1. Bere il tè di funghi “kombucha”
In molti appartamenti sovietici avreste potuto sentir risuonare l’avvertimento degli anziani ai giovani: “Bevi il tè di funghi, che ti fa bene alla salute!”. In cucina o sul davanzale della finestra c’era spesso un barattolo che conteneva un’entità gelatinosa come una medusa che galleggiava in un liquido marronciastro. Il kombucha è una colonia simbiotica di batteri e lieviti (ecco quali), che galleggia nel tè nero zuccherato, utilizzandolo come fonte nutrizionale. Dopo un po’ di tempo, la colonia trasforma il normale tè in “tè ai funghi”, una bevanda frizzante agrodolce che assomiglia al kvas e contiene un po’ di alcol.
Nell’Urss, il popolo riteneva il kombucha un toccasana contro tutti i tipi di malattie, comprese Aids e cancro, e un rimedio contro mille problemi, tra cui l’ingrigire dei capelli. Ovviamente nulla di tutto ciò è mai stato provato scientificamente. Ma con lunghe code negli ospedali e medicine difficili da ottenere, i sovietici spesso si fidavano di varie ricette fai-da-te e di pseudo-medicinali, e il “tè ai funghi” era uno dei rimedi casalinghi più popolari, e un buon modo di passare il tempo. Fino a non molto tempo fa, il trafficante di armi russo Viktor Bout si faceva il “tè ai funghi” nella sua cella negli Stati Uniti, ma il suo kombucha è stato poi confiscato dalle autorità del carcere perché contiene un po’ di alcol.
2. Tappeti sui muri
Tappeti e tappetini sono fatti per coprire il pavimento, giusto? Beh, non solo. Negli appartamenti sovietici erano appesi ai muri e trattati con grande rispetto e cura. In effetti, tappeti e arazzi coprivano i muri dei ricchi russi sin dal XVII secolo ed erano considerati un segno di prosperità. Per i sovietici, tuttavia, i tappeti fungevano sia da isolamento termico sia da isolamento acustico negli edifici residenziali di bassa qualità, con pareti sottilissime, dove viveva la maggior parte della popolazione.
3. Il sifone del seltz
Il sifone, un dispositivo per l’acqua gassata, fu inventato nel 1829 in Francia ed era molto popolare in Europa fino alla Seconda guerra mondiale. La guerra, però, distrusse la maggior parte degli impianti di produzione del sifone in Europa, e poi, dopo la fine del conflitto, le bevande gassate imbottigliate divennero popolari ovunque, tranne che nell’Urss, dove comprare acqua imbottigliata era molto costoso. Era molto più economico comprare un sifone e poi riempirlo con piccoli cilindri contenenti anidride carbonica.
C’era un altro uso per il sifone: ci si poteva gassare la vodka. Durante il proibizionismo alcolico ai tempi di Gorbachev, la gente cercava disperatamente modi per aumentare la potenza delle bevande alcoliche, che erano difficili da trovare e costose. La vodka gassata ha un effetto rapido sull’organismo, perché le bolle sono assorbite nel flusso sanguigno molto più velocemente; insomma, proprio quello che serviva per ovviare alla scarsità.
4. Guanti con elastico
Niente batte i caldi guanti di lana, quando fuori fa un freddo pungente. Nella Russia sovietica, tuttavia, se li perdevi non potevi andare in un negozio e ricomprarteli, specialmente nelle piccole città e nei villaggi. Di sicuro, ogni babushka poteva lavorare a maglia delle nuove manopole, ma anche la lana spesso mancava. Quindi, le madri cucivano i guanti con un elastico a entrambe le estremità, in modo che la fascia passasse lungo le maniche e attraverso un punto nel soprabito vicino alla parte posteriore del collo. In questo modo, i guanti rimanevano appesi alle maniche anche se li toglievi. Questo “know-how” era familiare a ogni bambino sovietico che amasse giocare fuori in inverno.
5. Numeri sui palmi delle mani
No, non stiamo parlando di tatuaggi sulle dita dei carcerati. Qui trattiamo invece delle file, un argomento ben noto a ogni cittadino sovietico, che occupava gran parte del suo tempo. Quando c’erano carenze di beni di consumo, che si trattasse di mobili, elettrodomestici, carne fresca o frutta - bisognava mettersi in fila per avere la possibilità di comprare qualcosa di scarso. A volte c’erano più code per merci diverse, soprattutto nei grandi magazzini. Le persone dovevano “registrarsi” in queste code. In ogni fila, di solito c’era una lista numerata non ufficiale di persone. E per non dimenticarsi il proprio turno, il numero veniva scritto sui palmi. Se eri fortunato, potevi “registrarti” in due o tre file contemporaneamente, e in un solo pomeriggio avere la possibilità di comprare un paio di scarpe, arance fresche e una bottiglia di buon vino. Ma certo la mano sarebbe stata tutta sporca d’inchiostro.
