1. Il rossetto “russian red”
In italiano, rossetto rosso russo suona un po’ cacofonico, una specie di scioglilingua, e per questo non è entrato nell’uso. Ma il “russian red”, all’inglese, è, anche in Italia, come nel resto del mondo, una delle più popolari tonalità della cosmetica in fatto di rossetti per labbra (il codice del colore è #de282e).
In passato, la parola “krasnij”, che oggi vuol dire “rosso”, significava in russo “bello”, “onorevole”. Proprio per questo, la Piazza Rossa, Krasnaja Ploshchad, si chiama così; perché era (ed è) la Piazza Bella, la più importante della città (anche se, un tempo, pare si chiamasse “del Mercato” o addirittura “dell’Incendio”; perché spesso le bancarelle dell’affollato bazar andavano in fiamme).
Per farsi belle, migliaia di russe passano ogni giorno sulle labbra il rossetto “russian red”. La tonalità, però, in Russia viene chiamata semplicemente “alyj”, traducibile come “scarlatto” o “vermiglio”. Alyj per i russi possono essere una bocca di donna, un tramonto, il sangue, le rose o le bandiere della Rivoluzione; insomma, tutte cose che provocano sentimenti forti.
2. Le montagne russe
Le montagne russe sono state effettivamente inventate in Russia. Già gli antichi slavi amavano le discese in slitta dalle montagne e dalle colline. La cosa faceva impazzire anche Pietro il Grande (1672-1725), che dette un rango di attività statale al divertimento popolare, e ordinò la costruzione, alla periferia di San Pietroburgo, di speciali alte strutture, sulle quali venivano appoggiate delle pareti di legno in forte pendenza, che d’inverno erano cosparse d’acqua, per far formare il ghiaccio. Nella Reggia di Oranienbaum, una residenza imperiale a circa 50 chilometri da San Pietroburgo, una simile struttura a padiglione, disegnata dall’architetto Antonio Rinaldi, si è conservata. Qui amava scendere a rompicollo Caterina la Grande (1729-1796). Esistevano anche delle montagne estive, lungo le quali ci si gettava in carrellini di legno con le ruote. E avevano proprio questo aspetto gli spericolati giochi russi apparsi in Europa all’inizio del XIX secolo, quando a Parigi aprirono Les Montagnes Russes à Belleville. Le moderne roller coaster, con binario, seppur derivate dall’idea russa, furono invece inventate negli Stati Uniti, motivo per cui adesso, in Russia, le montagne russe si chiamano “montagne americane”.
3. La roulette russa
Le regole di questo gioco mortale sono semplici: nel tamburo vuoto di una rivoltella viene inserito un solo proiettile. Il tamburo viene fatto girare per far sì che chi gioca non abbia idea di dove sia il colpo, e poi il revolver viene poggiato a turno alla tempia, premendo il grilletto.
Da dove venga il nome, finora non è noto. Interessante, però notare che, nella letteratura russa del XIX secolo, piena di personaggi sempre pronti al duello, non si faccia alcuna menzione della “roulette russa”. Un gioco simile è però descritto nel romanzo di Mikhail Lermontov “Un eroe del nostro tempo” (1840), nell’ultimo capitolo “Un fatalista”. Anche se la prima apparizione della versione con un proiettile in un revolver con tamburo da sei colpi è nel racconto del 1913 di Aleksandr Grin “Il tiratore di Zurgaban”.
Ma il primo a usare l’espressione “roulette russa” è stato lo scrittore di origini svizzere Georges Surdez (1900-1949), nel racconto omonimo, scritto per la rivista americana “Collier’s” nel 1937. Surdez era specializzato in storie sulla Legione Straniera, a cavallo tra il giornalismo pulp sensazionalistico e la fiction. Nella storia, a parlare è un sergente francese, che serviva nella Legione Straniera, e che dice di aver visto, nel 1917, come gli ufficiali russi si dedicavano a questo terribile gioco, la roulette russa.
Un rischiosissimo gioco che era effettivamente diffuso tra i militari russi si chiama “kukushka”; “cuculo”. È una sorta di mosca cieca al contrario, e con le armi. Alcuni ufficiali bendati e con la pistola cercano di colpire un’altra persona che, dopo aver gridato “cucù!”, corre per la stanza. Una scena di questo gioco è rappresentata nel film del 1969 “Gori gori, moja zvezda!” (“Brilla, brilla mia stella”) di Aleksandr Mitta.
