Quali soprannomi e nomignoli hanno le città russe?

Natalya Nosova
Alcuni sono graziosi e usati da secoli come “Piter” per “San Pietroburgo”, altri scherzosi e altri ancora decisamente offensivi. È bene che li conosciate, ma usateli con prudenza per evitare fraintendimenti o di far arrabbiare qualche cittadino troppo suscettibile

Soprannomi e nomignoli popolari per gli insediamenti urbani sono un fatto discusso in Russia. Se negli Stati Uniti tutti sono abituati al fatto che Los Angeles sia LA o New York NY, e la cosa non scandalizza nessuno, in Russia molte persone odiano la distorsione dei nomi delle loro città; ad esempio, i pietroburghesi. “La gente del posto non sopporta il diffuso uso del diminutivo familiare usato a Mosca e in tutto il resto della Russia di ‘Piter’”, afferma Elena Bobrova, giornalista e guida del progetto di escursioni a San Pietroburgo “Peterswalk”.

“Ho visto su Internet una discussione in cui si diceva che la nostra città viene chiamata ‘Piter’ solo dai forestieri e che i pietroburghesi doc non usano mai questa parola. Certo, è un po’ un’esagerazione, ma c’è del vero in questa avversione”, racconta. È un punto di vista piuttosto conservatore, visto che San Pietroburgo era chiamata “Piter” già tra il XVIII e il XIX secolo da “forestieri” di lusso come gli scrittori Aleksandr Radishchev e Ivan Krylov, entrambi nati a Mosca, e visto che un numero significativo di pietroburghesi usa il nomignolo. Eppure riflette l’opinione di tante persone che sono scettiche sulla legittimità di ogni abbreviazione dei nome delle città.

In ogni caso, è però impossibile blindare una lingua viva: le nuove parole che appaiono vi penetrano, e si conquistano persino legittimità letteraria, superando l’uso gergale. E questo è chiaramente visibile nell’esempio delle città russe, che hanno ormai un gran numero di nomignoli.

Più corto è, meglio è

Uno dei motivi principali dell’emergere dei nomi “non ufficiali” delle città è che è comodo abbreviare i nomi lunghi, sia nella conversazione che nella scrittura. Pertanto, San Pietroburgo (in russo: Sankt-Peterburg) nella lingua parlata e nei titoli di giornale si trasforma spesso in “Piter” o “Spb”; Ekaterinburg in “Ekat” o “Ekb”; Novosibirsk in “Novosib” o “N-sk”, e così via.

In questo modo, un nome polisillabico diventa di una o due sillabe. È logico che per i nomi più brevi (Mosca, Perm, Penza, Omsk) non siano state pensate abbreviazioni, anche se troverete spesso la sigla MSK (o МСК in cirillico) per l’ora di Mosca. Quando il nome è poi composto da due parole, una viene spesso eliminata. Nizhnij Novgorod diventa “Nizhnij”, Khanty-Mansijsk diventa “Khanty” e della città dell’Estremo Oriente di Bolshoj Kamen, resta solo “Kamen”.

Mai dimenticare le radici

A volte il vecchio nome o la variante nella lingua della popolazione locale diventa il soprannome della città. L’esempio più famoso è Kaliningrad, che viene chiamata “König” (abbreviazione di Königsberg, il nome tedesco che la città aveva quando faceva parte della Prussia Orientale). Con lo stesso principio, Juzhno-Sakhalinsk è talvolta chiamata Toyohara (il nome giapponese), e Petrozavodsk, in Carelia, è detta “Petroskoi” (come si chiama in lingua careliana), sebbene in quest’ultimo caso le abbreviazioni “Petrik” e “Ptz” siano più diffuse.

Tra esotico e offensivo il passo è breve

Alcuni soprannomi lavorano per consonanza con nomi geografici più conosciuti in giro per il mondo. Di norma, tali nomignoli vengono utilizzati esclusivamente a livello locale e solo con ironia. Barnaul, per esempio, è spessa detto “Barneo” (anche se questa grigia città del Territorio degli Altaj ha ben poco in comune con l’isola verde del Borneo). La città di Glazov in Udmurtia è orgogliosamente chiamata Glasgow, il villaggio di Gonzhyr, nel territorio di Perm, è detto “Gonduras” (Honduras in russo) e Syzran, nella regione di Samara, è “San Fran-Syzran” (richiamando San Francisco). C’è anche la versione “Zasran” (da “zàsrannyj”; “smerdato” in russo), ma non vi garantiamo la reazione composta degli abitanti di Syzran se chiamate in questo modo la loro città.

Nomi così, più o meno ironicamente offensivi, non sono insoliti per le città russe. “In primavera e in autunno, Ekaterinburg scherzosamente viene chiamata Grjazburg (‘Fangoburgo’). Abbiamo persino messo un cartello del genere all’ingresso della città”, afferma la giornalista locale Julia Shevelkina a proposito della città dove vive.

Ci sono anche opzioni come Zasratov (Saratov, di nuovo da “zasrannyj”), Krasnodyr (“Krasnodar” + “dyrà”, che in russo vuol dire “buco”). Il campione indiscusso quanto a numero di soprannomi ironici è, ovviamente, Mosca. È “Nerezinovaja” (“Nondigomma”; dal detto “Mosca non è di gomma”, il che significa che la città non può allargarsi sempre per far entrare tutti quelli che vorrebbero vivere qui). E ancora è “Ponaekhalovsk” (da “ponajekhat”, un verbo poco politicamente corretto per indicare un’immigrazione incontrollata) e “Moskvabad” (“Mosca” + il suffisso -bad comune per le città dell’Asia centrale; a indicare il gran numero di migranti dalle repubbliche asiatiche dell’ex Unione Sovietica).

Certo, è meglio che gli stranieri non usino questi nomi: una cosa è se i russi da soli prendono in giro la loro città natale, un’altra, e poco tollerata, se un estraneo si permette di fare lo stesso.

Assurdità pura

L’esistenza di alcuni soprannomi è persino difficile da spiegare, da tanto che sono strani. Aleksandra Gurjanova, di Samàra, assicura che la sua città è talvolta chiamata “Kamàpa”. Perché? Perché ironicamente la gente del posto legge il cirillico (САМАРА) come se fosse scritto in lettere latine. Con lo stesso principio, Ivanovo è chiamato in un modo sembra un grido selvaggio: “Ubahobo” (e qui bisogna ulteriormente precisare che deve essere scritto in corsivo, per avere la U iniziale). È difficile comunque dire quanto siano realmente usate queste varianti davvero esotiche.

Come non mettersi nei guai

In generale, cercare di ostentare la conoscenza del gergo locale in una città russa non è una buona idea. Anche senza offendere nessuno, c’è sempre il rischio di essere fraintesi. “Quando sono arrivata per la prima volta a Ekaterinburg, sono andata per un colloquio dal direttore di un giornale locale, e nella conversazione ho costantemente utilizzato per la città il nomignolo “Joburg”, finché lui, infastidito, non mi ha corretta e ha detto: ‘Sai, nessuno chiama la città così qui, tutti dicono Ekat’”, racconta Julia Shevelkina. Pertanto, per evitare ogni guaio, fate tesoro delle conoscenze apprese in questo articolo, ma nel parlare usate solo il nome ufficiale.

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