Abito firmato da Nastja Mikhailovskaja
Sergej Borisov/МАММ/MDFElena Khudjakova in tuta sportiva e in tuta da lavoro. Entrambe le tute sono realizzate su disegno di Varvara Stepanova, 1985
Foto d'archivioProveniente da una famiglia della nomenklatura, formalmente studentessa dell’istituto di architettura MARKHI, da adolescente si è interessata al fashion design e, appena ha trovato una possibilità, si è dedicata completamente alla sua occupazione preferita. Le prime collezioni della Khudjakova risalgono alla fine degli anni Ottanta e sono dedicate a un ripensamento creativo dei costumi dell’Avanguardia. Si rifà alle opere della più famosa stilista dei primi anni dell’Urss, Nadezhda Lamanova (1861-1941), e utilizza pattern e forme simili ai modelli degli ultimi anni del Paese sovietico. Khudjakova è diventata famosa per la sua versione del vatnik (tra l’altro, tornato di moda tra i giovani) e degli abiti da lavoratori, oltre che per gli accessori nello stile dei porte-épée (le cinture “portaspada” in pelle).
Quindi della Khudjakova si sono appassionati in Occidente. I suoi abiti, che si rifacevano all’estetica dell’arte sociale in modo ironico, come lei stessa ha affermato, sono apparsi sulle pagine della rivista “The Face”. Lei si è trasferita a Londra, dove ha lavorato nell’industria della moda. Elena ha vissuto una lunga vita – tutti gli ultimi anni all’estero – concentrandosi sulla creazione artistica. Così, nel 2014, un anno prima della sua morte, si è tenuta a Londra una sua mostra personale, una sorta di corporazione del suo lavoro, per lo più dedicato in modo ironico all’eredità socialista.
La moda dei fratelli Polushkin
Gleb Kosorukov, Andrej Molodkin/МАММ/МDFI gemelli Alik e Nikolaj, tecnici di formazione, erano appassionati di rock russo e passavano tempo in questo ambiente. Hanno iniziato a cucire abiti per gli amici, una volta che si sono interessati al processo creativo. I Polushkin sono sempre stati nell’ambiente bohémien e con l’arrivo degli anni Novanta hanno iniziato a cucire i vestiti per i primi clubber. La loro collezione più famosa, FashFashion, risale al 1993. Le sue immagini minimaliste nascondono un messaggio antifascista. Gli stilisti hanno dichiarato che il loro obiettivo principale era quello di contrapporre qualcosa di nuovo e originale al passato sovietico.
La moda dei fratelli Polushkin
Gleb Kosorukov, Andrej Molodkin/МАММ/МDFIl materiale preferito del duo è la seta, che sapevano lavorare come nessun altro. Gli stilisti cucivano molto su misura e lo fanno ancora. Alik si interessa più all’arte. L’ultima collezione di Nikolaj, uscita nel 2016, è stata realizzata con un nuovo materiale, a base di fibre di canapa.
L’artista Aleksandr Petljura al Museo di Mosca, 2018
Ekaterina Chesnokova/SputnikArtista di formazione e ora collezionista di abiti vintage, Aleksandr Petljura è diventato uno dei pionieri della moda alternativa dopo il crollo dell’Urss. Ha iniziato organizzando concerti rock. Negli anni Novanta, nel Paese fiorirono gli squat, dove si riunivano i giovani creativi. Uno di questi era organizzato da Petljura, e le sue prime sfilate si sono tenute in questo luogo particolare. Le sfilate venivano messe in scena come performance. I protagonisti erano gli stessi abitanti dello squat. Così, per molti anni la musa di Petljura e la particolarità delle sue sfilate fu la signora Armour, un’anziana che si vestiva volentieri con i costumi più bizzarri creati dalla fantasia dell’artista. L’erede è stato lo spazio artistico DK Petljura, ben noto a tutti gli appassionati dell’underground ben oltre i confini della Russia.
Dalla serie “Le mode di Petrovskij Boulevard”, della comune artistica (squat) “Riserva d’arte sul Petrovskij Boulevard”
Gleb Kosorukov/МАММ/MDFIl vintage sovietico raccolto da Petljura si è trasformato infine in una grande collezione, suddivisa in sezioni su temi diversi. E tutto insieme si è trasformato in una grande enciclopedia della moda: “L’impero delle cose”, composta da 12 collezioni-volumi dedicati alla storia del Paese attraverso abiti e accessori. I costumi di Petljura erano un esperimento artistico e pura arte. Successivamente, l’artista si è concentrato sulla performance e sul teatro.
