La Siberia è un concetto sconfinato quanto il territorio che occupa. Dicono che sia un Pianeta a sé, e che ognuno abbia la propria Siberia. “Ha la sua forza di gravità, le sue leggi e il suo presidente, che si chiama Natura. La gente della Siberia è gente testarda. Gente ‘vasta’ quanto a parole, fatti, sentimenti…”, afferma lo scrittore Sergej Shargunov, uno dei curatori della raccolta di racconti e testimonianze “Sibir: schastje za gorami” (ossia: “Siberia: la felicità è di là dai monti”), edito da Redaktija Eleny Shubinoj nel 2021.
Ecco alcuni estratti dal libro, in cui scrittori, attori, registi e conduttori tv parlano della “loro” Siberia.
“In tutta la mia vita non ricordo un tale piacere ricevuto dall’atto del mangiare come durante l’infanzia in Siberia in inverno! Un beljash caldo (con l’impasto che avvolge la carne come in un abbraccio), comprato in una bancarella… e il tè caldo zuccherato… Che delizia!!!
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Inverno, domenica… sveglia militare alle otto del mattino e via con papà sugli sci. Andavamo in autobus fino alla fermata “Sosnovyj Bor”. Gli sci li trattavamo con un unguento speciale a seconda del tempo e della densità della neve. E poi via per chilometri a tutta birra. La cosa più bella era quando papà andava avanti e si fermava ad aspettarmi e, quando arrivavo, colpiva il ramo di un pino con un bastone: la neve dai rami cadeva su di me e io strillavo di gioia. E poi scendevamo lungo una pista. E così cento volte di seguito. Con un thermos e dei panini facevamo uno spuntino seduti su dei ceppi. A casa, la tuta bagnata ad asciugare sul termosifone… E il borsch di mamma!!! E la sera il pattinaggio artistico in tv. Cos’altro ti serve per essere felice?
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Quando, ad esempio, incontro uno sconosciuto, e lui dice: “Vengo dalla Siberia”. Mi basta questo! Lo sento già più vicino alla mia anima e la distanza si riduce subito.
Inverno. Slitta. Sei sdraiato sulla schiena. Buio: è mattina o sera? Sopra la testa, le stelle; loro non si muovono, ma tu sì. Ti stanno trascinando. Qualcuno di cui ti fidi completamente, che ti ha avvolto in molti strati caldi di abiti: pantaloni di pile spessi sui collant, calzini di lana, stivali di feltro, un maglione sotto una calda giacca e una sciarpa morbida sotto un caldo cappello di pelliccia. Sopra il colletto, la sciarpa di lana fino al naso. A volte punge, e allora, tra la sciarpa e il viso, qualcuno gentile mette un fazzoletto, ed è sempre bagnato dal tuo respiro caldo. E, naturalmente, una pelliccia di pecora, spessa e goffa…
I miei genitori avevano una dacia. Nella taiga. A dire il vero, era vicina alla strada statale. Ma c’era la taiga tutto intorno. Un giorno un orso venne al nostro recinto. Mio padre prese una pistola e iniziò a sparare in aria. Vidi l’orso scappare. Scomparve nella foresta. E una volta, mentre io e mia madre stavamo camminando lungo un sentiero con cesti pieni di bacche, due lupi ci vennero incontro. Li abbiamo guardati e loro hanno guardato noi. La mamma sussurrò: “Non muoverti, figliolo”. Siamo rimasti immobili. I lupi ci hanno guardato di nuovo, poi si sono voltati e se ne sono andati.
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Una volta ero seduto sull’orlo di una rupe nel mezzo della taiga. Ci sono simili rocce giganti nel mezzo della taiga. Una singola roccia con intorno solo foreste per migliaia di chilometri. Ero seduto sull’orlo di questa rupe. Guardavo in lontananza. Mi riposavo, perché quel giorno io e i miei amici avevamo camminato molto. Avrò avuto ventisei anni. Siberia. Io amo la Siberia. È come una madre per me. È come se una grande donna si fosse sdraiata con tutto il suo corpo a terra: questa è la Siberia. La Siberia è un corpo. Questo enorme spazio […] Ero seduto su una roccia e mi sono reso conto che dovunque fossi andato, dovunque mi fossi un giorno trovato… la Siberia sarebbe stata sempre in me, perché ne faccio parte. La Siberia è l’universo.
