Come Tuvà, il posto preferito da Putin per le ferie, divenne parte della Russia

Aleksej Nikolskij/Sputnik
Questo piccolo Stato asiatico, pieno di sciamani e conosciuto per il canto di gola, entrò nell’Urss nel 1944 ed è rimasto nella Federazione russa dopo il 1991

Le parole “Repubblica di Tuvà” non dicono molto nemmeno a tanti russi, specialmente a quelli che vivono nella parte europea del Paese. Questa regione, che è uno degli 85 soggetti federali della Russia, è molto remota: 4.600 km a est di Mosca, nella Siberia meridionale, al confine con la Mongolia.

Persino i voli diretti da Mosca a Kyzyl, la capitale della repubblica, scarseggiano. Sono di solito 6 o 7 al mese, non di più, con la compagnia IrAero. Gli altri giorni bisogna volare ad Abakan, capitale della confinante Repubblica di Khakassia, e da lì proseguire in autobus per sette ore e mezzo (a Tuva non c’è neppure il treno). Ma perché farsi tutto questo sbattimento?

Innanzitutto, perché Tuva è molto più interessante di quanto sembri. È la terra degli sciamani, dove i tuvani, un tempo nomadi, ma che ora vivono principalmente in piccoli villaggi, conservano ancora l’arte mistica della comunicazione con altri mondi (o almeno così sostengono). In secondo luogo, la natura aspra di Tuva è così spettacolare che lo stesso Putin ne va pazzo: nell’agosto del 2018, è venuto qui a fare un’escursione di un fine settimana. E l’anno precedente, aveva trascorso tutte la sue ferie a Tuva, pescando e facendo rafting con il ministro della Difesa, Sergej Shojgu, che è un tuvano etnico.

Ma forse la cosa più particolare di Tuva è come si è unita alla Russia. Meno di cento anni fa era uno Stato asiatico indipendente che addirittura dichiarò guerra alla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Perché entrò poi nell’Urss?

Dalla Cina al caos

Se guardiamo indietro nella storia, all’inizio del XX secolo Tuva apparteneva alla Cina, come del resto anche la Mongolia e l’Asia settentrionale non russa. I confini, tuttavia, erano confusi o addirittura inesistenti. Centinaia di mercanti russi facevano affari a Tuva e vi abitavano.

Avevano le loro buone ragioni. I tuvani avevano grandi mandrie di bestiame e la loro terra era ricca di animali da pelliccia e di oro, e beneficiavano del commercio con i russi. I loro legami con la Cina a quel tempo si stavano indebolendo, mentre l’autorità dell’imperatore cinese si deteriorava. Poco dopo la rivoluzione Xinhai, che spazzò via la monarchia cinese nel 1911-1912, i tuvani chiesero all’imperatore Nicola II di entrare a far parte della Russia. Nel 1914, ci fu l’accordo.

I cinesi protestarono, ma nessuno prestò attenzione alla diatriba, anche perché la Prima guerra mondiale ormai infuriava. Eppure, la storia era tutt’altro che finita: nel 1918 la Russia sprofondò nella Guerra Civile, così come Tuva.

Un piccolo Paese indipendente

La guerra divise Tuva in tre parti, controllate dai mongoli, dall’esercito bianco e dai signori della guerra locali. Dopo che i bolscevichi prevalsero in Russia, decisero di lasciare Tuva come Stato indipendente, per non peggiorare le relazioni di Mosca con Pechino. Come sottolinea lo scienziato politico tuvano Viktor Sandakpan: “Era troppo presto perché Tuva si unisse all’Urss: i leader del Paese erano aristocratici, parte della popolazione sosteneva i mongoli, il partito comunista era debole”.

Tuttavia, la nuova Repubblica popolare di Tuva, creata nel 1921, era legata a doppio filo alla Russia sovietica. Non sorprende che, nel 1941, l’esercito del Repubblica contasse solo 489 soldati. Allo stesso tempo, la politica era turbolenta: il Paese cambiò sei costituzioni in venti anni di indipendenza, e i comunisti locali riuscirono persino a realizzare una versione in piccolo della Grande Purga di Stalin.

“Tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, i giovani stalinisti che avevano studiato a Mosca governavano il Paese”, scrive il giornale di storia “Diletant”. “Rimossero i vecchi leader dai loro posti e per lo più li uccisero.” La giovane generazione spietata combatté contro l’aristocrazia, i buddisti, gli sciamani; tutti coloro che non si adattavano alla nuova ideologia. Come scrive Viktor Sandakpan, tra le 1.200 e le 1.700 persone a Tuva furono represse negli anni Trenta.

Tuva contro Hitler

Nel 1932, Salchak Toka (1901-1973), un convinto comunista, divenne primo ministro della Repubblica Popolare di Tuva. Aveva un sogno, e lo espresse così: “Voglio che il nostro popolo si riunisca con i popoli della grande Unione Sovietica. Finché non succede, il mio sogno non si sarà realizzato.”

Dimostrando la sua lealtà al fratello maggiore sovietico, la Repubblica Popolare di Tuva divenne il primo Stato a schierarsi ufficialmente con l’Urss nella Seconda guerra mondiale. Dopo che la Germania nazista attaccò a sorpresa il 22 giugno 1941, Tuva, uno Stato di appena 90 mila persone (oggi la Repubblica conta oltre 320 mila abitanti), le dichiarò guerra (battendo sul tempo la Gran Bretagna di un paio d’ore). Secondo la leggenda, Adolf Hitler non reagì, perché non riuscì a trovare Tuva sulla mappa (forse non provò nemmeno).

Scherzi a parte, il piccolo Paese fece tutto il possibile per aiutare l’Unione Sovietica, partendo dal donare le sue riserve auree e arrivando a inviare circa 8.000 persone come volontari nell’Armata Rossa.

Un destino comune con la Russia

Ancor prima che la guerra finisse, il sogno di Salchak Toka si avverò. Nel 1944, il governo sovietico accettò la richiesta della Repubblica popolare di Tuva di unirsi all’Urss, diventando parte della Repubblica socialista federativa sovietica russa. Ciò significava che anche dopo che l’Urss cessò di esistere, la remota Tuva rimase all’interno della Federazione Russa, preservando la sua unica cultura sciamanica, e dando a Putin un posto dove rilassarsi l’estate.

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