Ma quanto è buono il “VolgaDon”? Il formaggio che nasce in Russia ma ha il cuore italiano

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Il caseificio di Andrea Chiusoli Certani, oltre mille chilometri a sud di Mosca, rifornisce la zona di Rostov sul Don di mozzarella, caciocavallo, provola, scamorza… Ma il leader delle vendite è questa caciotta nata per caso, perché latte e clima diversi rispetto all’Italia danno spesso origine a consistenze e sapori insoliti, ma non per questo meno squisiti

Andrea Chiusoli Certani si è trasferito a Volgodonsk, nella Regione di Rostov sul Don (1.135 km a sud di Mosca) undici anni fa. Ora lì ha una famiglia e un proprio caseificio, “Abate nero”, che fornisce formaggi duri e molli alle città della regione. Andrea dice che presto il “formaggio del Don” raggiungerà altre località in giro per la Russia. 

In Italia, Andrea viveva e ha studiato a Bologna. “Là è bello, e tutto è buono, e non serve neanche la macchina, si può andare a piedi dappertutto”. Marina, che poi è diventata sua moglie, era invece di Volgodonsk…

Quindici anni fa lei andò in Italia per lavoro e lì conobbe Andrea, che era un amico di amici. Non ci sono mai state barriere linguistiche o psicologiche tra di loro: lei, insegnante di formazione, parlava già abbastanza bene l’italiano.

“Gli abitanti di Volgodonsk mi ricordano i napoletani”, dice il casaro. “Per me è facile avere a che fare con loro.”

“Quali sono state le sue prime impressioni sulla Russia?”, gli chiedo.

“Non quelle che mi aspettavo. In Italia si pensa spesso che in Russia ci siano gli orsi polari e che la gente sia silenziosa, non rida mai, non sia felice. Ma non è vero: qui è Sud; la gente è allegra, ama mangiare bene, parlare, uscire, e andare a fare bisboccia con gli amici. Non c’è una grande concorrenza qui. La gente dice: voglio questo formaggio, ne voglio un altro. Li ascoltiamo e facciamo il formaggio che vogliono.”

A Volgodonsk, che conta 170 mila persone, Andrea è l’unico italiano. “Anzi no”, ricorda, “recentemente ne è apparso un altro; un pensionato, che si è sposato qui. Parliamo ogni tanto, ma a causa degli impegni non lo facciamo spesso”.

Andrea si trasferì qui definitivamente un anno dopo il suo primo viaggio in Russia. La sua famiglia in Italia era perplessa: cosa mai ci trovava laggiù di tanto speciale? Ma la nascita del primo figlio e l’apertura di un’attività hanno convinto tutti. 

Le particolarità del latte russo

“Ho frequentato l’università e, dopo essermi laureato, ho lavorato come ingegnere agronomo. In Russia non esiste questa professione, ma in Italia un ingegnere agronomo progetta tutto in un’azienda agricola; si occupa della progettazione completa. Ecco cosa facevo. Ma ho anche studiato tecnologia alimentare: come fare il burro, il vino e il formaggio. Ho un dottorato in agronomia. Nei vent’anni in cui non ho usato queste conoscenze, ne ho dimenticate molte, ma qui mi sono tornate utili.

Il caseificio della famiglia Chiusoli Certani ha aperto i battenti nel 2015. 

“Il problema principale era il latte”, racconta Andrea. “Le mucche italiane e le mucche russe sono molto differenti! In Italia è diffusa la razza frisona, ottima per i formaggi. Nel Sud Italia ci sono mucche che danno poco latte, ma perfetto per il caciocavallo. Questa razza è raramente allevata a livello industriale, perché ha resa bassa. E non è disponibile qui. Ma qui ci sono mucche Jersey: la mozzarella ci viene abbastanza buona, ma non perfetta. Un buon latte locale lo dà la razza che viene detta “della steppa”, ma le fattorie qui hanno spesso mucche diverse, con razze miste, e anche il formaggio quindi è sempre diverso.

“Se dovesse associare la Russia a un formaggio, quale sarebbe?”, gli chiedo.

“Nessuno. La assocerei al tvorog e alla bryndza”.

“E il formaggio che noi chiamiamo “russo” [rossijskij syr]?

“Russistico? Non è vostro. Si trova in Francia, in Germania, in Inghilterra, ovunque. È un formaggio ‘industriale sistemico’. È stato prodotto a partire dagli anni Cinquanta del Novecento: era veloce, economico, conveniente da produrre. In Italia pure si può trovare. Ma io non mangio quel tipo di formaggio.”

Le varietà di formaggio e i prezzi

La famiglia Chiusoli Certani produce 10-12 tipi di formaggio. Il loro negozio non è in centro: non lo si trova per caso. L’assortimento è costruito sui gusti dei clienti affezionati: due tipi di formaggio stagionato, 3-4 tipi di caciotta semimolle, e diverse varietà di formaggi duri e semiduri. E poi latte, kefir e yogurt: tutti naturali, senza additivi.

Il formaggio “VolgaDon” è quello che vende di più. Ha un sapore pepato, è cremoso e ha un profumo di erbe. Andrea dice che questa varietà è nata per caso: provavano a fare qualcosa di simile alla Casciotta di Urbino ed è venuto fuori il VolgaDon. In ogni caso è un formaggio eccellente. In generale, per via del latte diverso e del clima differente, anche seguendo pedissequamente le ricette italiane nascono spesso nuovi sapori. “Abate nero si permette di sperimentare. Le cose che non piacciono ai clienti smettiamo di farle, ma ciò che i clienti amano rimane in produzione: il VolgaDon e la caciotta li vendiamo 850 rubli/kg, il caciocavallo a 1.220 rubli/kg, il gorgonzola a 2.130 rubli/kg” [al cambio di luglio 2022 sono rispettivamente: 13,20 euro; 18,90 euro e 33 euro].

