La Bielorussia si allontanerà dalla Russia e dall’Europa?

Il Presidente russo Vladimir Putin, a sinistra, con il Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko.

Il Presidente russo Vladimir Putin, a sinistra, con il Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko.

: Aleksej Nikolskij/RIA Novosti
Secondo alcuni opinionisti russi “l’epoca dei pasti gratis” per il leader bielorusso Aleksandr Lukashenko è finita. A detta degli analisti, il tradizionale format dei rapporti tra Mosca e Minsk si trova ormai in un’impasse. Quale strada intraprenderanno i due paesi?

Le relazioni tra Russia e Bielorussia si stanno di nuovo inasprendo. Non è la prima volta che ciò accade: periodicamente esplodono tensioni per il latte, lo zucchero, il petrolio o che coinvolgono altri settori economico-commerciali. Ma questi scontri si sono sempre conclusi con un esito positivo e con il raggiungimento di un compromesso.

Sembrava che anche questa volta Minsk e Mosca dovessero riproporre le tradizionali modalità di contrattazione: sul tappeto, il debito della Bielorussia sul gas a causa del quale la Federazione Russa aveva sospeso le forniture di petrolio.

Tuttavia, le battaglie per il gas e il petrolio hanno prodotto come esito uno strascico sorprendentemente lungo di richieste da parte del Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. Alcune di tali richieste sono sfociate in azioni assolutamente non conformi alle regole dell’unione. Secondo gli esperti, lo strappo tra Mosca e Minsk si starebbe solo approfondendo. Indipendentemente dalla piega che prenderanno le relazioni tra i due stati, si aggiunge ora una novità: al Cremlino si è cominciato a valutare con maggiore ostilità la virata impressa da Lukashenko ai rapporti tra Russia e Occidente. Ecco quale piega potrebbero prendere le relazioni nei prossimi anni.

Primo scenario: una nuova riconciliazione

Malgrado la profondità delle contraddizioni emerse, lo scenario di una nuova “riconciliazione” resta il più probabile. Esiste un intero pacchetto di questioni di cui Minsk intende rimanere l’indiscusso beneficiario, agendo secondo lo schema attuato da un ventennio. “Lukashenko alza l’asticella e poi elargisce delle piccole concessioni, ma alla fine riesce a ottenere una porzione considerevole di ciò che vuole”, dichiara a Rbth l’esperto di tendenze liberali Yurij Korgunyuk, direttore della Sezione di Politologia della Fondazione Indem.

A favore di questo scenario esistono argomenti consistenti. Per esempio, le forniture russe di petrolio che di fatto sostengono l’economia bielorussa. La Bielorussia è solita vendere i suoi prodotti petroliferi all’Occidente, ottenendo in tal modo proventi dalle sue esportazioni grazie al petrolio russo a buon mercato. Perdipiù, l’economia bielorussa appare legata strettamente al mercato russo (nel 2015  la quota della Russia nel fatturato bielorusso era del 48,3%).

“È assai probabile che Lukashenko cerchi di ripristinare la situazione del passato”, concorda Vladimir Evseev, direttore della Sezione per l’integrazione eurasiatica e lo sviluppo dell’organizzazione di Shangai per la cooperazione (Sco) dell’Istituto di ricerca sui Paesi della Csi. “La Russia finora era disposta a cedere in questo genere di diatribe e Lukashenko si aspetta lo stesso atteggiamento, ma non si è reso ancora del tutto conto che la situazione è cambiata e che l’’epoca dei pasti gratis’ è finita”, dichiara Evseev a Rbth, rilevando che nei suoi ammiccamenti verso l’Occidente Lukashenko ha oltrepassato il limite (per esempio, malgrado gli accordi stipulati, si è rifiutato di accogliere una base aerea russa nel Paese).

A dire il vero anche Mosca non sa cosa fare. Il modello “petrolio in cambio di abbracci” non è più applicabile e probabilmente i prezzi del gas per la Bielorussia alla fine aumenteranno. “Ma al Cremlino sanno bene che il regime di Lukashenko non può resistere a lungo senza queste dotazioni. Occorrerà foraggiarlo per evitare il rischio di una seconda Ucraina”, sostiene Korgunyuk.

Secondo scenario: la Russia sceglie l’Occidente

Tale scenario presuppone che Lukashenko non abbia un’altra “exit strategy” e che scelga la strada verso l’Occidente, cosa che però implicherebbe una prosecuzione del processo di scontro con la Russia.

“Negli ultimi tempi la posizione dell’Occidente verso la Bielorussia si è notevolmente ammorbidita”, rileva Andrej Kortunov, direttore generale del Consiglio russo per gli affari internazionali. Lukashenko ormai non è più considerato “l’ultimo dittatore d’Europa” e ha calamitato su di sé l’attenzione dell’establishment per un’altra qualità, il suo ruolo di mediatore di pace.

Ma in primo luogo percorrere questa strada non è agevole.  Tutto ciò che può proporre l’Europa alla Bielorussia, in una condizione di risorse limitate e di stanchezza causata dai conflitti geopolitici, è un appoggio di tipo politico. “Solo che alla Bielorussia non occorre, la Bielorussia ha bisogno di prestiti in denaro che non le verranno mai concessi e di petrolio a basso prezzo”, sostiene Evseev.

In secondo luogo, Lukashenko non  ha perso il suo status di “dittatore”. Per un momento lo si è semplicemente dimenticato e poi inevitabilmente è tornato alla memoria, e nel suo ruolo di enfant terrible non serve a nessuno. Lukashenko continua a restare un autocrate e questo stride con le regole europee.

L’esito di un simile scenario potrebbe essere nel complesso deplorevole per Minsk. In sostanza, porterebbe al suicidio politico di Lukashenko: l’aiuto dell’Europa risulterebbe effimero, la Bielorussia verrebbe tenuta costantemente in una morsa e privata delle “elargizioni” russe.

Terzo scenario: un cambio di potere e nuove relazioni con Mosca

Questa sarebbe la via d’uscita più avveniristica e potrebbe realizzarsi solo nel caso in cui la Bielorussia dopo aver cercato inizialmente di integrarsi nell’Ue, non reputasse le condizioni accettabili. In tal caso la sua leadership risulterebbe in una situazione difficile e sarebbe costretta a dimettersi per essere sostituita solo da qualcuno che accettasse le condizioni poste dalla Russia.

Ma la variante di un rovesciamento del potere per opera delle strutture di sicurezza risulta per ora impraticabile: “Una seconda Maidan non è possibile senza un’ingerenza esterna. Se dovessero essere gli Stati Uniti a interferire, nelle relazioni russo-americane non si realizzerebbe nessun miglioramento. L’Unione Europea dopo l’Ucraina non ha nessun bisogno un esito come questo”, ritiene Evseev, precisando che i bielorussi non imbraccerebbero mai il fucile per la banale ragione che bisognerebbe prima rifornirli di fucili. Inoltre, non esiste nessuno che possa prendere il posto di Lukashenko. Così alla fine si è costretti a stare con lui, non c’è altra alternativa”, sintetizza Kargunyan.

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