Questa coraggiosa donna ricorda di come, travestita da uomo, prestò servizio nell’esercito russo e partecipò alla guerra contro Napoleone. Nadezhda Durova descrive la sua vita e le condizioni umilianti delle donne della sua epoca che, in sostanza, nascevano “per vivere e morire in schiavitù”, sottolineando la sua ferma intenzione di “separarmi dal sesso che, così mi pareva, era stato maledetto da Dio”. Descrive anche l’inganno cui dovette ricorrere per farsi arruolare nell’esercito, e le sue prime battaglie.
Le “Memorie” della Durova furono pubblicate per la prima volta da Pushkin. Proprio il poeta, contro la volontà della “pulzella”, svelò l’identità della donna che preferiva essere chiamata Aleksandr Aleksandrov. “Siate coraggiosa: entrate nel campo letterario con tanto coraggio come siete entrata nel campo che Vi ha procurato la gloria”, le disse il poeta.
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Nel 1935-1936 i due scrittori intrapresero un viaggio negli Stati Uniti. Attraversarono tutto il Paese in macchina, in compagnia di una coppia di coniugi americani, pubblicando successivamente le impressioni di questo viaggio sotto il titolo “Odnoetazhnaja Amerika” (“L’America a un piano”) espressione, con la quale viene spesso definita l’America di provincia. Nell’edizione italiana il titolo venne cambiato in “Il Paese di Dio”.
In questo dettagliato resoconto di viaggio, Il’f e Petrov scrivono di New York, della costruzione del Golden Gate Bridge a San Francisco, della vita degli americani, della Coca-Cola, delle praterie nordamericane e, naturalmente, di Hollywood… Oggi, però, fa ridere l’ammirazione dei due per le lampadine elettriche che si accendono “tirando la cordicella”.
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A differenza di molti altri scrittori russi, figli delle famiglie nobili, la cui infanzia fu dolce e serena, Gorkij ebbe un’infanzia piena di stenti. Per lui fu una vera “scuola della vita”.
In questo libro autobiografico Gor’kij descrive la sua infanzia a Nizhnij Novgorod, città sul Volga che successivamente, ancora durante la vita dello scrittore, ricevette il suo nome (e lo portò fino al 1991). Riesce a perfezione a trasmettere l’atmosfera che regnava nella casa di suo nonno, dove è cresciuto, e il clima generale in cui vivevano i ceti bassi, introducendo decine di personaggi che sembrano vivi. In parallelo descrive anche i cambiamenti che col passar del tempo avvenivano in lui (“Infanzia” fa parte della trilogia che include anche “Fra la gente” e “Le mie università”.
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Il futuro premio Nobel non accettò la rivoluzione e il potere sovietico. Nel 1920 emigrò in Francia. “Giorni maledetti” è un libro scritto sulla base dei diari dello scrittore in cui egli descrive il periodo più tempestoso e difficile della storia russa. Nell’Urss il libro fu pubblicato soltanto dopo l’inizio della perestrojka, essendolo un concentrato di odio nei confronti dei bolscevichi e di delusioni, provocate dalla rivoluzione.
"Possibile che molti non sapessero che la rivoluzione non è altro che un sanguinoso gioco del cambio dei posti, che finisce sempre in modo che al popolo, anche se riesce a insediarsi per un po’ di tempo sul posto dei padroni, per festeggiare e dar sfogo ai suoi sentimenti, alla fine va sempre di male in peggio?"
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Questo romanzo autobiografico descrive le vicende vissute dallo scrittore in prima persona. Grossman per molto tempo lavorò come corrispondente di guerra e fu testimone della battaglia di Stalingrado. Nel libro egli scrive della vita degli evacuati, delle repressioni, di come i vicini e gli amici voltavano le spalle alle famiglie delle persone che venivano colpite dalle purghe. Grossman fu anche testimone dell’uccisione di ebrei da parte dei nazisti: la madre dello scrittore fu fucilata dai tedeschi.
Oggi l’epopea di Grossman viene spesso definita la “Guerra e pace del XX secolo”, ma ai tempi dell’Urss il romanzo fu vietato a causa delle numerose critiche contro il regime staliniano (lo scrittore traccia addirittura un parallelo tra Stalin e Hitler).