Sin dai tempi antichi, la rissa è stata la forma di svago preferita dagli abitanti di Tomsk. I giornalisti in esilio del XIX secolo (non ce n’erano praticamente altri fino all’apertura dell’università nel 1888) hanno vividamente descritto nelle pagine dei giornali provinciali come alla domenica, al ritorno dalla chiesa, gli abitanti delle strade vicine convergessero per una bella scazzottata. Si riempivano di pugni per un’ora o due fino al completo piacere, quindi si disperdevano, stanchi ma soddisfatti.
La situazione era più o meno la stessa nel 1981, quando ci stabilimmo in un nuovo appartamento con vista sulla città vecchia. Con una differenza: prima del combattimento, la gente non andava più in chiesa.
Solo nel Nord degli Urali, probabilmente potete stare su qualche passo ripido e vedere l’Europa da un lato e la Siberia dall’altro. E in altri luoghi non è chiaro dove finisca la Siberia e dove inizi l’Estremo oriente. Perché i monti Altaj sono in Siberia, ma non gli Altaj mongoli? Solo la popolazione non indigena della Siberia può essere chiamata siberiana, ma buriati, altaici, tuvani o jakuti non possono essere definiti così, e loro stessi non si chiamano così.
Da giovane ho vissuto sui treni che collegavano Mosca con la Siberia per tre o quattro mesi della mia vita e ho sempre sentito quando ero ormai entrato o uscito da lei. Quanto tempo ho passato a guardare fuori dal finestrino del treno? Mi affascinano gli ampi spazi dal finestrino, noi moscoviti siamo attratti dalle distese molto grandi e scarsamente popolate.
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La maggior parte delle persone non ha affatto sentito parlare di Tuva, o sa solo che l’attuale ministro della Difesa russo Sergej Shoigu viene da lì e che il presidente Putin ha pescato lì un luccio enorme. Ma Tuva è una bellissima regione con un destino complesso e confuso.
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Nella mia memoria, Kyzyl ha sempre avuto regole piuttosto dure. Non è nemmeno una questione di inimicizia interetnica, che, in generale, è sempre esistita, a volte intensificandosi, a volte quasi (ma - quasi) scomparendo. Piuttosto, la questione è nella composizione della popolazione russa, che fino alla fine degli anni Ottanta era schiacciante in città. La gente qui era attiva, traboccante di energia. Questi erano i figli e i nipoti dei primi coloni, esiliati e detenuti, o volontari venuti a migliorare la “giovane Tuva” dopo il 1944, così come criminali che avevano scontato la pena (c’erano diverse colonie a regime duro intorno a Kyzyl). Ma non c’era quasi nessuno sfogo per la loro energia, quanto piuttosto la sensazione di essere rinchiusi in questo “sacco di pietra”, e la rabbia della delusione tra coloro che erano andati a Tuva nella speranza di costruire un mondo speciale (in seguito ho incontrato la stessa delusione tra gli abitanti delle città dimenticate sulla BAM). E questa energia non sfogata e questa rabbia erano particolarmente evidenti tra i giovani.
I siberiani sono una razza speciale di russi e la frase “la ricchezza della Russia cresce attraverso la Siberia” non è affatto uno slogan. E il punto non sta nemmeno nell’abbondanza di gas, petrolio, legname, elementi della tavola periodica e diamanti sepolti nel terreno, ma nel fatto che le persone qui misteriosamente sanno come trasformare gli aspetti negativi della vita in vantaggi.
In qualche modo, a metà degli anni Sessanta, sono finito in un remoto villaggio di Vecchi Credenti nella regione del selvaggio fiume siberiano Podkamennaja Tunguska e sono rimasto piuttosto sorpreso dal fatto che nelle case benestanti di questi presunti arretrati cittadini c’era l’elettricità, che allora non era disponibile in luoghi più avanzati, ad esempio in molti villaggi vicino a Mosca, dove la gente continuava a illuminarsi con lampade a cherosene. Non potevo credere ai miei occhi: i Vecchi Credenti usavano separatori, lavatrici, l’acqua veniva estratta dal pozzo da una pompa elettrica…. Il segreto si spiegava semplicemente: le autorità non li controllavano e loro erano fioriti economicamente, vendendo pesce, caviale, funghi ai turisti che navigavano lungo lo Enisej, e spendendo il ricavato non in vodka, ma per qualcosa di più utile.
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E a volte mi viene fatto di pensare che se il meteorite di Tunguska, era, come ipotizzano alcuni, un’astronave aliena, sia atterrata proprio qui nella speranza di comunicare con fratelli più simili a loro, i siberiani…
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