Nei primi quattro mesi del 2015, 458 cittadini siriani hanno fatto domanda per rimanere in Russia come rifugiati (Foto: Dmitri Vinogradov / Ria Novosti)
Hamza si è ritrovato profugo all’improvviso. Ha 30 anni. È nato nella capitale della Siria, Damasco, e suo padre ha insegnato Storia dell’Islam in molte università del Medio Oriente. Quando è andato in pensione ha aperto un negozio di alimentari che fruttava bene. Sul piano giuridico Hamza è cittadino siriano, ma è di etnia circassa; una popolazione che vive tuttora nel Caucaso Settentrionale.
La fuga dalla guerra
La famiglia di Hamza, sette generazioni fa, è stata costretta a emigrare dal Caucaso a causa della guerra, ma ha sempre sognato di poter far ritorno un giorno in patria. “Ho deciso di realizzare il sogno della nostra famiglia e di tornare nella nostra patria. Conoscevo la lingua cabardina e ho deciso di provare. Quando sono arrivato nella Repubblica Cabardino-Balcaria in Siria non c’era ancora la guerra, è cominciata mentre cercavo di sistemarmi quaggiù”, racconta Hamza. Hamza parla in cabardino, infarcendo questa lingua con parole in arabo e in inglese. Ad aiutarci nella traduzione c’è una famiglia di Nalchik presso cui Hamza ha avuto occasione di lavorare.
Le cifre ufficiali
Secondo le stime dell’Ufficio federale dell’immigrazione, gli stranieri privi di cittadinanza che dal 2009 al 2014 hanno inoltrato richiesta per ottenere lo status di rifugiato o l’asilo temporaneo sarebbero 293.652. Il primo posto spetterebbe agli esuli dall’Afghanistan.
Dal 1° gennaio al 24 aprile 2015 458 cittadini siriani hanno fatto domanda per rimanere in Russia come rifugiati
“Quando sono arrivato qui avevo bisogno di guadagnare. Prima non lavoravo e mi occupavo solo di cose che mi appassionavano come le installazioni di impianti elettrici. Qui ho già lavorato come operaio edile, mobiliere e anche come elettricista”, dice Hamza. Prende il telefonino e ci mostra le foto di una ristrutturazione che sta eseguendo. Tutti gli interni ci riportano alle atmosfere dei racconti di Sherezade con qualche elemento di ristrutturazione all’europea. Elvira ci dice che dopo aver visto come ha lavorato la squadra di Hamza anche i suoi conoscenti hanno commissionato gli stessi lavori per i loro locali. “I siriani ci hanno dipinto dei soffitti scuri illuminandoli poi con delle luci. Per noi erano una novità assoluta”, dice.
La guerra ha privato la famiglia di Hamza della casa e del negozio e anche i suoi genitori e le sue sorelle si sono trasferiti nella Repubblica Cabardino-Balcaria. “Mentre ero qui sono cominciati i bombardamenti e poi i miei genitori mi hanno raggiunto. Per me è stato facile ottenere il permesso di soggiorno, ma per i miei genitori è molto più complicato”, spiega. “Qui viviamo nell’incertezza, ma dov’è che non esistono problemi? Di problemi ce ne sono dappertutto ed è già molto aver trovato questo luogo in cui rifugiarci”. Il giovane sorride con aria sorniona. Ora sogna di metter su famiglia, ma non ha ancora incontrato la ragazza giusta. Le sue sorelle sono già sposate e sono emigrate dalla Russia e lui ha intenzione di vivere nella sua patria originaria. “Ho affittato una casa, qui vive mio zio. I siriani sono soliti aiutarsi tra di loro. E poi ci dà una mano anche l’Associazione internazionale circassa. Ci hanno dato 500mila rubli per acquistare una casa, accreditandoli sul conto corrente. La stiamo ancora cercando” racconta il giovane.
La casa e il lavoro
Il denaro per queste case è stato raccolto in tutto il mondo, racconta il presidente dell’Associazione no profit cabardina “Adyghe Khase”, Mohamed Khafitse. Tra l’altro, il denaro non viene raccolto solo per i siriani rifugiati in Russia, ma anche per i circassi che vivono nel resto del mondo, “Abbiamo organizzato una maratona televisiva, a sostenerci sono i privati e l’amministrazione della repubblica”, spiega Khafitse. “Inizialmente abbiamo chiesto alle persone di scegliere il luogo in cui avrebbero voluto vivere e abbiamo acquistato per loro le case, ma poi abbiamo deciso di accreditargli direttamente il denaro perché potessero utilizzarlo autonomamente”.
Il presidente dell’associazione “Adyghe Khase” ci ha spiegato di occuparsi del problema del ritorno dei circassi della diaspora ormai da 50 anni e che prima del 2012 – anno d’inizio del conflitto siriano – nella regione erano arrivati oltre 3mila circassi, mentre dal 2012 in poi ne sono arrivati più di 1.600. Non si tratta di cifre così rilevanti se paragonate a quelle degli esuli ucraini, ma ogni immigrato è riuscito a trovare un lavoro e ad avere una casa; queste persone diventano parte integrante della società che qui è alquanto chiusa e un rifugiato può incontrare difficoltà reali. “I profughi che arrivano da noi provengono da tutte le province siriane, molti di loro hanno già ottenuto la cittadinanza e in alcuni centri abitati esistono già intere vie abitate solo da loro”.
Tra i profughi arrivati ve ne sono molti con un livello di istruzione elevato: insegnanti, avvocati. Ma tutte queste professioni presuppongono un’ottima conoscenza della lingua russa, e gli esuli conoscono solo la la lingua cabardina o l’adighè. “È difficile che possano trovare un lavoro adeguato alla loro specializzazione professionale e perciò selezioniamo per loro dei lavori in cui possono essere utili: impieghi come operai edili, idraulici addetti alla manutenzione. Nei centri rurali lavorano come educatori negli asili nido perché qui la popolazione è di etnia cabardina e loro conoscono la lingua. Uno dei nostri lavora come traduttore per un giornale” dice Khafitse.
Ora si è cominciato a introdurre delle modifiche alla legge sulla cittadinanza russa, dove il requisito richiesto per ottenere la cittadinanza è un’ottima conoscenza della lingua russa e il nostro esperto ritiene che sia possibile adattarla anche alle esigenze della repubblica. “Abbiamo presentato un’istanza al Consiglio della Federazione Russa in cui chiediamo che il cabardino sia riconosciuto come lingua ufficiale al pari del russo. Le lingue riconosciute nella nostra repubblica sono tre: cabardino, balcaro e russo” precisa. Hamza sostiene che la maggioranza dei suoi connazionali desidera rimanere in Russia, ma c’è anche chi vorrebbe tornare in Siria quando la situazione si sarà normalizzata. Tuttavia, i rifugiati che qui hanno già trovato una sistemazione continuano per ora a far venire i propri parenti nel Caucaso.
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