Cos’è la nuova roulette russa a cui si gioca ora in Russia

Natalya Nosova
Un gioco, dicono. O forse una specie di doping per drogati di adrenalina. Non è mortale come l’originale, ma chi trova il proiettile carico subisce una scossa elettrica, risultando sconfitto. Perché è di moda? E arriverà presto anche in Italia?

Sul tavolino del bar ci sono tovaglioli e bicchieri. E cinque pistole. Da due anni e mezzo a questa parte, un paio di volte a settimana gli abitanti della città di Perm (1.450 chilometri a est di Mosca) si dedicano a una “roulette russa” di nuova generazione. Le regole sono praticamente le stesse del gioco classico. In quel caso, nel tamburo vuoto di una rivoltella viene inserito un solo proiettile, il tamburo viene fatto girare e poi il revolver viene poggiato alla tempia, premendo il grilletto. E questo è ripetuto a turno.

L’autore del rinnovato gioco, il campione di Unifight Valerij Eshchenko, ha creato degli speciali proiettili che danno una forte scossa elettrica. Secondo quanto dichiara lui stesso, non è affatto piacevole subirla. Al momento del colpo si prova un violento formicolio e i muscoli iniziano a muoversi. Lo scopo dei giocatori è fingere che non sia successo niente, dopo una simile botta. Il vincitore sarà quindi o il più fortunato, a cui la scossa non capita mai, o il più resistente dei partecipanti, che riesce a mascherarla sempre.

Snervante adrenalina

L’alta tensione non viene solo dalle speciali pistole, ma è palpabile in tutta la sala. Durante il gioco nomi e pseudonimi sono vietati, i partecipanti vengono chiamati solo per numero. Al primo giro ognuno spara alla nuca al giocatore che gli sta davanti. Nella rivoltella ci sono due proiettili carichi e quattro a salve. Dopo il conto alla rovescia (“tre, due, uno!”), in contemporanea viene premuto il grilletto.

“Tutti vivi”, annuncia con gioia il presentatore. I tamburi delle pistole vengono di nuovo fatti girare. Conto alla rovescia e di nuovo scattano i grilletti. E così per cinque volte, finché uno dei partecipanti non reclina il collo. Si scoprirà poi che al perdente è andata davvero male, anche nei quattro spari precedenti gli era toccata la pallottola carica.

A quanto dice Jakov Kharisov, che ha partecipato otto volte alla roulette russa, il momento più difficile non è tanto quello dello sparo quanto il conto alla rovescia che lo precede.

“È lì che senti salire l’adrenalina, e cerchi di indovinare se il colpo partirà o no. Pensi a come controllarti. A volte i nervi cedono, e inizi a tremare più forte per un colpo a salve che per uno vero”, racconta. E aggiunge che ultimamente hanno aumentato la potenza della carica e ormai fingere che il colpo non ci sia stato è diventato più difficile.

“Anche io voglio uccidere un uomo!”, esclama una giovane che partecipa al secondo livello della sfida, chiamato “triangolo amoroso”.

Due uomini e una donna formano un triangolo, e ognuno spara al giocatore che si trova alla sua destra. Quasi subito il triangolo amoroso crolla per la “morte” della ragazza, che si contorce, si stringe il collo con la mano, e grida un allarmato “ahi!”, uscendo dal gioco”.

Ekaterina Abyzova testimonia che i colpi più difficili da sostenere sono quelli nella zona della carotide, perché impazziscono i muscoli del collo. Secondo lei è molto più facile “nascondere” colpi subiti alle braccia o alla fronte.

Il fondatore della nuova roulette russa Valerij Eshchenko ritiene che il partecipante, dopo lo sparo, provi un piccolo choc, ma che dopo questo attimo subito arrivi un attacco di felicità.

“Dopo il gioco le sensazioni sono simili a quelle che si provano dopo una corsa di dieci chilometri. Sei assolutamente sfinito, ma provi un sentimento di orgoglio per ogni “ferita tenuta nascosta”. “La nostra roulette russa è quasi uno sport”, aggiunge. 

Come guadagnare sul dolore

Valerij Eshchenko ha avuto una lunga paralisi e ha attraversato un periodo di coma. Dopo questo, non ha potuto fare l’allenatore nella lotta Unifight, di cui era stato un campione.

“In realtà non servivo a nessuno. Una volta caddi a terra e rimasi là due ore, prima che mi rialzassero”, ricorda.

 A quanto racconta, è stato l’elettrochoc ad aiutarlo a rimettersi del tutto dalla paralisi. A dire il vero, le dita delle mani e dei piedi ancora funzionano male e la voce è rauca, come se avesse il mal di gola; conseguenze del coma.

“All’inizio chiedevo a dei conoscenti di darmi le scariche dell’elettrochoc. Poi io da solo ho imparato a schiacciare il bottone. Tutti i muscoli si rivitalizzavano progressivamente. Apparentemente mi procuravo dolore, ma le sensazioni erano altre: choc e una scarica positiva. Cominciai a pensare a come fare affinché le persone provassero la scossa in modo casuale”.

