Resta altissimo il livello di allerta per il coronavirus, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “una minaccia globale”. E l’epidemia, che ha già causato almeno 1.115 morti e 45.000 persone infettate, sta colpendo anche l’economia e i mercati. Un flagello che non risparmierà la Russia, visto che la Cina rappresenta oltre il 12% di tutte le esportazioni russe. Ma quanto gravi saranno i danni? Abbiamo cercato di capire come il coronavirus sta cambiando l’economia del paese.
Petrolio a buon mercato e rublo più debole
Le prime reazioni si sono registrate sui prezzi del petrolio, visto che la Cina è uno dei maggiori consumatori di materie prime. La domanda di carburante in Cina è diminuita e i prezzi del petrolio in dollari sono crollati. A gennaio, la quotazione del Brent è scesa del 12,6%, mentre il petrolio russo Urals ha perso valore sia in dollari, sia in rubli. Il 10 febbraio il prezzo dell’Urals ha raggiunto il minimo degli ultimi due anni, scendendo al di sotto dei 56 dollari al barile: un prezzo inferiore a quello che era già stato indicato nel bilancio federale.
Di conseguenza, il tasso di cambio del rublo si è spostato, anche se non ancora in modo critico: dall'inizio di gennaio, il rublo ha perso il 3,35% rispetto al dollaro.
Il “niet” dei commercianti al dettaglio ai prodotti cinesi
La Russia acquista dalla Cina merci per un valore di 50 miliardi di dollari all’anno. La metà di questa cifra riguarda l’import di auto, PC e telefoni; finora le aziende russe non hanno ricevuto alcuna notifica di ritardi nelle consegne dalla Cina.
Per quanto riguarda i prodotti alimentari cinesi, la loro quota di mercato in Russia non supera il 2%. La Federazione importa dalla Cina soprattutto zenzero, aglio, pomodori, peperoni, mandarini, uva e pomelo, ma, come assicurano i rivenditori, tutti questi prodotti possono essere facilmente sostituiti con importazioni da altri paesi.
Di fatto il 3 febbraio, una delle più grandi catene di vendita al dettaglio del paese, Magnit, ha riferito di non importare più frutta e verdura dalla Cina a causa della minaccia del coronavirus e delle complicazioni logistiche che ne derivano. La catena continuerà a lavorare con Turchia, Israele e Marocco.
Anche un altro grande distributore, X5 Retail Group, ha dichiarato di essere alla ricerca di nuovi fornitori. Le catene “Lenta” e “Metro”, invece, hanno annunciato di non aver intenzione di sostituire le consegne. Altri grandi rivenditori come “Dixie” e “Auchan” al momento non hanno rilasciato commenti sulla situazione.
Il problema principale sta nel fatto che la maggior parte delle forniture alimentari cinesi finisce in Estremo Oriente e nel Distretto Federale della Siberia, regioni che dipendono fortemente dalle importazioni. E gli scaffali dei negozi, lì, sembrano essere già mezzi vuoti. Secondo i media locali, a Vladivostok, Khabarovsk e Ussuriysk sarebbero aumentati vertiginosamente i prezzi dei cetrioli e dei pomodori; altri tipi di prodotti, invece, starebbero scarseggiando. Ma le prime vere "vittime" del coronavirus a Vladivostok sarebbero le banane: qualcuno, infatti, avrebbe messo in giro la voce secondo la quale sarebbero state infettate (nonostante fossero arrivate dall'Ecuador), e così sono state lasciate marcire.
Turismo: a rischio 100 milioni di dollari
Secondo le previsioni dell'Associazione degli operatori turistici della Russia per il periodo gennaio-marzo 2020, alla luce delle misure imposte per l'epidemia, il settore russo del turismo “incoming” rischia di perdere 100 milioni di dollari. La Cina, infatti, è sempre stata il maggior “fornitore” di turisti per la Russia, e ora la Federazione sta già perdendo almeno 1,3 milioni di turisti cinesi.
Dal 1° febbraio, poi, i collegamenti aerei con la Cina sono stati parzialmente sospesi: sono ora disponibili solo quattro rotte (per Pechino, Canton, Shanghai e Hong Kong) gestite dall'Aeroflot e dai suoi partner.
Tuttavia, secondo l'analista di VTB Capital Elena Sakhnova le perdite potrebbero essere più contenute: le rotte cinesi infatti rappresentano solo due milioni di passeggeri all'anno, su un totale di quasi 130 milioni. Per l'Aeroflot si tratta del 4% del volume di passeggeri e del 5% delle entrate.
La domanda di mascherine protettive è schizzata del 220%
A guadagnarci, ovviamente, sono le case farmaceutiche. Le vendite di alcuni prodotti e farmaci antivirali sono balzate alle stelle: siccome non esiste ancora una cura contro il coronavirus, la gente sembra seguire il principio del “proverare di tutto e di più”. Secondo la OFD Platform, le vendite di mascherine protettive sono aumentate del 220%!
Cosa aspettarsi
Finora nessuno in Russia considera disastroso l'impatto del virus proveniente dalla Cina. Nonostante le attuali conseguenze negative, German Gref, capo della più grande banca russa, Sberbank, ha descritto la situazione come "non molto significativa".
Ovviamente lo scenario potrebbe cambiare radicalmente se ci si rendesse conto che non è possibile fermare il virus. Se ciò dovesse accadere, all’orizzonte si delineerebbe un periodo buio per l'economia russa: la Camera dei Conti russa prevede infatti gravi conseguenze. Solo per fare un esempio: la casa automobilistica Nissan ha già avvertito di voler sospendere la produzione di veicoli in Russia, a meno che la situazione non cambi entro marzo.
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