Un capo della collezione “Ciglia” del duo “La Re”, 1995. Dalla mostra “La moda alternativa prima dell’arrivo di quella patinata, 1985-1995”
GarageLarisa Lazareva e Regina Kozyreva erano modelle nelle sfilate underground, poi si sono unite e hanno iniziato a cucire i loro abiti. Le immagini del duetto “La Re” erano straordinarie, strane e memorabili. Così, una delle collezioni più famose delle stiliste fu la linea di abiti da sera “Ciglia”: abiti stretti e lunghi fino al pavimento con buchi, decorati con “ciglia” lunghe un metro fatte di neve artificiale. Le ragazze stesse definivano il loro stile come “glamour punk”. Le sfilate che organizzavano erano spettacoli teatrali, non a caso per molto tempo il nome del duetto era “Teatro”. “La Re” erano spesso protagoniste ai festival di moda alternativa organizzati a Riga in quel periodo. Negli anni Novanta l’evento divenne noto in Occidente, e vi parteciparono le star europee della moda alternativa.
Il duo “La Re” era attivo anche negli squat, nei club e nelle gallerie. Per i loro abiti usavano i materiali più strani, come la segatura, e gli accessori erano fatti con oggetti schiacciati dai tram. La fine degli anni Novanta è stata segnata da abiti con esperimenti tecnici: parti cadevano dalle tute e meccanismi di orologeria funzionavano all’interno delle scarpe. Il duetto non sopravvisse al millennio. Le ragazze si separarono e cambiarono sfera di attività. Larisa Lazareva, ad esempio, si è data al giornalismo e per molti anni è stata a capo della sezione moda della rivista “Men’s Health”.
L’artista Georgij Ostretsov
Andrej Bezukladnikov/МАММ/MDFIl famoso artista concettuale ha sempre percepito la moda soprattutto come una dichiarazione d’arte. Ha iniziato a confezionare abiti su suggerimento del leggendario Garik Assa, il padre dell’underground russo, come lui stesso si definiva, ed era solito tenere défilé nello squat “Detskij Sad”. Alla fine degli anni Ottanta, l’artista polemizzava con la politica di partito nelle sue collezioni, vestendo i modelli con costumi quasi buffoneschi e scarpe fatte con parti di giocattoli per bambini. Ogni mostra di Ostretsov si trasformava in una vera e propria performance.
Gosha con quattro modelle in abiti di sua creazione
Sergej Borisov/МАММ/MDFEmigrato a Parigi, Ostretsov continuò a lavorare sia come artista che come couturier. Ha collaborato con Jean-Charles De Castelbajac, Jean-Paul Gaultier e Kenzo (soprattutto collezioni di scarpe). Si è poi spostato nuovamente in Russia e oggi si dedica alla creazione artistica, realizzando soprattutto dipinti distopici nello stile dei fumetti.
L’artista e stilista Andrej Bartenev. 1997
Yurij Abramochkin/SputnikIl famoso artista ha realizzato abiti che sono stati un’icona degli anni Novanta. Anche se i progetti di Bartenev non si possono definire abiti. Si trattava piuttosto di oggetti d’arte in cui sfilavano sia lui che le sue modelle. Lo stilista ha partecipato attivamente alle “Assemblee della moda” di Riga, presentando una collezione più strana dell’altra. In tutte si respirava un’indiscutibile voglia di libertà creativa e di autoespressione senza limiti. Sulla passerella hanno sfilato giganteschi personaggi a forma di frutta o di sottomarino. Bartenev stesso definiva il suo lavoro non come design, ma come performance in costume (non c’è da stupirsi: è un regista teatrale di formazione). Uno dei suoi progetti più famosi di questo tipo è stato lo spettacolo Faust, che presentava ingombranti tute spaziali per un viaggio immaginario in compagnia di Mefistofele. Negli anni Novanta, performance di questo tipo hanno invaso i club e le gallerie d’arte, dove Bartenev si presentava in folli kokoshnik, costruiva incredibili costruzioni sulla testa e sul corpo e non aveva mai paura dei colori accesi, persino acidi. Ancora oggi, di tanto in tanto, fa parlare di sé.
Andrej Bartenev durante una sfilata al Titanic club di Mosca, 14 gennaio 1998
Aleksandr Uchkin/TASSIn Europa, Bartenev è noto soprattutto come costumista. In questa veste, ad esempio, ha partecipato alle produzioni del famoso regista Robert Wilson. L’autore ricorda il suo lavoro negli anni Novanta come un carnevale, uno spettacolo sfrenato pieno di provocazioni e fantasmagorie.
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