“È solo Andrea a testare la qualità del formaggio?”, chiedo a Marina.

“Sì, perché a noi il formaggio sembra sempre comunque buono, mentre lui si accorge se manca quel qualcosa. Per questo motivo assaggia personalmente tutto”.

Il “noi” significa Marina e le due dipendenti del caseificio. Andrea dice che da tempo cerca una venditrice che ami il formaggio e possa parlarne come fa lui. Ma finora non è stata trovata una ragazza così dedita alla causa e appassionata.

“La gente non vuole lavorare con le mani, è più interessata a farlo in questo modo”, e imita con le dita lo sfogliare delle immagini su uno smartphone.

“È un problema russo?”, gli chiedo.

“Oh no! È così anche in Italia, probabilmente  in tutto il mondo. La Russia non è sola in questo caso.”

“E in cosa invece è unica?”

“In Russia c’è molto spazio. Ho guidato fino ad Astrakhan passando per la Calmucchia. Guidavo lungo la strada, e mi guardavo intorno per vedere cosa c’era lì. Niente! Neanche un albero. Solo terra, cielo e… un po’ di pecore”

“Lo trova noioso? Non succede mai niente…”

“No! È meraviglioso che non succeda nulla! Tutti sono in silenzio, nessuno disturba. C’è solo il vento. È ottimo per riflettere”.

Qualche consiglio a chi vuole aprire un caseificio in Russia

Ad Astrakhan Andrea ha trovato la cosa più buona del mondo (dopo il formaggio, ovviamente,  che per lui non ha rivali). Si tratta delle angurie. Dice che in nessuna parte del mondo i cocomeri sono così dolci e buoni come nel Sud della Russia. Le mele sono al secondo posto. Poi vengono pelmeni, borsch e chebureki

“E l’halva?”

“Sarebbero quei semini pressati zuccherosissimi? No, non è il mio genere. Le torte non sono male… In Russia ci sono buone torte. Quanto al pane, invece, non trovo molta varietà. Pane in cassetta, baguette e ciabatta. In Italia in ogni città abbiamo molte varietà di pane e prodotti da forno. Focaccia, grissini, michette, rosette…” 

“Che consiglio darebbe a chi decide di intraprendere l’attività casearia in Russia?”, gli chiedo.

“La prima cosa da sapere quando si apre un caseificio è il tipo di formaggio che si intende produrre. Molte persone vengono da me e mi fanno: ‘Andrea, che tipo di macchinari dobbiamo comprare?’. ‘Che tipo di formaggio vuoi fare?’. ‘Tutti’. No, non funziona così. Siamo artigiani, non possiamo produrre molto formaggio. Una quantità eccessiva è negativa per il business. La gente si accorgerebbe dell’inganno e se ne andrebbe, non si può fare così”.

Andrea è deluso dal fatto che i suoi clienti sottovalutino i formaggi di capra, che secondo lui sono invece i migliori: non danno allergie e sono consigliati per i bambini. I figli di Andrea, Arturo e Oddo, sono cresciuti proprio con questi formaggi. Entrambi studiano inglese e praticano judo. 

Russificato… ma fino a un certo punto

“Io mi sono un po’ russificato. Quando parlo con i russi, mi rendo conto che ora vedo le cose come loro. Un esempio sciocco: in Italia ci sono tre pasti al giorno a orari rigidi. La colazione al mattino, il pranzo dopo le 12 e la cena alla sera. Se si arriva alle 15 in un ristorante, la cucina è già chiusa e bisogna aspettare la sera. In Russia si può mangiare quando si vuole, quando si ha fame. All’inizio mi sembrava strano. Ma l’ultima volta che sono stato in Italia e ho avuto fame, non era l’ora giusto e tutto era chiuso. E ero indignato: perché fanno così? Mi sono abituato a vivere alla russa”.

“In quali città russe è stato e quali le sono piaciute di più?”, chiedo.

“Sono stato a Elista, Mosca, Astrakhan, Krasnodar, Gelendzhik, Sochi. E a Rostov sul Don, che è una città bellissima. Ma è molto grande, e non mi piacciono le grandi città, mi piace che tutto sia a portata di mano.

“Sono venuta qui proprio da Rostov e durante il tragitto ho mangiato il formaggio al cioccolato di produzione russa. Volevo portargliene un po’ ad assaggiare, ma poi non mi sono attentata…”

“Formaggio al cioccolato? Oh no! Mi sono russificato, ma non fino a questo punto! È come il vostro vino: dolce, semi-dolce. Non è vino, sembra Coca-Cola. Bisogna mangiare in modo pulito. Se volete un formaggio dolce, fate un dessert con la ricotta, si sposa bene con i dolci, con la frutta. E anche il mascarpone è ottimo con i dolci…”.

“Andrea”, lo interrompo, “sa che in russo di una persona che si è ben sistemata si dice: ‘kak syr v masle kataetsa’; che ‘gira come il formaggio nel burro’. Lei si sente così?”.

“Non lo so, ma qui mi piace. Per le vacanze mi piace l’Italia, me quanto a lavorare e vivere, sto bene qui. Anche in Italia, comunque, abbiamo diversi proverbi sul formaggio. Uno dice ‘Сacio è sano, se vien di scarsa mano’. Per me funziona proprio così: bisogna fare un po’ alla volta, senza fare il passo più lungo della gamba’.

La versione completa di questo articolo è stata originariamente pubblicata sulla rivista “Нация/nationmagazine.ru” 


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