Cosa esporta la Russia (oltre a petrolio e gas)?

Disegno di Ekaterina Lobanova
La dipendenza dagli idrocarburi resta schiacciante (62 per cento dell’export) e la diversificazione resta lontana. Ma qualcosa si muove: tra meccanica, armi e… grano

L’Imperatore Alessandro III (che regnò dal 1881 al 1894) amava dire che “la Russia al mondo ha solo due alleati: il suo Esercito e la sua Marina”, intendendo che la Russia può contare solo su se stessa. La citazione è diventata molto comune e ha dato vita a diverse reinterpretazioni ironiche, ispirate dai fatti contemporanei.

In una delle versioni oggi più popolari, la Russia ha due soli alleati: il suo petrolio e il suo gas.

Secondo i dati 2016 del Rec, il Centro per le esportazioni russe, gli idrocarburi continuano a giocare la parte del leone nell’export russo. Combustibili e prodotti energetici (ovvero petrolio, gas e i derivati della loro lavorazione) rappresentano il 62 per cento delle esportazioni russe, e tutto il resto insegue a gran distanza. Nel 2016 il Paese ha incassato 176 miliardi di dollari dalla vendita di idrocarburi, su un totale di 285 miliardi ricavati dalle esportazioni.

Petrolio e gas: benedizione o maledizione?

I numeri del 2016 non sono certo un’eccezione: petrolio e gas sono ormai da decenni la voce principale delle esportazioni russe. Il che è logico, visto che il Paese possiede le più grandi risorse naturali del pianeta (24 per cento delle intere riserve mondiali) ed è al sesto posto, quanto a petrolio (6,1% del totale). Allo stesso tempo, la sua dipendenza dal pilastro energetico crea però problemi. In primo luogo, perché lo Stato subisce le fluttuazioni di prezzo di petrolio e gas naturale.

Secondo i dati del Centro per le esportazioni russe, nel 2016 l’export è diminuito del 17 per cento (58 miliardi di dollari in meno) rispetto al 2015, in conseguenza del forte calo del prezzo del greggio a inizio anno. Dopo che i Paesi dell’Opec, con la partecipazione della Russia, si sono accordati per una diminuzione della produzione, i prezzi sono tornati a crescere. Per questo motivo, secondo gli esperti, a fine 2017 l’export russo dovrebbe avere un consistente segno più rispetto all’anno precedente. Ma nessun Paese da solo può far sì che il mercato del greggio sia immune da fluttuazioni e volatilità.

In secondo luogo, vista la crescente popolarità e diffusione delle fonti di energia rinnovabile, non è chiaro quanto sia solida, nel futuro, una prosperità basata solo sui combustibili fossili. Anche se, come ha detto il presidente Putin nel 2016, siamo ancora lontani dalla fine dell’era degli idrocarburi. Quanto alla dipendenza della Russia da petrolio e gas, il governo ammette che sia pericolosa, ma, secondo gli esperti (tra cui l’ex ministro delle Finanze Aleksej Kudrin) le cose non cambieranno per almeno altri dieci anni. Oltre che di petrolio e gas la russia è un grande fornitore di carbone.

Metalli, meccanica e armi

Al secondo posto nelle esportazioni russe del 2016, dopo il 62 per cento di petrolio e gas, c’è il 10 per cento dei metalli. Il più esportato è l’alluminio e le sue leghe: secondo le statistiche, rappresenta il 4,6% di tutte i prodotti non combustibili venduti dalla Russia. Inoltre la Russia esporta semilavorati di acciaio non legato, lamiera, rame e nichel.

E ancora, il Paese vende all’estero prodotti finiti: principalmente macchine e attrezzature: nel 2016 sono state il 7,3% del totale delle esportazioni. In testa alla classifica ci sono i motori, seguiti da reattori nucleari e automobili. Quest’ultima voce non include solo i veicoli prodotti dalle aziende russe, come la AvtoVAZ, ma anche le macchine assemblate in Russia sotto licenza, per esempio da Volkswagen e Renault.

Altra voce importante nelle esportazioni sono le armi: fin dai tempi dell’Urss il Paese era pronto a vendere armamenti a chiunque fosse interessato. Nel 2016 la Russia ha ricavato 15 miliardi di dollari da questo mercato, come dichiarato dal primo ministro Dmitrij Medvedev. Negli ultimi cinque anni, secondo un report del Sipri (l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma), la Russia è stato il secondo più grande esportatore di armi al mondo, dopo gli Stati Uniti, con circa il 23 per cento delle esportazioni mondiali. Le due superpotenze atomiche, insieme, riforniscono oltre la metà del mercato bellico planetario.

I futuri re del grano

Dopo macchinari e attrezzature, nella classifica dell’export seguono i prodotti chimici (6 per cento), e i prodotti alimentari e le materie prime agricole (5,2 per cento). I politici russi, compreso il presidente Putin, affermano che, a seguito della “guerra delle sanzioni” con l’Unione europea, il settore agricolo russo è cresciuto e il Paese è pronto a espandere le sue esportazioni alimentari.

Il prodotto principale su cui le autorità puntano molto in termini di potenziale di esportazione è il grano. Il ministro dell’agricoltura Aleksandr Tkachev ha ripetutamente sottolineato che negli ultimi anni la Russia è diventata uno dei principali fornitori mondiali di questo cereale. Nell’ultimo anno agricolo (dal giugno 2016 al giugno 2017), Mosca ha fornito 27,1 milioni di tonnellate di grano al mercato mondiale, superata solo dagli Usa, con i suoi 28,1 milioni di tonnellate.

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