Che effetto fa toccare con mano il permafrost? E sta resistendo al surriscaldamento globale?

Scienza & tech
ANNA SOROKINA
In Jacuzia, inverno e estate sono separati da pochi metri. Per strada la temperatura a luglio può essere di 33 gradi, ma basta scendere negli scantinati per ritrovarsi sotto zero. Qui si studiano lo scioglimento del ghiaccio superficiale e le sue possibili conseguenze per il Pianeta

Se vi dovesse capitare di passare da Jakutsk (sei ore e mezzo di volo a est di Mosca) durante l’estate, probabilmente pensereste di essere finiti in un deserto: sole cocente, aria secca, vento che ti sputa la polvere negli occhi. Ma, al calar del sole, la temperatura scende immediatamente. Tutto a causa del permafrost (che in russo si chiama “véchnaja merzlotá”, ossia “gelo perenne”, “ghiaccio eterno”; anche se gli scienziati ritengono che nulla sia eterno in natura, e ormai preferiscono il termine “mnogolétnaja merzlotá”; “gelo pluriennale”). 

Il permafrost ricopre due terzi della Russia: gli edifici nei centri abitati devono essere costruiti su palafitte e tutte le tubature e le reti (elettrica, telefonica ecc.) devono essere costruite in superficie, in modo che, quando arriva la stagione calda, il terreno non si afflosci procurando danni agli edifici e alle infrastrutture. Jakutsk è la più grande città del mondo (conta circa 400 mila abitanti) costruita sul terreno ghiacciato del permafrost. Il clima a Jakutsk è fortemente continentale: 50 ºC sotto zero in inverno e +30, 35 ºC d’estate. Ma ci sono luoghi dove il ghiaccio resta anche d’estate, in piena città. 

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Il laboratorio del permafrost

Il luogo dove il ghiaccio c’è sempre non è esattamente un museo, ma un laboratorio sotterraneo dell’Istituto di Studio del Permafrost “P.I. Melnikov” dell’Accademia russa delle scienze. Che peraltro si trova in ulitsa Merzlotnaja; “via del Permafrost”.

Dall’esterno sembra uguale a tanti altri istituti scientifici in giro per il Paese. Ma questa sensazione scompare non appena si supera la porta d’ingresso, su cui è raffigurato un mammut, e si sente con sospetto salire aria fredda dagli scantinati. Varcato l’ingresso, vengono consegnati ai visitatori pellicce e giacche invernali: dopotutto si sta per entrare in un luogo dove è inverno, e le escursioni sono condotte da glaciologi. Fuori ci sono 33 ºC , ma non appena scendi sotto l’istituto, tra i piedi ti trovi del ghiaccio, ed è ghiaccio vero, ghiaccio naturale; non c’è nessun sistema di refrigerazione qui.

“Esiste la nozione di ‘strato stagionalmente scongelato’, cioè quando il sole è più forte e questa ondata di calore raggiunge una profondità di mezzo metro, o fino a 3-3,5 metri, durante l’estate. Questo è il range in tutta la Jakuzia: qui a Jakutsk è di circa 3 metri. Ma più in profondità  il terreno resta ghiacciato”, spiega Njurgun Baishev, ricercatore dell’istituto.

Il laboratorio si sviluppa su due livelli ed è composto da corridoi con stanze separate. Il livello superiore si trova a 5 metri di profondità, a circa 6 ºC sotto zero. Il secondo livello è a 12 metri e qui siamo già a 8 ºC sotto zero. Le pareti del corridoio sono ricoperte di ghiaccio, sul soffitto si sono formati soffici cristalli a forma di fiocco di neve, e il pavimento è di terra ghiacciata. 

In alcuni punti si può notare che il permafrost non è altro che sabbia ghiacciata, e, quando la tocchi, ti si sbriciola tra le mani. Da qualche parte nelle pareti sono state messe delle travi di legno per evitare che il soffitto crolli, e anche questi pali sono ricoperti di brina. 

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Il laboratorio studia una varietà di campioni di terra, semi conservati dall’epoca sovietica, fiori congelati nel ghiaccio e persino la neve dell’anno scorso. “Raccogliamo la neve da diverse zone di Jakutsk e poi la consegniamo al laboratorio per vedere se la sua composizione chimica cambia”, racconta Baishev. “Personalmente non ho riscontrato nulla di anomalo, l’acqua della città è generalmente pulita e abbiamo dati dal 1972”.