6. Borsa di corda
Una sacchetto di corda occupa poco spazio nella borsetta o nella valigetta, ma è molto utile se per caso vi doveste imbattere nella vendita di qualche bene scarso. In Urss, questa borsa era chiamata “avoska”, che deriva dalla vecchia parola russa “avos”, uno degli otto termini più difficili da tradurre dal russo, qualcosa di simile alla locuzione “nel caso in cui”, con forte accento sul destino insondabile. Allora non era possibile acquistare sacchetti di plastica o di stoffa nei grandi magazzini. Non erano in vendita. Con l’avoska tutti potevano vedere i tuoi acquisti mentre tornavi a casa. “Compagno, dove hai preso… quelle arance, scarpe, pesce surgelato, frutta in scatola?” E così via, finiva sempre per chiederti un passante. E dovevi debitamente spiegare il luogo dell’acquisto. In epoca di scarsità di beni, questo era un mezzo di mutuo sostegno.
7. Riciclaggio sovietico: carta e rifiuti di vetro
Il riciclaggio nell’Urss era organizzato dal governo. Le scuole facevano competizioni obbligatorie di raccolta della carta straccia. Per gli adulti lo Stato offriva un tipo di coupon che permetteva di comprare grandi opere letterarie in cambio della carta da macero. Ad esempio, con 20 chili di carta potevi ottenere un singolo volume della raccolta delle opere complete di Alexandre Dumas.
Il riciclaggio del vetro era un grande business in Unione Sovietica. Raramente trovavi vetri infranti nelle strade perché era redditizio portarlo nei centri di riciclaggio. Una bottiglia di latte riscattata poteva valerti circa 0,15 rubli, il costo, più o meno, del latte stesso. Bastava semplicemente lavare la bottiglia e rimuovere le etichette. Le bottiglie non venivano rotte e rifuse, ma riutilizzate, e spesso venivano accettate negli stessi negozi in cui erano vendute le bevande. Quindi, la raccolta di bottiglie era diventata una fonte di reddito per molti cittadini sovietici, anche quelli non molto poveri.
8. “Treni per salami”
“– Cos’è quella cosa verde, lunga e che odora di salame? – Un treno suburbano!”, era una diffusa freddura sovietica. Perché? Prima delle festività importanti, come il Capodanno o il lungo ponte di maggio, gli alimenti erano scarsi, specialmente i salami, che erano un elemento base per qualsiasi banchetto domestico. Solo nelle grandi città si potevano trovare carni fresche e insaccati. Così, quando le vacanze si avvicinavano, i treni suburbani del primo mattino erano pieni di gente che andava in città a fare lunghe file per il cibo delle feste. Per accogliere il numero eccessivo di passeggeri, i treni venivano ampliati con vagoni aggiuntivi e le banchine di alcune stazioni erano allungate per accogliere tali treni, detti in russo “kolbasnye poezdà”, “treni per salami”.
9. Luce rossa nel bagno
L’insolita colorazione non aveva nulla a che fare con un quartiere a luci rosse. Chi passava ore nel bagno con una luce rossa accesa, era un fotografo dilettante. La fotografia era infatti uno degli hobby preferiti della gioventù sovietica, ma era costoso sviluppare le pellicole in uno studio fotografico professionale. Armati di semplici strumenti, soluzioni chimiche, e con l’utilizzo di una lampada rossa, i fotografi amatoriali creavano storie fotografiche delle loro famiglie, che in molti casi sono ancora oggi conservate dai nonni in album vecchio stile. Questi album ricoprivano anche un aspetto sociale speciale della vita sovietica, specie in situazioni imbarazzanti, come quando si presentavano i fidanzati ai genitori. In quei casi saltavano sempre fuori gli album, un buon modo per passare il tempo e rompere il ghiaccio.
10. “Musica sulle costole”
La maggior parte della musica straniera era bandita in Unione Sovietica, e denigrata come “imperialista”. Il governo sovietico non voleva che i suoi cittadini ascoltassero rock-and-roll, jazz (c’era anche un modo di dire: “oggi ascolta il jazz, domani tradirà la patria”) e quant’altro. I nuovi dischi dei The Beatles o dei T-Rex potevano essere acquistati solo sul mercato nero a prezzi enormi. Poiché la domanda era molto alta, i contrabbandieri sovietici escogitarono un modo ingegnoso per soddisfarla, “stampando” i dischi sulle vecchie radiografie acquistate dagli ospedali. Si trattava principalmente di raggi X ai polmoni, raffiguranti il torace di un uomo, motivo per cui furono soprannominati “musica sulle costole”. I raggi X venivano tagliati a forma di dischi 45 giri e la musica vi veniva registrata con macchine convertite da vecchi fonografi. La qualità era orribile e un tale “disco” poteva essere ascoltato non più di dieci volte. Costava un rublo o due, mentre il nuovo vinile straniero poteva costare fino a 80 rubli (un mese di stipendio). Queste “costole” venivano vendute nei mercati clandestini ed erano facili da nascondere nelle maniche.