Il primo film d’animazione sovietico che ebbe un riconoscimento internazionale fu “Canzone della felicità” di Mstislav Pashchenko, che nel 1947 ricevette la menzione speciale della giuria dell’8a Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Da allora, gli animatori sovietici, e poi russi, hanno ricevuto centinaia di premi nei festival più prestigiosi, piovuti su di loro in quantità notevolmente più grandi che sui loro colleghi del cinema, e due film d’animazione sovietici sono stati addirittura scelti dagli esperti come il “migliore della storia”. Sarà interessante saperenche entrambi sono stati girati dallo stesso regista.
Il primo grande successo internazionale dell’animazione sovietica fu l’adattamento della fiaba di Hans Christian Andersen “La regina delle nevi”, diretto da Lev Atamanov. Per lo studio “Sojuzmultfilm” fu il nono lungometraggio d’animazione.
“La regina delle nevi” non solo raccolse una montagna di premi (da Venezia a Cannes), ma fu anche distribuito in moltissimi Paesi; dagli Usa al Giappone. Nel corso del sondaggio svolto nell’ambito del festival del cinema d’animazione di Tokyo, gli esperti misero questo cartone sovietico al 17° posto tra i 150 migliori cartoni animati della storia – prima di “Nightmare Before Christmas” di Tim Burton (26°) e “La città incantata” di Hayao Miyazaki (29°). Come ricorda lo stesso Miyazaki, fu proprio il film di Atamanov a rafforzare il suo desiderio di occuparsi di animazione.
Prima di diventare regista, Fjodor Chitruk aveva lavorato per anni come disegnatore, cioè colui che animava i personaggi di altri registi. Uno dei suoi lavori più celebri fu Ole Chiudigliocchi nel film di Lev Atamanov (“La regina delle nevi”). Esordendo poi alla regia con “Storia di un crimine” (1962), Chitruk si affermò come uno dei migliori registi dell’Urss e ben presto ottenne il riconoscimento internazionale. “L’isola”, storia di un moderno Robinson in chiave anticapitalistica, tra gli altri premi gli fruttò la Palma d’Oro al miglior cortometraggio del Festival di Cannes del 1974.
N.1 nella classifica Top-150 compilata dagli esperti del Festival di Tokyo, “Il riccio nella nebbia” di Jurij Norshtejn è un’odissea onirica di un riccio che cammina attraverso la nebbia, per andare dal suo amico orso. Il cartone, della durata di soli 10 minuti, comportò un lavoro titanico. “Il riccio” fu creato con la tecnica della cutout animation, quando numerosi pezzi di carta ritagliati compongono i personaggi e gli elementi dello sfondo che vengono ripresi a passo uno. Il film vinse decine di premi nei festival internazional, da Teheran a Gijón e da Melbourne a Chicago.
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Nel 1984, precedentemente alla classifica di Tokyo, a Los Angeles era stato svolto un altro sondaggio che aveva assegnato il “primo posto nella storia” a un altro cortometraggio di Norshtejn: “Il racconto dei racconti”, un viaggio attraverso i labirinti della memoria del regista stesso, anche questo creato con la tecnica di cutout. Tuttavia, nella patria del registra, di questa vittoria di Juri Norshtejn si seppe soltanto alla fine del decennio, quando era in corso la Perestrojka, perché il sondaggio tra gli esperti americani era stato svolto nell’ambito del programma culturale dei Giochi Olimpici di Los Angeles, boicottati dall’Urss in risposta al boicottaggio dell’Olimpiade di Mosca del 1980 da parte degli Stati Uniti. Come tutti i film di Norshtejn, “Il racconto dei racconti” vanta una valanga di premi, vinti ai festival di Ottawa, Lilla, Oberhausen, Zagabria ecc.
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Garri Bardin esordì come doppiatore, poi divenne sceneggiatore e, infine, regista, creando diversi cortometraggi con la tecnica di animazione tradizionale, compreso il musical animato “Il vascello volante” (1979), molto popolare in Urss. Tuttavia, il suo vero successo lo deve ai suoi film con effetti volumetrici, nei quali il regista ha animato degli oggetti “strani” come pezzi di spago, fiammiferi, ecc. I personaggi di “Vykrutasy” (ossia: “Stramberie”), parabola satirica sulla follia dell’autoisolamento, sono stati creati con del filo metallico. Questo cartone di Bardin vinse la Palma d’Oro al Festival di Cannes.
Un altro musical di Bardin, creato con la tecnica della plastilina animata (claymation), versione moderna della celebre fiaba. Ai tempi della Perestrojka, quando crolla la Cortina di ferro, Cappuccetto Rosso, che vive in Urss, si reca a Parigi per visitare sua nonna.
Durante il viaggio incontra non solo il Lupo, ma anche i Tre Porcellini e i Sette Nani disneyani. Questo film ha fruttato a Bardin tutta una serie di prestigiosi premi internazionali, compreso il Grand Prix del Festival internazionale del film d’animazione di Annecy.
Uno dei manifesti dell’animazione post-sovietica; un film senza trama, non facile da decifrare. Il film dura 5 minuti, durante i quali lo spettatore segue il viaggio di uno strano mostro (lontano parente del misterioso essere di “Eraserhead – La mente che cancella” di David Lynch) attraverso un castello medievale, accompagnato dalla musica di Maurice Ravel. Film di laurea del giovane animatore Ivan Maksimov, fu premiato a Berlino con l’Orso d’oro.
Un classico esempio di come il titolo trasforma un ottimo film in un film d’eccellenza. Il titolo, che ha dato al cartone una dimensione filosofica, è stato proposto da Eduard Nazarov, regista di “C’era una volta un cane”, cortometraggio d’animazione diventato un vero cult nell’area post-sovietica.
“Gagarin” è la storia di un bruco che invidia le farfalle e gli uccelli che possono volare, e poi, finalmente, anch’esso prova questa sensazione, quando finisce dentro un volano da badminton. “Gagarin” di Kharitidi è diventato uno dei maggiori successi della stagione, vincendo la Palma d’Oro a Cannes e ottenendo una nomination al premio Oscar.
Aleksandr Petrov ebbe la sua prima nomination dell’Academy Award, per il cortometraggio “La mucca, nel 1990. Un anno dopo, come si sa, l’Unione Sovietica cessò di esistere. Successivamente, ricevette altre tre nomination, vincendo finalmente un Oscar nel 2000 per il suo “Il vecchio e il mare”, realizzato con la tecnica di “disegno su vetro” (paint-on-glass). “Il vecchio e il mare” fu il primo cartone animato della storia creato nel formato IMAX.
Bronzit è l’unico regista russo ad aver vinto ben 3 Grand Prix al prestigioso festival di Annecy. Uno dei premi se lo è aggiudicato appunto per “My ne mozhem zhit bez kosmosa” (ossia: “Non possiamo vivere senza il Cosmo”), graffiante storia di amicizia e solitudine.
Questo film ha raccolto anche decine di altri premi in tutto il mondo e ha portato al regista la sua seconda nomination agli Oscar (la prima l’aveva ricevuta nel 2009 per “Lavatory – Lovestory”). Anni dopo, nel 2019, Bronzit ha ripreso il tema del cosmo con un cartone dal titolo simile, “On ne mozhet zhit bea kosmosa” (ossia: “Lui non può vivere senza il Cosmo”), ma con una trama diversa. Anche quello è stato incluso nella short list degli Oscar.
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