Elena Drozdova
C’è un gioco in cui ci si siede a due metri di distanza e si fanno rotolare due uova uno incontro all’altro; dallo scontro uno si rompe e l’altro rimane intero. Non ho mai capito perché chi perde possa mangiarsi l’uovo, mentre il vincitore debba di nuovo farlo scontrare con un altro. Non mi ricordo se avevo ricevuto una spiegazione riguardo alla festa, alle uova, perché bisognasse stare per forza tutti insieme e quale fosse il motivo di quell’allegria.
Quando rifletto sulle uova i miei pensieri si concentrano sulla domanda più banale: prima l’uovo o la gallina? Lo so che c’erano il dinosauro, ma allora prima? È chiaro, la tartaruga, e prima di lei? E così ritorno all’inizio, al caos indistinto, alla pupilla, al buco nero al centro dell’occhio, prima dello scoppio della realtà corporea, prima della notte del mondo, nel quale tutto e niente si mischiano e come nell’uovo c’è la gallina e il dinosauro e la tartaruga e la teoria del big bang e chissà cos’altro ancora. Soltanto una piccola luce calda può risplendere da lì, dall’interno del nero più fitto della notte. Una lucina accogliente e inconoscibile che può generare lo spazio e la vita, come dall’uovo può uscire fuori il pulcino e poi il dinosauro, la tartaruga e chissà cos’altro ancora.