In generale, è difficile giudicare se i principi medievali della Rus’ di Kiev fossero buoni o cattivi, perché sappiamo molto poco su di loro, e di solito solo da cronache scritte secoli dopo. Ma Svjatopolk I di Kiev, figlio di quel Vladimir il Grande, detto il Santo, che convertì nel 988 la Rus’ al cristianesimo, ha certamente avuto la peggiore pubblicità possibile. Dopo tutto, il soprannome “il Dannato” parla da solo.
Come dicono le cronache, Sviatopolk era famoso per aver ucciso tre dei suoi fratelli: Boris, Gleb e Sviatoslav, nei suoi sforzi per conquistare il potere. Ci riuscì per un po’, salendo sul trono di Kiev, allora la città slava più importante, nel periodo 1015-1019. Più tardi, tuttavia, un altro fratello, Jaroslav il Saggio (che a giudicare dal nome aveva una nomea migliore), lo costrinse a lasciare il potere, e Sviatopolk morì in esilio.
Il più infame scagnozzo di Ivan il Terribile, l’oprichnik Maljuta Skuratov, era ancora più spietato dello spietatissimo zar da cui prendeva ordini. Soffocò con un cuscino persino un prete che si rifiutava di benedire la politica repressiva di Ivan (in seguito il prete fu canonizzato e Maljuta cadde in disgrazia).
Ma, presumibilmente, ha fatto cose ben peggiori di quella, come organizzare “viaggi stupro” per lo zar. Lo storico Nikolaj Karamzin scrisse: “Nel luglio del 1568… gli uomini più fedeli di Ivan, guidati da Maljuta, rapirono belle mogli da tutte le parti di Mosca e le condussero nel villaggio dove lo zar ne scelse un po’ per sé e ne diede alcuni ai suoi preferiti… numerose donne poi morirono per la vergogna e il dolore”.
Insieme ad altri oprichnik, Skuratov uccise migliaia di persone. La Russia ha conosciuto molti violenti oppressori, ma quest’uomo dà le piste a tutti.
Pensate che una donna non possa essere crudele? Ditelo a questa nobile signora di nome Daria Saltykova (Saltychikha è un nomignolo) che aveva un debole per torturare e uccidere i suoi servi, solo per il gusto di farlo. Come proprietaria di una grande tenuta era nota per picchiare e uccidere chiunque non le piacesse. È di fatto una serial killer. Almeno 38 dei suoi contadini morirono dopo essere stati torturati; il resto viveva nel terrore.
Anche per gli standard del XVIII secolo era troppo: ai proprietari terrieri non era permesso uccidere i loro contadini. Così l’imperatrice Caterina la Grande, dopo aver appreso dei piaceri sadici della Saltykova, la imprigionò nel 1762 (quando aveva solo 32 anni). L’orrenda aristocratica passò il resto della sua vita dietro le sbarre, dove morì in circostanze misteriose.
Molti russi amano ancora Stalin, anche se il suo regime ha ucciso almeno 70 mila persone (secondo le stime più prudenti) durante le Grandi Purghe. Molti però lo rivalutano per la vittoria nella Seconda guerra mondiale. Uno dei suoi bracci destri più sinistri, Nikolaj Ezhov, che diresse il Commissariato del popolo per gli affari interni (Nkvd) dal 1936 al 1938, non è invece così fortunato come Stalin: il suo nome è associato solo al sangue.
Su ordine di Stalin, Ezhov orchestrò la Grande Purga del 1937, il picco assoluto della repressione. Fu un massacro: le persone venivano fucilate, imprigionate i mandate nei campi di lavoro a migliaia. Più tardi il periodo è stato chiamato “Ezhovshchina”: “l’era di Ezhov”.
La stampa ufficiale lo definì il “commissario di ferro”, mentre Ezhov fu in seguito etichettato come “il nano maledetto” (era alto solo circa un metro e mezzo). Estremamente fedele a Stalin, cadde improvvisamente in disgrazia. Nel 1938, Stalin lo licenziò. In seguito Ezhov fu processato e fucilato dai suoi successori.
Quando un generale sovietico passò dall’altra parte durante la Seconda guerra mondiale, per sostenere Hitler con l’intento di “liberare la Russia dal comunismo”, la mossa non fu esattamente ben accolta nell’Urss. Come afferma il direttore dell’Istituto russo per gli studi strategici, Leonid Reshetnikov: “Per il popolo sovietico Vlasov è diventato il simbolo per antonomasia del tradimento, il moderno Giuda”. Da allora questo quadro non è cambiato molto.
Vlasov aveva avuto una grande carriera in Unione Sovietica: iniziò il suo servizio militare durante la Guerra Civile, fu promosso in Cina, e in seguito combatté valorosamente nella Grande Guerra Patriottica, in particolare nella Battaglia di Mosca (1941). Tuttavia, nel 1942 fu catturato dai tedeschi.
Ricevette dai nazisti l’offerta di guidare un esercito di soldati sovietici caduti prigionieri, che accettarono di combattere contro i loro ex compagni. Nella sua lettera aperta, Vlasov scrisse che “il bolscevismo si era travestito da madrepatria” e che i russi dovevano combatterlo a fianco dei tedeschi. Il suo cosiddetto “Esercito russo di liberazione” (Russkaja osvoboditelnaja armija) fu impegnato in varie battaglie contro i sovietici, ma alla fine Vlasov fu catturato e impiccato per tradimento il 2 agosto del 1946.
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