Per avvalorare le sue parole, lo scienziato prende un po’ di ghiaccio dal soffitto e se lo mette in bocca. “Gelato della Jacuzia”, scherza, e invita i visitatori ad assaggiarlo. Provo. Sa di ghiaccio.

Il “Regno del Permafrost”

A volte non è nemmeno necessario andare sottoterra per mettere le mani sul permafrost. All’interno del monte Chochur-Muran (a circa 5 chilometri dalla città), negli anni Ottanta è stata scavata una ghiacciaia naturale da usare come magazzino alimentare. Nonostante il ghiacciaio sia superficiale, la temperatura all’interno è compresa tra i - 4 e i -10 ºC in qualsiasi periodo dell’anno. Nel 2005 è stata inaugurata l’attrazione turistica “Tsarstvo vechnoj merzloty”; il “Regno del Permafrost”. Si tratta di una rete di sale-grotta, ognuna con sculture a tema.

Ecco per esempio l’Ice Hotel con un enorme letto di ghiaccio al centro, un po’ più in là c’è lo Yeti Bar, dove i visitatori vengono accolti da “Chuchuna”, come viene chiamato qui l’uomo delle nevi; e poi c’è la sala del trono del Babbo Natale jakuto, Chyskhaan, un romantico divanetto con cuori rosa e la citazione dei Beatles, eterna come il permafrost stesso: “All you need is love”. A proposito, qui c’è la tradizione di attaccare le monete alle sculture di ghiaccio: dicono che porti fortuna. 

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Il controllo dello stato del permafrost

Il permafrost in Russia viene studiato seriamente solo dagli anni Trenta del Novecento. Dapprima presso l’Istituto per la ricerca sul permafrost di Mosca. Poi, negli anni Sessanta, la base di ricerca si è trasferita a Jakutsk per avvicinarsi al permafrost. Nella città scende fino a 250-450 metri di profondità e la profondità massima del permafrost nella regione è di 1,5 km (nella parte alta del fiume Markhi, circa 1000 km a nord-ovest di Jakutsk). 

L’istituto dispone di 10 laboratori, due stazioni del permafrost (non solo in Jacuzia, ma anche in altre aree con permafrost) e la miniera di Shergin nel centro di Jakutsk, che scende a quasi 117 metri di profondità. È apparsa nel 1828, quando si cercava l’acqua sotto il permafrost. Non fu mai raggiunta, ma la miniera divenne un vero e proprio tesoro per la ricerca e qui nacque la disciplina della geocriologia; lo studio del permafrost.

Gli scienziati di Jakutsk studiano non solo i processi che avvengono nel permafrost, ma anche il modo in cui interagisce con le infrastrutture create dall’uomo. In altre parole, come vivere nel permafrost senza distruggerlo. Senza questi studi, sarebbe impossibile continuare a costruire edifici, strade e fabbriche.

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Oggi si presta molta attenzione ai cambiamenti climatici: in Jakuzia fa sempre più caldo di anno in anno. “Confrontiamo le temperature medie annuali in periodi di trent’anni: 1961-1990 e 1991-2020”, spiega Nikita Tananaev, ricercatore di punta dell’Istituto del Permafrost e del Centro di Innovazione Artica dell’Università Federale del Nord-Est. “Finora abbiamo visto che la temperatura è aumentata in media di 1,3 gradi in tutta la Jacuzia. L’aumento maggiore si registra nel distretto di Nizhnekolymskij [nel nord-est della regione]; lì è superiore ai 2 gradi”. Le temperature sono influenzate da vari fattori, tra cui gli incendi boschivi che si verificano ogni estate.

Allo stesso tempo qui c’è sempre stato un clima fortemente continentale, solo vent’anni fa le temperatura di 30 gradi arrivava a metà luglio, mentre ora già a fine giugno. E gli inverni sono più miti, intorno ai -35 ºC, con punte di -50 ºC che vengono raggiunte solo alcune volte.

“Questo significa che il permafrost si scongelerà un po’, ma quanto esattamente, deve ancora essere calcolato”, dice Tananaev. “Per ora, riteniamo che nel 2100 i primi 20-25 metri di terreno nella Jacuzia centrale si saranno scongelati completamente”. 

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