Secondo le testimonianze dei contemporanei, questi giochi potenzialmente mortali educavano i soldati zaristi (nel film siamo però già tra i Bianchi, durante la Guerra civile) al coraggio e all’indifferenza nei confronti della morte.
Ancora oggi ci sono posti in Russia dove si può giocare alla roulette russa, ma nella sua versione non letale, con pistole che danno solo un po’ di scossa.
4. Black Russian e White Russian
Anche in questo caso, come per il rossetto, si usa in italiano la locuzione inglese. Il Black russian è un classico dei cocktail, inventato nel 1949 dal barman belga Gustave Tops, dell’hotel Metropole di Bruxelles. Si compone di 5 cl di vodka e 2 cl di liquore al caffè (di solito il messicano Kahlúa, ma in Italia, spesso, il Caffè Borghetti). Gli ingredienti si mescolano direttamente nel bicchiere “old fashioned” con ghiaccio tritato.
La variante White Russian è nata invece negli Stati Uniti negli anni Sessanta e prevede l’aggiunta di panna liquida appena montata con lo shaker tradizionale, versandola direttamente nel bicchiere. Gli amanti del cinema sapranno che è il cocktail preferito di Drugo nel film “Il grande Lebowski” dei fratelli Coen.
L’appellativo di “russian” si deve solo all’uso della vodka come ingrediente principale. Per lo stesso motivo, in alcuni Paesi chiamano “caffè russo” il caffè corretto alla vodka. Ma per i russi una simile mescolanza è qualcosa di barbarico. Anche Black russian e White russian, seppur conosciuti, vengono serviti solo in alcuni bar e quasi solo agli stranieri. Per saperne di più di come si beve la vodka in Russia, leggete qui.
5. Russisch Brot
Il “pane russo” in realtà è tedesco, tedeschissimo. In Germania si chiama così ogni tipo di prodotto da forno a forma di lettera dell’alfabeto (latino, peraltro, non cirillico). A quanto si dice, l’ideatore fu il panettiere di Dresda Ferdinand Friedrich Wilhelm Hanke (1816–1880), che aveva studiato a San Pietroburgo. Ma in realtà, con la Russia il nome originale di questo prodotto da forno non avrebbe niente a che spartire: si sarebbe infatti chiamato “rösches Brot”, ovvero “fragile”, “friabile”, perché queste lettere di pane si rompono spesso e volentieri. E le lettere W e M raramente vengono fatte, perché sono strutturalmente le più deboli.
6. Insalata russa
L’insalata con patate lesse a cubetti, carota lessa, piselli lessi, pollo lesso, carne o salame, cetrioli freschi o marinati e maionese a legare il tutto, si chiama “insalata russa” in gran parte del mondo: in Italia e in altri Paesi dell’Europa occidentale, in Israele, in Mongolia, in America Latina (ma non in Brasile)… E in effetti questa insalata è presente nella cucina russa, e non può mancare a Capodanno, solo che in Russia non si chiama “russa” ma “Insalata Olivier”, dal cognome del suo inventore, lo chef francese (o belga) Lucien Olivier (1838-1883), attivo a Mosca, dove possedeva il ristorante Ermitazh, uno dei più lussuosi in città nel XIX secolo. La ricetta originale era più ricca, e prevedeva ingredienti costosi come francolini di monte e granchi. Poi, dopo la Rivoluzione, venne resa più accessibile alle tasche dei proletari, ed è ancora oggi uno dei piatti più conosciuti al mondo.
7. Metodo “alla russa”
La Russia si associa spesso con la capacità di superare grandi e piccole difficoltà in modo del tutto impensabile. Per questo su YouTube “Russian way” è un tipo molto diffuso di tutorial, a metà tra l’ironico e l’efficace. Il re del genere è senza dubbio è CrazyRussianHacker, che ha oltre 10 milioni di iscritti e può insegnarvi come pelare un uovo sodo in un soffio, o qualche chilo di patate in meno di sessanta secondi, con un trapano e uno scovolino da water (nuovo). Abbastanza efficaci, e quasi sempre molto comici, i modi di risolvere i problemi “alla russa” possono essere pericolosi. Quindi non provateli da soli a casa, meglio venire in Russia!
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