Lavoratori immigrati
EPARashid, 20 anni, è arrivato a Mosca dal Tagikistan nel 2014. Abita in un appartamento della periferia nord con suo fratello e parla russo a fatica. Qualche mese fa è stato fermato dalla polizia, che gli ha contestato di non avere il permesso necessario a chi supera i 90 giorni di permanenza nella Federazione e ora non può richiedere la regolarizzazione. “Faccio dei lavoretti quando li trovo. Guadagno circa 20mila rubli al mese (260 euro circa, ndr), a volte anche meno”. Si tratta all'incirca di un terzo rispetto agli stipendi medi russi, eppure Rashid non appare intenzionato a tornare indietro.
In arrivo dalla Csi
La maggior parte dei migranti che arrivano in Russia proviene dalle ex repubbliche sovietiche: si tratta di persone attratte dalle opportunità di lavoro e da salari più alti di quelli che potrebbero sperare di ottenere in patria. Di solito il lavoro si trova solo nelle attività che richiedono una scarsa specializzazione, come muratori e venditori nei mercati.
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Nikolai Kurdyumov, capo dell'organizzazione Alleanza internazionale "Labor Migration", rileva che l'80-85 per cento di arrivi riguarda cittadini della Comunità degli Stati Indipendenti (Csi), organizzazione di undici membri nata nel 1991 dalle ceneri dell'Urss. Per tutti loro è concesso di entrare nel paese senza visto, a patto di restarvi non più di 90 giorni. Molti, però, scelgono di trattenersi più a lungo, finendo per lavorare in nero. “Che la stragrande maggioranza degli immigrati non abbia uno status legale è davvero penoso”, commenta a RBTH Muhammad Amin Madzhumder, presidente della Federazione russa dei migranti. “Secondo il servizio federale per le migrazioni, in Russia ci sono 10 milioni di immigrati, ma solo un milione e mezzo di loro è in regola. Tutti gli altri si trovavano a vivere un'esistenza davvero difficile, senza possibilità di migliorare”.
Assimilazione difficile
La storia di Rashid è simile a quella di tanti altri immigrati, senza particolari distinzioni tra giovani e non. Senza il permesso di lavoro legale hanno poco incentivo a studiare la lingua russa e così faticano ulteriormente a integrarsi a livello sociale. Spesso sono costretti a vivere all'interno di scantinati, magazzini e altri luoghi poco dignitosi. “Chi lavora nell'economia sommersa non andrà mai in un dormitorio pubblico”, prosegue Kurdyumov. “Si nasconde per evitare i controlli e spesso si trova circondato da delinquenti che lo derubano del passaporto”.
La caduta della Russia in recessione, accompagnata da una svalutazione del rublo rispetto alle altre valute, ha fatto diffondere voci relative a un ritorno in massa dei migranti verso i territori di provenienza. Anche se gli esperti ritengono sia ancora prematuro fare dei bilanci in tal senso. “Forse alcuni migranti sono partiti all'inizio di quest'anno, ma la maggior parte di loro è rimasta”, riferisce a RBTH Vasilij Kravtsov, capo di Migration XXI Century. Che cita un elemento a supporto del suo ragionamento: “Se si guarda alle rimesse in uscita dalla Russia, queste non sono scese nell’ultimo anno, anzi in alcuni casi rileviamo un dato in crescita”. Al di là dei numeri generali, è in atto un riequilibrio tra le realtà di provenienza: alcuni migranti provenienti dall'Asia centrale sono partiti, ma la loro assenza è stata più che compensata dall'arrivo di rifugiati dall'Ucraina.
I luoghi comuni da sfatare
Per anni, nella società russa è prevalso un sentimento di ostilità nei confronti degli immigrati, basato sull'assunto che sottraggono posti di lavoro ai russi e tendono a delinquere: due elementi che in realtà non trovano riscontro nelle statistiche. “Non è corretto pensare che i lavoratori migranti sottraggano posti di lavoro ai russi”, spiega Kurdyumov. “Per lo più, infatti, sono occupati in settori che richiedono poche qualifiche e sono a bassa retribuzione. Si tratta di lavori che ai russi non interessano”. Inoltre, da gennaio a giugno di quest'anno soltanto il 2 per cento di tutti i reati commessi e regolarmente denunciati in Russia è stato commesso da cittadini stranieri: lo si evince dai dati pubblicati dal sito web del ministero degli Interni.
Nuove leggi per i lavoratori immigrati |
Normativa in evoluzione
Malgrado ciò, tenuto conto che la questione degli immigrati resta acuta, le autorità stanno prendendo provvedimenti per migliorare la situazione.
Nei mesi scorsi è stata varata una novità molto importante, che consente ai migranti dalla Csi di acquistare autorizzazioni, invece che fare domanda per ottenere il permesso di lavoro. A differenza di quest'ultimo, l'autorizzazione consente a chi ne è intestatario di cambiare datore di lavoro, se necessario, e con essa la procedura per ottenere un regolare permesso di lavoro è semplificata. Questo nuovo sistema, tuttavia, presenta anche svantaggi. A Mosca per un'autorizzazione un migrante deve spendere da 60mila a 70mila rubli (da 870 a 1.100 euro, ndr) all'anno, una cifra che per molti è insostenibile. Di conseguenza, ci sono ampi margini per loschi giri di falsi e corruzione. “Non è certo un segreto che molti certificati rilasciati dalle assicurazioni mediche e da chi offre corsi di lingua, indispensabili per ottenere le autorizzazioni, siano semplicemente acquistati da dubbie società, desiderose di guadagnare sfruttando la situazione”, dice Kravtsov. “Molti altri immigrati sono rimasti oltre la scadenza del permesso di soggiorno continuando a lavorare illegalmente e per farlo è bastato loro corrompere gli agenti di polizia”.
Altri esperti esprimono un cauto ottimismo in merito alle prospettive che offre il sistema delle autorizzazioni. “L'auspicio è che grazie a questo sistema almeno una parte degli immigrati riesca a uscire dalla clandestinità”, conclude Kurdyumov.
L'articolo è stato pubblicato sull'edizione cartacea di RBTH del 17 settembre 2015
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