“Non ho letto Pasternak, ma lo condanno”: cosa c’è dietro questa celebre frase sovietica

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Si può criticare aspramente un romanzo che non si è neppure aperto, perché ne è addirittura proibita la pubblicazione nel proprio Paese? Evidentemente sì

Boris Pasternak (1890-1960) è uno degli scrittori russi più importanti di tutti i tempi. Nonostante questo, e il fatto che goda da tempo di fama internazionale e ora sia assolutamente adorato in Russia, in epoca sovietica era una persona non grata nel suo Paese.

Da celebre poeta a emarginato

Borís Pasternák era più noto come poeta che non come romanziere, e i suoi versi simbolisti sono considerati tra i migliori dell’Epoca d’argento della letteratura russa.

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Pasternak non lasciò il Paese dopo la Rivoluzione bolscevica, a differenza di molti altri scrittori e della maggior parte dei membri della sua famiglia. Continuò a scrivere poesie, ed ebbe riconoscimenti dalle autorità sovietiche. Negli anni Venti e Trenta era considerato uno dei migliori poeti sovietici ed era un membro rispettato dell’Unione Sovietica degli Scrittori. Anche Stalin apprezzava la sua figura e il suo talento, e molto probabilmente fu per questo che ascoltò diverse richieste personali di Pasternak per la liberazione di alcuni prigionieri politici.

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Tuttavia, con l’indurimento del regime di Stalin, dalla fine degli anni Trenta, la propaganda sovietica richiedeva poesie patriottiche di elevazione dello spirito, e non testi filosofeggianti e “distaccati dalla vita reale”, come quelli di Pasternak. Le sue poesie cessarono di essere pubblicate da quel momento in poi e lui iniziò a dedicarsi alle traduzioni e alla prosa.

Il caso del Dottor Zhivago

Dopo un lavoro di circa 10 anni, nel 1955, Pasternak completò uno dei migliori romanzi mai scritti in lingua russa: “Il dottor Zhivago” (“Доктор Живаго”). Formalmente, è un libro sulla Guerra Civile scoppiata in Russia dopo la Rivoluzione, ma, in fondo, è un romanzo sugli esseri umani, sull’amore e sulla morte, sul significato della vita e sull’universo stesso. Ma era assolutamente inappropriato in epoca sovietica, poiché il romanzo non metteva in buona luce i bolscevichi e, al contrario, li mostrava anche comportarsi in modo barbaro e rovinare molte vite.

Non sorprende che il “Dottor Zhivago” sia stato bandito dalla pubblicazione e abbia sollevato un’ondata di critiche da parte dei media e delle autorità, tra cui quelle di Nikita Khrushchev. Ma quello che accadde in seguito “uccise” del tutto Pasternak come scrittore sovietico.

Riuscì infatti a trasferire il libro in Occidente e, nel 1957, venne pubblicato in Italia in anteprima mondiale dalla Feltrinelli. Più tardi, la Cia ha rivelato di essere stata coinvolta nell’operazione per portare il libro fuori dai confini dell’Urss, per usarlo come “arma” contro lo Stato sovietico.

Nel 1958, Pasternak fu annunciato come vincitore del Premio Nobel per la letteratura. Le autorità sovietiche si infuriarono per la decisione dell’Accademia, percependola come un passo politico contro l’Unione Sovietica.

In Urss iniziò un vero ostracismo contro Pasternak. Fu dichiarato traditore ed escluso dall’Unione degli Scrittori, il che, a quei tempi, significava che le sue opere non potevano più essere pubblicate. Gli autori sovietici organizzarono un’intera campagna di boicottaggio. Tutti i media ufficiali scrivevano che il romanzo era una calunnia della rivoluzione e del potere sovietico. E citavano alcune lettere che i proletari avrebbero inviato loro condannando il romanzo.

Ma il fatto è che nessuno di loro aveva avuto la possibilità di leggerlo, visto che non era stato pubblicato in Unione Sovietica. Per questo, molti di questi messaggi iniziavano con le parole “Non ho letto Pasternak, ma lo condanno” o “Non ho letto questo romanzo, ma è brutto”. Comitati di partito, fabbriche e istituti, tennero innumerevoli riunioni per condannare collettivamente e pubblicamente Pasternak. Alcuni suggerirono addirittura di revocare a Pasternak la cittadinanza sovietica. Alla fine, dovette rifiutare il suo premio Nobel.

Questo vero e proprio bullismo ai suoi danni rovinò la salute dell’autore, che poi morì di cancro nel 1960. Il suo romanzo venne pubblicato ufficialmente per la prima volta in Urss solo nel 1988.


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