Pensate che la vostra infanzia sia stata felice? Allora non conoscete quella dei bambini sovietici

V.Titov/TASS
Prima che si diffondessero videogiochi, internet e smartphone c’erano infinite giornate nei parchi giochi, onnipresenti nei cortili dei palazzoni dell’Urss. Ecco quali erano i divertimenti in voga, e cosa si stanno perdendo le nuove generazioni

I piccoli e accoglienti cortili incastonati tra i palazzi erano l’intero universo per la maggior parte dei bambini di città in epoca sovietica e nella Russia degli anni Novanta. In questi spazi, molto prima della comparsa dei social network e del virtuale, i bambini facevano amicizia, giocavano, litigavano e rimanevano dall’alba al tramonto, o fino a quando la mamma non li richiamava a casa. Sebbene non ci fosse un “Ministero della cultura del cortile”, in qualche modo i bambini da Kaliningrad a Vladivostok giocavano a giochi quasi identici, e, nonostante le distanze, condividevano gli stessi sogni d’infanzia. Ma come erano questi mondi fatati?

Giochi all’aperto

I giochi di solito erano specifici per genere, ma a volte erano misti tra maschi e femmine. In generale, si trattava di gare e dimostrazioni di abilità. La “Campana” perfezionava le abilità nel salto, mentre “Cosacchi e banditi” (la versione russa di “Guardie e ladri”) insegnava ai bambini a nascondersi, dar la caccia e scappare.

Uno dei giochi più popolari tra le ragazze era il salto con le corde elastiche (rezinochki). Tre ragazze avevano una lunga fascia elastica circolare: due di loro ci si mettevano dentro, tendendola con il loro corpo, mentre la terza doveva saltare ed eseguiva una serie di mosse sempre più difficili. L’anello veniva gradualmente sollevato alle ginocchia, alle cosce, alla vita delle due ragazze che reggevano l’elastico e se chi saltava era abbastanza abile persino al petto! Se il saltatore commetteva un errore, doveva prendere il posto di uno dei reggicorda.

Un altro gioco molto amato era “Buttafuori” (una versione russa di “Palla avvelenata”). Due avversari si trovavano ai lati opposti del campo e lanciavano una palla, cercando di colpire gli altri che si muovevano cercando di evitare di essere colpiti. Se la palla ti colpiva, dovevi lasciare il campo di gioco. L’ultimo giocatore rimasto doveva evitare la palla per tante volte quante la somma della sua età più uno. Se non ci riusciva, doveva prendere il posto della persona che lo aveva colpito.

I ragazzi giocavano poi spesso a vojnushka (alla guerra), a volte contro i bambini del cortile vicino. C’erano gradi proprio come nel mondo degli adulti: soldati, generali, spie e crittografi (gli eserciti inventavano il proprio codice per comunicare senza essere capiti dal nemico).

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Bizzarre filastrocche

Ogni gioco aveva regole e filastrocche. Prendiamo, per esempio, il celeberrimo sasso-carta-forbici della morra cinese. Quando i bambini iniziavano a giocare, gridavano: “Tsu-E-Fa.” La frase è priva di significato in russo, ma in realtà, in cinese significa “Per favore, inizia” (il gioco è arrivato in Russia dalla Cina negli anni Venti). In alcune regioni i bambini dicevano: “kamano, margano, tsu-e-fa”, “chi-chi-ko”, “u-e-fa”, (“uno-due-tre”). Ci sono forse centinaia di varianti con cui i bambini hanno pronunciato questa filastrocca.

Quando i bambini dovevano scegliere un ruolo, facevano la conta così: “Eniki-beniki eli vareniki, eniki-beniki-klyots! Vyshel Sovetsky matros!” (“Eniki e Beniki mangiavano i vareniki, Eniki-Beniki-qui! Il marinaio sovietico uscì!”). Ecco come veniva scelto l’ultimo bambino. Alcuni credono che “enik” e “benik” siano nomi di bambini, ma altri dicono che si tratta di antiche rime latine modificate.

Ecco un’altra semplice filastrocca per scegliere i giocatori: “Sul portico d’oro sedeva: lo zar, il figlio dello zar, il re, il figlio del re, il calzolaio, il sarto. Chi sarai?”

Il gioco delle rime, “Cigno”, è simile in molti Paesi, ma differisce un po’ in Russia. I bambini stanno in piedi in cerchio e si tengono per mano, e ognuno pronuncia una parola da quanto segue: “Un cigno volò sul cielo blu leggendo il numero del giornale numero cinque” (o qualsiasi numero). I bambini si toccano l’un l’altro, e l’ultimo bambino cerca di non essere toccato.

Masticare fiori

Cosa facevano i bambini russi quando volevano mettere qualcosa sotto i denti? No, non cercavano certo in tasca una gomma da masticare: i chewing gum sono apparsi in Russia solo negli ultimi anni dell’Unione Sovietica. Raccoglievano e masticavano dei fiori e delle erbe incredibilmente deliziosi.

Il sapore della Polmonaria scura, per esempio, era dolce e ricordava quello della marmellata. Si credeva che i lillà a cinque petali avessero proprietà magiche ed erano cercati e divorati in grandi quantità.

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In inverno, i bambini giocavano con la neve e il ghiaccio, e facevano anche cose incredibili. “Nella mia infanzia nevicava tantissimo in inverno”, racconta la responsabile marketing Valentina Pakhomova, di San Pietroburgo. “Quando c’era molta neve, mia sorella e le sue amiche scavavano stanze di neve nel giardino davanti casa per noi bambini più piccoli. Preparavano tavoli, letti e persino un frigorifero. E ci piaceva giocare lì: non avevamo altro da fare in inverno, e i nostri genitori ci mandavano sempre fuori per prendere un po’ di aria fresca”.

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“Raccoglievamo amelanchier e facevamo finta di essere principesse con la mia migliore amica”, racconta Tamara Grigorieva, insegnante di Mosca. “Trascorrere del tempo con gli amici nel cortile era molto meglio dei giochi tecnologici di oggi. Il vero gioco dal vivo e la comunicazione diretta danno sempre un’esperienza di vita più ricca di quella virtuale.”

La noia di tornare a casa

Le madri controllavano i loro bambini dalle finestre e gridavano quando arrivava il momento di tornare a casa a pranzo, ricorda Tamara. “La mia vicina, zia Ljuba, si sedeva spesso con me: viveva al quinto piano e gridava dall’alto, ma io ero troppo timida per urlarle in risposta”.

“Giocavamo nel cortile con la ragazza della porta accanto e i miei genitori ci guardavano da casa perché potevano vederci dalla finestra”, ricorda la blogger di Mosca Daria Sokolova. “Mia nonna permetteva a mio zio di giocare a calcio in cortile; vivevano al dodicesimo piano e lei era troppo pigra per urlare, quindi appendeva una bandiera rossa per segnalare quando era ora di rientrare”.

Tutti nel cortile si conoscevano. I bambini giocavano e gli adolescenti si davano i primi appuntamenti, mentre gli anziani sedevano sulle panchine e discutevano dei ragazzi. “Nell’infanzia, tutto sembra essere magico, persino il tuo cortile”, ha concluso Tamara. “Più tardi, quando siamo cresciuti, mi sono resa conto che il mio ragazzo in realtà aveva orecchie strane, le sue battute erano stupide, e la magia in qualche modo è scomparsa.”

Vi manca il vostro parco giochi d’infanzia? Parlatecene nella sezione commenti.

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