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Molti partecipanti della Seconda guerra mondiale ci hanno lasciato i loro ricordi e le loro testimonianze sugli orrori ai quali sono sopravvissuti (si pensi, ad esempio, alle “Memorie di un cecchino” di Vasilij Zajtsev che descrive i combattimenti nella città di Stalingrado; da questo libro è stato tratto il film americano “Il nemico alle porte”). Tuttavia, le memorie di un comandante altolocato, come, appunto, il “maresciallo della Vittoria” Georgij Zhukov, meritano un’attenzione speciale.
Zhukov descrive la sua infanzia di contadino, il primo, pesantissimo, lavoro nell’officina di una fabbrica, il servizio nel quadro di un reggimento di cavalleria durante la Prima guerra mondiale. Tuttavia, la parte più interessante riguarda, ovviamente, la Seconda guerra mondiale. Il maresciallo ricorda lo stato delle forze armate alla vigilia della guerra, commenta la tattica dei combattimenti e descrive i suoi incontri con Stalin.
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La “storia della ricerca artistica” di Stanislavkij è ormai una Bibbia degli attori, perché nel suo libro il regista racconta il suo famoso “sistema” e la storia della sua nascita. Tuttavia, le memorie del classico del teatro sono interessanti non solo per attori e registi, perché Stanislavskij racconta anche la sua vita, la sua parabola teatrale, ricordando gli spettacoli che ha messo in scena, i suoi rapporti con Chekhov e Gorkij, la storia del Teatro d’arte di Mosca e la vita degli artisti all’epoca dei grandi cambiamenti politici e sociali.
Stanislavskij nacque nel 1863, quand’era ancora vivo il ricordo della servitù della gleba (abolita soltanto nel 1861) e della “vecchia” vita, ma fu anche testimone della Rivoluzione, della nascita del potere dei Soviet, della censura e delle imprese dell’epoca staliniana.
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Nel 1937 la Ginzburg fu arrestata per presunta appartenenza ad un gruppo terroristico. I suoi genitori furono arrestati come “padre e madre di un nemico del popolo”. La donna trascorse dieci anni tra carceri e lager. Dopo la liberazione, dovette aspettare altri dieci anni prima di poter tornare a Mosca.
Il romanzo autobiografico “Viaggio nella vertigine” fu una delle prime testimonianze delle crudeltà del sistema punitivo e delle repressioni in Urss. Le scene in cui Ginzburg descrive il modo in cui le donne, arrestate con pretesti spesso assolutamente assurdi, venivano trattate in carcere, sono davvero agghiaccianti.
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La slavista Nina Berberova, conosciuta bene negli Usa, rievoca la sua vita, incredibilmente ricca di avvenimenti, ricordando la sua gioventù nell’Impero russo, la Rivoluzione, l’emigrazione, la Seconda guerra mondiale e l’occupazione della Franсia da parte della Germania nazista. Ricorda inoltre numerosi personaggi di primo piano della cultura russa. Berberova fu sposata con il poeta Vladislav Khodasevich, era in rapporti di amicizia con molti scrittori ed altri esponenti del periodo conosciuto come “Epoca d’argento”, fra cui i poeti Marina Tsvetaeva e Boris Pasternak; gli scrittori Vladimir Nabokov, Aleksandr Kuprin, Ivan Bunin e Maksim Gorkij, e il politico Aleksandr Kerenskij…
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Non tutti i libri di memorie sono drammatici ed epocali. Talvolta, certi racconti brevi, ma vividi, sono ancora più interessanti da leggere. Tutto quello che Dovlatov ha scritto nasce dalle sue esperienze personali, e questa raccolta non fa eccezione.
Il protagonista, che decide di emigrare dall’Urss, parte per gli Usa, portando con sé soltanto una piccola valigia. Alcuni anni dopo la valigia viene aperta, e ogni oggetto che c’è dentro diventa tema di un racconto a parte. Tra il serio e il faceto, la giacca, i guanti, il berretto diventano personaggi di una divertente storia che racconta i tempi e l’atmosfera in cui è vissuto l’autore.
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