L’idea definitiva del gioco si formò nella mente di Valerij guardando il film “13” del regista georgiano Géla Babluani (ce ne sono due versioni, una in bianco e nero, “13 Tzameti” del 2005, e una a colori, un remake del 2010, “13 - Se perdi... muori”). Nella pellicola il protagonista prova ad arricchirsi giocando alla roulette russa (quella dove si muore davvero). L’ex lottatore iniziò a scommettere e, con i soldi vinti, insieme a un ingegnere suo conoscente, realizzò i primi prototipi delle pistole con proiettili che danno la scossa, e le brevettò.

“Sono armi uniche nel loro genere. Non sono ad aria compressa, non sono né pistole né taser, perché la scarica rilasciata è bassa. Le nostra armi sono solo un giocattolo per adulti”, racconta Eshchenko.

La prima sfida si tenne dopo sei mesi, in una palestra, ma adesso si sonno spostati in un bar. Di regola, partecipano circa venti persone. Il costo per prender parte alla sfida è di circa 6,70 euro. Gli spettatori possono invece assistere gratis. Eshchenko guadagna innanzitutto sulla vendita dei revolver.

“Una delle nostre rivoltelle speciali costa 545 euro. Le persone le comprano per organizzare competizioni in altre città della Russia: Voronezh, Irkutsk, Nojabrsk e Mosca.  Io seguo la cosa con grande attenzione, affinché non ci siano violazioni delle regole. Ho anche brevettato il gioco, e quindi posso ritirare la licenza e vietarlo in qualsiasi momento”.

Il premio per il primo classificato è un conto per investimenti in Borsa e regali da parte degli sponsor. In Russia il gioco d’azzardo è proibito, e quindi non si possono dare premi in soldi. Nei piani dell’organizzatore c’è anche creare uno show televisivo basato sulla roulette russa, magari all’estero, e trasformare l’attività in un regolare gioco d’azzardo.

“Sogno che gli spettatori possano scommettere sui giocatori e che abbiano anche loro la possibilità di vincere e fare dei soldi. Mi hanno telefonato dall’India, e da Mosca si sono fatti avanti un sacco di aspiranti soci, ma poi sono spariti. La realizzazione è complessa, non tutti capisco questo gioco, anche se è più figo delle corse in macchina e non è pericoloso per la salute”, dice Eshchenko.

Doping elettrico

Una ragazza, con il numero dieci, emette una serie di gridolini dopo lo sparo.

“Quindi se i vicini gridano al di là della parete di casa, significa che giocano alla roulette russa!”, scherza il conduttore.

“Sono stupita, di come sono sfortunata. A ogni sparo ho beccato la pallottola carica, e non c’è nulla da fare. Solo provare a resistere. Alla roulette russa vera è meglio che io non giochi” dice la Abyzova.

Jakov Kharisov sopporta i colpi. Racconta che dopo essersi ritirato dalla vita sportiva ha iniziato a mancargli l’adrenalina. Per lui partecipare al gioco risponde “al bisogno di saziare il desiderio di vincere, di sentirsi più forte degli altri”.

Ma come racconta il fondatore Eschenko, alla roulette russa non partecipano solo sportivi ed ex sportivi, ma anche gente comune, che fa molti lavori diversi.

“Sono tanti quelli che vengono da noi. Senza badare al fatto che qui provano dolore, dopo il gioco se ne vanno felici, con pensieri positivi in testa”.

Oleg Ivanov, psicologo, mediatore, e direttore del Centro di risoluzione dei conflitti sociali, ritiene che la nuova roulette russa non sia nient’altro che “un metodo alla moda per scuotersi i nervi”.

“Per molte persone, la paura è diventata un modo di lottare contro lo stress. In quest’ottica si può anche spiegare la moda dei quest (giochi di ruolo in strutture appositamente adattate) a tema horror: simulazioni di attacchi di zombie, fantasmi, demoni malvagi. C’è una grande offerta di questi intrattenimenti”, spiega Ivanov.

La psicologa Ekaterina Fedorova non è d’accordo. Secondo lei, il desiderio di prender parte a simili giochi può essere collegato a tendenze e complessi masochistici.

“Il meccanismo di questo complesso è semplice: l’organismo reagisce al dolore fisico producendo endorfine, ormoni in grado di procurare a livello inconscio euforia. In sintesi, è una specie di narcotizzazione autoprodotta”, spiega la Fedorova. 

A suo giudizio, il desiderio di provare dolore non costituisce un sintomo di disordine psicologico e non porta a pensieri suicidogeni.

“Certe volte le persone non soddisfatte della propria vita, si avvicinano a questi tipi di ‘doping’ psicologico”, conclude la psicologa.

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