La moda russa dei primi anni del Duemila: come è nata l’industria del fashion (FOTO)

Lifestyle
NADYA KUPRINA
Sullo sfondo del boom petrolifero, gli stilisti russi si sono fatti largo in tutte le nicchie del settore, dall’haute couture al mercato di massa. E i loro capi hanno iniziato a essere indossati anche dalle star di Hollywood e della musica mondiale

Il contesto storico sociale

La moda alternativa degli anni Novanta è passata alla storia più che altro come performance artistica. Quei capi ad effetto non sono diventati di uso comune. Ma dopo la crisi, la devastazione economica e il fiorire di mercati cinesi (come il famigerato mercato moscovita “Cherkizovskij”, dove faceva acquisti mezza Russia, il Paese entrò in una nuova era della moda.

Con l’inizio del nuovo millennio, le rendite del petrodollaro crearono un pubblico con una certa disponibilità economica, e gradualmente nuovi stilisti con i loro marchi di abbigliamento iniziarono ad apparire sullo sfondo dei giganti come le case di moda di Vjacheslav Zajtsev, Valentin Judashkin e il suo protetto Igor Chapurin, che avevano definito il volto della moda russa negli anni sovietici e nel periodo di mezzo seguito al crollo dell’Urss. Ognuno dei nuovi stilisti aveva uno stile distintivo, che si rifaceva alle fiabe russe, all’arte khokhlomá o alla moda di strada dei quartieri dormitorio.

Le “prime rondini” furono i marchi di alta moda, seguiti dalla variante prêt-à-porter, e alla fine del decennio il mercato di massa si stava già sviluppando attivamente. Il crollo della produzione tessile propria degli anni della Perestrojka e del post crollo dell’Urss portò a usare tessuti importati. La variante più frequente era che il disegno creato in Russia veniva cucito in Cina, Vietnam, Sri Lanka e altri Paesi asiatici. Oggi la produzione tessile è in fase di rilancio (per quanto riguarda non solo il design, ma anche la sartoria). I giovani marchi di abbigliamento russi puntano sul concetto di “Made in Russia”. Questa strada è stata percorsa in meno di vent’anni. Ed è iniziata nei primi anni Duemila.

Romanticismo e glamour

Uno dei primi marchi di moda nazionali di successo della nuova era è stato il marchio della stilista Aljona Akhmadullina. Originaria di San Pietroburgo, con un passato da modella e poi una formazione mirata, si è fatta notare già negli anni della scuola. Nel 2001 è apparso il marchio “Akhmadullina” e quattro anni dopo la stilista ha presentato la sua collezione basata sulla fiaba “Mukha-Tsokotukha” alla Settimana della moda di Parigi. 

La stilista ha sviluppato sistematicamente il marchio. I primi pezzi sono stati posizionati come haute couture. Secondo tutti i canoni del genere, Akhmadullina ha presentato le sue collezioni in una boutique di marca a due piani nel centro di Mosca, il cui interno assomigliava a una casa da fiaba. Nel 2010 il marchio si è affermato e la stilista ha lanciato il segmento di massa “Akhmadullina Dreams”, oggi venduto nei principali centri commerciali.

Quasi parallelamente a questo marchio per persone romantiche e dell’intellighenzia, è nato il marchio di un’altra giovanissima (all’epoca la ragazza aveva solo 14 anni!) la couturier Kira Plastinina. 

Grazie a una buona sponsorizzazione la stilista poté partire forte. Le campagne promozionali di Kira Plastinina divennero uno dei primi vividi esempi di pubblicità di moda e i suoi abiti apparvero immediatamente sulle pagine delle prime riviste patinate russe. Alle sfilate di Kira Plastinina parteciparono celebrità mondiali. Britney Spears, ad esempio. Il marchio “Kira Plastinina” offriva ai nuovi giovani immagini glamour accattivanti, ma non dimenticava gli abiti da ufficio per tutti i giorni. 

A metà degli anni Zero del Duemila, la stilista Sultanna Frantsuzova, “stagista” di Vjacheslav Zajtsev, ha lanciato il proprio marchio. Le silhouette femminili con tocchi retrò di Sultanna Frantsuzova erano realizzate in buoni tessuti. Il suo stile è diventato rapidamente riconoscibile e popolare. 

Alla fine del decennio a divenire popolari furono i capi della giovane stilista Vika Gazinskaja. La stilista ha interpretato abilmente le classiche silhouette Dior in chiave moderna. Lei stessa definisce il suo stile come “laconismo futuristico”. Oggi, il marchio “Vika Gazinskaya” è presente sul mercato insieme a noti nomi della moda occidentale.

Da più di vent’anni nell’industria della moda russa c’e anche la stilista Viktorija Andrejanova. Nei primi anni Duemila esercitava la professione già tempo, ma ha iniziato a svilupparsi commercialmente proprio allora. I modelli di Viktorija Andrejanova si adattavano perfettamente all’immagine delle donne d’affari, sempre più numerose. Erano laconiche, sobrie, ma eleganti, di status (la stilista realizza ancora oggi capi per le alte cariche  dello Stato). Lei afferma di essersi ispirata in gran parte al lavoro delle stiliste d’avanguardia Ljubov Popova e Varvara Stepanova.

