La vera sfida per i registi russi è stata quella di affrontare il tema della guerra sul grande schermo da una prospettiva diversa, mostrando il vero disastro umano che aveva causato, e non solo l’eroismo militaresco.
Fondamentalmente, il conflitto aveva lasciato un buco nel cuore delle persone, con le lesioni fisiche e il dolore emotivo esplicito che erano solo la punta dell’iceberg. Per combattere il fuoco con il fuoco, gli spettatori hanno attraversato una catarsi guardando i film di guerra.
Ecco un elenco dei film di guerra sovietici che hanno aiutato a guardare alla Seconda Guerra Mondiale da una prospettiva diversa, attraverso gli occhi di eroi e traditori, padri e figli…
[Tematica: Traditori contro eroi]
Questo capolavoro in bianco e nero (“Проверка на дорогах”; “Provérka na dorógakh”, titolo traducibile come “Controllo sulle strade”) di Aleksej German (1938-2013) è stato girato nel 1971, ma è stato visto al cinema solo nel 1985. Il motivo del lungo divieto è semplice. Il film, ambientato nel 1942, puntava i riflettori sui soldati sovietici che avevano disertato ed erano passati volontariamente dalla parte del nemico fascista.
Uno dei migliori film sovietici sulla Grande Guerra Patriottica (come viene chiamata in Russia la Seconda guerra mondiale) aveva toccato, insomma un argomento tabù. Era inaudito per la censura statale. Inutile dire che, subito dopo aver visto la pellicola, Aleksej Romanov, presidente del Comitato statale per la cinematografia dell’Urss, si assicurò che rimanesse “na polke”, come si diceva allora, cioè “sullo scaffale”, per molti anni. Il film era considerato non patriottico, mentre il suo regista fu accusato di ignorare la realtà della vita dei partigiani sovietici.
Il dramma di Aleksej German è basato su un racconto di suo padre, lo scrittore Jurij German (1910-1967), “Operatsija ‘S Novym godom’” (ossia “Operazione ‘Buon anno nuovo’”). Si concentra sulla figura del sergente Lazarev (interpretato da Vladimir Zamanskij), un “traditore” che aveva disertato unendosi alle file dei tedeschi, ma in seguito si arrese ai partigiani sovietici per espiare la sua colpa. Il capo del distaccamento, Ivan Lokotkov (interpretato da Rolan Bykov), vuole sinceramente credere al disertore e gli affida l’impossibile compito di impadronirsi un treno tedesco pieno di cibo per aiutare a nutrire i soldati sovietici affamati.
Il film (conosciuto all’estero anche con il titolo inglese di “Trial on the Road”) esplora i valori umani e gli estremi morali, dipingendo un’immagine completamente diversa dei soldati sovietici in guerra. Ritrae persone che non sono né traditori né patrioti, nelle foreste innevate devastate dalla guerra. Sono tutti solo esseri umani inclini a errori fatali.
[Tematica: Dramma umano]
Questo dramma (titolo originale in russo: “Баллада о солдате”; “Ballada o soldate”) dai contenuti fortemente emotivi, diretto da Grigorij Chukhraj (1921-2001), non è un consueto film di guerra. Non vanta effetti speciali, scene epiche di combattimenti pesanti o gloriose situazioni tipiche del genere bellico. Offre un diverso ritratto del conflitto, optando per le storie umane piuttosto che per gli effetti speciali.
Il diavolo è nei dettagli, e i dettagli che vengono alla luce in “Ballata di un soldato” la dicono lunga sulla guerra. Puoi vedere la faccia scontrosa di un soldato con una gamba sola che ha paura di tornare da sua moglie; treni pieni di soldati allegri ma stanchi; una ragazza rimasta orfana. L’apparentemente piccolo dramma umano, ambientato nel 1942, ha molto, molto di più di quanto sembri. Mostra la portata della tragedia meglio dei kolossal di guerra. E questo film non ha un lieto fine.
Il protagonista principale, un operatore radio di nome Aljosha Skvortsov, riesce a mettere fuori combattimento due carri armati tedeschi. Come ricompensa, ottiene una breve licenza. Aljosha si dirige al suo villaggio natale: desidera vedere sua madre. Il giovane soldato incontra ogni genere di persone mentre torna a casa e si innamora persino, ma quando finalmente arriva, sono rimasti solo pochi minuti, prima di dover ripartire. Quindi abbraccerà sua madre un’ultima volta. “È ora che me ne vada”, dice. “Non ti lascerò andare!”, grida lei, forse intuendo che suo figlio non tornerà mai più.
“Ballata di un soldato” ha ricevuto riconoscimenti in tutto il mondo: vinse il Premio Bafta in Gran Bretagna per il miglior film internazionale e fu candidato all’Oscar alla migliore sceneggiatura originale.
[Tematica: La prospettiva di un bambino]
Ricco di sottigliezze e sfumature, il debutto di Andrej Tarkovskij (1932-1986) è un film nel film, che giustappone i momenti strazianti della guerra alla vita pacifica prima del conflitto.
