Sapeva bene che erano tutti morti, fucilati dai bolscevichi nel 1918. Il fatto che fosse rimasto vivo era un miracolo. 

Uno svizzero a corte 

Sedici anni prima, nel 1904, le avventure russe di Gilliard erano iniziate in modo molto positivo. Originariamente invitato a insegnare il francese nella famiglia del duca Georgij Maksimilianovich di Leuchtenberg, cugino dei Romanov, Gilliard passò presto alla famiglia reale: le figlie più grandi di Nicola II e dell’imperatrice Aleksandra, Olga e Tatiana, avevano bisogno di un insegnante.

Invitare gli svizzeri come insegnanti di francese era una pratica abbastanza comune nella Russia imperiale, scrive Anna Matveeva su SWI Swissinfo: “Per lo più, gli emigrati dalla Svizzera erano protestanti, e allora i russi li preferivano ai cattolici.” In totale, c’erano circa 6.000 svizzeri che vivevano in Russia, osserva Matveeva. 

Insegnante dei figli dei monarchi 

Dal 1909 Gilliard lavorò ogni giorno con i Romanov: viveva a San Pietroburgo, e andava Tsarskoe Selò (la residenza imperiale a una trentina di chilometri dal centro cittadino) cinque volte a settimana. Ben presto divenne il precettore di tutte e quattro le figlie di Nicola e Aleksandra, che lottavano per rendere fluente il loro francese. Il lavoro non era facile, come ha lasciato scritto nelle sue memorie.

“I miei alunni erano lenti nell’apprendimento: la famiglia imperiale era solita fare viaggi in Crimea di diversi mesi… Mi dispiace che non avessero una governante francese [per fare pratica], così ogni volta dimenticavano molto [senza le mie lezioni]”, si lamentò. Tuttavia, ha detto che tutte le granduchesse erano ragazze intelligenti ed educate, sempre pronte a imparare.

Forse l’incidente più divertente che menziona nelle sue memorie è quando lui e Olga, la figlia maggiore, stavano leggendo “I miserabili”, e lei, dopo aver trovato la parola “merde” gli chiese cosa significasse. Gilliard arrossì: ovviamente era inappropriato tradurlo a una giovane nobildonna. Quindi lei andò a chiederlo a suo padre, Nicola II, e lui le disse che era “una parola molto forte che non si doveva ripetere”. 

Un amico di famiglia 

Gradualmente Gilliard divenne molto più di un semplice insegnante: fece amicizia con i Romanov, tanto che l’Imperatrice si fidava di lui come tutor del principe Aleksej, il prezioso erede al trono che soffriva della malattia genetica dell’emofilia. “Senza dubbio, questa malattia… ha provocato la tragica solitudine della famiglia reale, sepolta nella vita privata e con l’insopportabile preoccupazione da dover nascondere la cosa a tutti”, ha ricordato. Gli storici sono d’accordo con lui: tutti assorbiti dalla malattia del figlio, Nicola e Aleksandra stavano perdendo il controllo del Paese.

Tuttavia, Gilliard adorava Aleksej, così come il resto della famiglia: “Quando poteva, si godeva la vita, come un gioioso ragazzo qualsiasi. Non si vantava mai di essere un erede reale, era l’ultima cosa a cui pensava… Aleksej era il centro della famiglia, tutte le speranze e l’amore si concentravano su di lui.”

Il tutore svizzero fu incaricato di informare Aleksej che suo padre aveva abdicato, nel marzo del 1917. Il ragazzo, come ha ricordato Gilliard, chiese: “Chi governerà la Russia adesso?”, e non sembrava preoccupato di se stesso, ma solo della sua famiglia.

Tempi duri 

Nel 1917, quando l’impero russo crollò e i Romanov non furono più monarchi, Gilliard li seguì negli orrori della prigionia di fatto, prima a Tsarskoe Selò, poi a Tobolsk (in Siberia; 2.380 chilometri a est di Mosca). “Gilliard rimase completamente isolato dalla Svizzera. Scriveva lettere a suo padre e a suo fratello senza sapere se sarebbero state lette”, ha scritto il biografo di Gilliard, Daniel Girardin. Ciononostante, Girardin osserva che il rigoroso Gilliard ha sempre ricordato ai suoi parenti svizzeri (anche nel bel mezzo della Rivoluzione!) di adempiere correttamente ai pagamenti delle tasse.

Così come gli adulti della famiglia reale, l’insegnante cercò di rincuorare i bambini e, naturalmente, proseguì la loro educazione. Continuò anche a fotografarli: dobbiamo molte foto di famiglia degli ultimi Romanov a Gilliard. 

Nell’aprile del 1918, un commissario bolscevico separò la famiglia: Nicola, Aleksandra e Maria furono trasferiti a Ekaterinburg (1.790 chilometri a est di Mosca), mentre a Gilliard fu ordinato di rimanere con il resto dei bambini. A maggio però tutta la famiglia si riunì a Ekaterinburg, ma i bolscevichi lasciarono improvvisamente andare Gilliard, così come Sydney Gibbes (il tutor di inglese) e Aleksandra Tegleva, la futura moglie di Gilliard. 

L’addio alla Russia per sempre 

“Continuo a non capire perché i bolscevichi ci abbiano lasciati in vita”, ha scritto Gilliard nelle sue memorie. In effetti, fu una felice coincidenza: nella città di Tjumen (2.120 chilometri a est di Mosca) lui, la Tegleva e Gibbes furono vicinissimi all’essere fucilati. “Parlando correntemente il russo, dichiarò [di fronte ai bolscevichi] che era protetto dalla legge internazionale, sventolando il suo passaporto svizzero”, scrive Girargin. In qualche modo questo li fermò, e presto l’Esercito Bianco anti-bolscevico entrò a Tjumen, liberando lui e i suoi colleghi.

L’ex tutor prese parte alla Guerra Civile, lavorando come ufficiale dell’intelligence e traduttore nell’Esercito Bianco. Con i Bianchi, entrò a Ekaterinburg, solo per scoprire che tutti i Romanov, che amava così tanto, erano stati fucilati il 17 luglio 1918. Non poteva credere che i bolscevichi avrebbero ucciso anche i bambini ma, sfortunatamente, era vero.

Il resto è storia. Nel 1918-1920 i bolscevichi riacquistarono il controllo dell’intero Paese, e Gilliard si ritirò con l’Esercito Bianco, che lo condusse a Vladivostok e, infine, nella sua casa in Svizzera. Sposando la Tegleva, le promise che non appena ci fosse stata la possibilità, sarebbero tornati in Russia, ma la possibilità non arrivò mai. Morì in Svizzera, a Losanna, nel 1962, all’età di 83 anni, senza mai essersi pienamente ripreso da un incidente stradale di cui era rimasto vittima quattro anni prima.

 

Le foto dei Romanov ora a colori 

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