Autoironia e gopnik

La moda maschile degli anni Zero del Duemila era molto diversa da quella di maestri come Valentin Judashkin. I giovani stilisti preferivano scandalizzare. Ma non nello spirito delle performance d’avanguardia. Questi abiti erano fatti per essere indossati. Denis Simachev, ad esempio, si è fatto un nome con questi capi. Oggi lo conosciamo più come ristoratore e festaiolo, ma da stilista Simachev è stato uno dei primi a utilizzare motivi tradizionali come i disegni Khokhloma e Gzhel, tipicamente russi, nel design di abiti accessibili e ordinari. A metà degli anni Duemila, una maglietta con stampe vivaci stilizzate in Khokhloma era un lasciapassare per i nightclub moscoviti più cool. Lo stilista puntava sull’épatage; sullo scioccare lo spettatore: alle sue sfilate, le modelle sfilavano con colbacchi e trecce finte. Simachev amava sfruttare i meme dell’epoca, come le T-shirt con la scritta “Petrolio” stilizzata in cirillico o il motto di un’intera generazione “Tsoj è vivo!”

Lo stilista Gosha Rubchinskij, rappresentante della generazione successiva, si è spinto ancora più in là in questo percorso di ironia nazionale. Si è fatto conoscere nel 2008 con la collezione maschile “Impero del Male”, che sfruttava i simboli con cui la Russia è celebre in Occidente, come l’orso, l’aquila bicipite e il riconoscibile carattere cirillico.

Le linee successive, che sono andate esaurite in massa, erano ispirate alla cultura di strada delle periferie urbane. I gopnik con le loro magliette alcoliche, i bomber degli anni Novanta e le tute da ginnastica indossate dai fratelli “del quartiere” sono diventati improvvisamente ultrapopolari. E non solo all’interno del Paese, ma anche all’estero. Rubchinskij è stato invitato a esposizioni autorevoli come Pitti Uomo, è diventato un pupillo della leggendaria Rei Kawakubo (fondatrice del brand Comme des Garçons), e i rapper americani si sono presentati volentieri in pubblico con i suoi abiti che romanticizzano gli anni Novanta russi.

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L’alta moda russa

Il primo decennio del Duemila ha visto anche il lancio di marchi di alta moda russi di successo. Lo stilista Aleksandr Terekhov si è formato presso Yves Saint Laurent e nel 2004 ha presentato la prima collezione di abiti con il proprio marchio. I capi firmati “Alexander Terekhov” sono una versione “indossabile” della fantasia. Sono i primi abiti da sera di produzione russa degli anni Duemila che non avevano nulla da invidiare alle case di moda parigine, di cui la capitale russa vide una forte espansione in quel periodo (apparve allora un intero quartiere del lusso, vicolo Stoleshnikov, vicino al Cremlino).

La stilista Julia Janina e la sua “Yanina Couture” sono un altro buon esempio. Il marchio è nato a metà degli anni Novanta ma è con il nuovo millennio che si è affermato nella nicchia degli abiti ultra costosi per la vita mondana. La stilista si affidava a tecniche complesse come il ricamo a mano e a immagini altrettanto complesse che richiamavano l’arte bizantina e barocca. I suoi capi, tra l’altro, erano ambiti non solo dalla nuova élite russa, ma anche dalle star occidentali. Tutti, da Celine Dion e Jennifer Lopez a Lady Gaga e Beyoncé, hanno indossato i suoi abiti sui red carpet e ai Grammy. 

Un’altra gran dama della moda russa è Elena Jarmak. “La padrona della montagna di zibellino”, come l’ha definita la rivista “Vogue”, fino agli anni Novanta si occupava di… cibernetica. La sua formazione matematica l’ha aiutata a costruire un’azienda di successo e il suo talento artistico l’ha aiutata a trasformare la pelliccia russa in un marchio globale. Ha fatto talmente scalpore sulle passerelle che nel 2003 è stata dichiarata all’unanimità “Miglior stilista straniero dell’anno” alla Settimana della moda di New York. Lady Gaga e Beyoncé indossano cappotti di pelliccia “Helen Yarmak”. La specificità dei suoi lavori è l’assenza di modelli stereotipati: lavora con la pelliccia e non ha paura di sperimentare. Propone colori vivaci e modelli insoliti.

Verso l’affacciarsi degli anni Dieci, il marchio “Tegin Fashion House” di Svetlana Tegin si è affermato come marchio premium e sono apparse nuove case di moda russe, ancora oggi famose, come, ad esempio, il marchio di Uljana Sergeenko (indossato, ad esempio, da Angelina Jolie).

Hanno aperto bottega i primi concept store e ha cominciato a formarsi un pubblico. E grazie a progetti multimarca come “Sunday Up Market” e ai loro corner nei grandi magazzini di abbigliamento firmato come lo “Tsvetnoj”, le start-up della moda russa, rivolte al pubblico più ampio e creativo, hanno iniziato gradualmente a svilupparsi e a vendere.


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