La storia segue un ragazzo che ha perso la madre, la sorella e il padre in guerra. Alla disperata ricerca di vendetta, il dodicenne Ivan (interpretato da Nikolaj Burlaev, la futura star di “Andrej Rublev”) diventa letteralmente un figlio della guerra quando si unisce volontariamente a un gruppo di partigiani e rischia la vita portando a termine le sue pericolose missioni di ricognizione per l’esercito sovietico. Girato in bianco e nero e pieno di sequenze di sogni strabilianti e flashback inquietanti, “L’infanzia di Ivan” (titolo originale russo: “Иваново детство”; “Ivànovo détstvo”) mostra il lato più catastrofico della Seconda guerra mondiale, attraverso gli occhi di un bambino. I sogni surreali di Ivan, come preghiere senza risposta, diventano l’unico ponte che collega il ragazzo con il suo passato lontano e felice.
Il capolavoro di Tarkovskij vinse il Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia e il Golden Gate Award al Festival Internazionale del Cinema di San Francisco. “L’infanzia di Ivan” commosse Ingmar Bergman e Krzysztof Kieślowski, mentre il filosofo francese Jean-Paul Sartre ci scrisse persino su un saggio. Tarkovskij, al contrario, non amava il suo film, dicendo che “L’infanzia di Ivan” gli era cara solo in quanto “opera prima indipendente”.
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[Tematica: Le radici della violenza]
Questo è il primo documentario sovietico che descrive morte, violenza e tortura. (“Обыкновенный фашизм”; “Obyknovénnyj fashìzm”, ossia “Il fascismo ordinario”; conosciuto anche negli Stati Uniti come “Triumph Over Violence” e in Gran Bretagna come “Echo of the Jackboot”) è prima di tutto una cronaca approfondita degli orrori e delle origini del nazifascismo, non una classica storia hollywoodiana del bene contro il male.
L’acclamato regista Mikhail Romm (1901-1971) lanciò una bomba quando, con certi raffinati accostamenti, tracciò parallelismi tra il sistema totalitario dell’Unione Sovietica e i crimini della Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale nel suo film documentario.
“Obyknovennyj fashizm” ha lo stesso Romm come voce narrante, ed è stato scritto dal regista assieme a Maja Turovskaja e Jurij Khanjutin. A differenza dei suoi colleghi del tempo, invece di glorificare l’eroica esperienza bellica dell’Urss, Romm ha scelto di spingersi ai confini della disperazione umana con questo suo film profondamente inquietante.
Il documentario, inondato di immagini choc, tratte dagli archivi nazisti e da quello personale di Hitler, è uno sguardo durissimo sulla violenza fascista e sulla Shoah, e Romm ha usato tutti i mezzi espressivi a disposizione, dalla musica ai filmati documentali al montaggio, per cercare di rintracciare le origini della tirannia e del declino dell’umanità.
[Tematica: Il prezzo della vittoria]
Il film epico di Sergej Bondarchuk (1920-1994) si distingue non solo per la sua straordinaria qualità artistica e lo stile, ma, prima di tutto, per la sua inquietante autenticità.
Film di guerra perfetto, ha tutto: sangue, sudore, emozione e persino un linguaggio realisticamente volgare (mai sentito prima nel puritano cinema sovietico). Questo è il bello del grande cinema: apre nuovi orizzonti. Basato sull’omonimo romanzo del vincitore del premio Nobel per la letteratura Mikhail Sholokhov, il film di Bondarchuk (titolo originale in russo: “Они сражались за Родину”; “Onì srazhàlis za Ródinu”) descrive la complessità delle persone e la semplicità dell’amicizia, l’amarezza della guerra e il potere dell’umorismo, l’inestinguibile sete di vita e la paura della morte. È probabilmente il primo film più onesto e realistico sulla Seconda guerra mondiale, realizzato dal punto di vista di chi vi aveva effettivamente preso parte.
Luglio 1942. I soldati sovietici esausti stanno conducendo aspre battaglie, subendo enormi perdite alla periferia di Stalingrado. La trama si concentra sui soldati semplici, le loro amicizie, l’amore per la loro patria e il prezzo della vittoria.
Sergej Bondarchuk, il regista anche del monumentale “Guerra e pace”, premio Oscar nel 1969, girò questo film per celebrare i 30 anni dalla vittoria sui nazisti, e la maggior parte degli attori che vi hanno recitato (inclusi Jurij Nikulin e lo stesso Bondarchuk) erano stati essi stessi ex soldati al fronte. Questo dette al film un tocco autentico che arriva dritto al cuore.
L’Unione Sovietica ha fatto i maggiori sacrifici per sconfiggere i nazisti. La vittoria è arrivata a caro prezzo: circa 27 milioni di sovietici sono morti durante la guerra. Ma, tra il 1947 e il 1964, i costi e le conseguenze della “Grande Guerra Patriottica” non erano discussi pubblicamente in Urss. Milioni di persone erano morte prima di poter vedere la vittoria sul nazismo, e tanti loro concittadini non si rendevano nemmeno conto di quanto la loro morte fosse stata una straordinaria impresa di resistenza e coraggio. “Hanno combattuto per la patria” aiutò molti a capire l’immane portata di questo sacrificio.
I dieci migliori film sovietici sulla Seconda guerra mondiale secondo i russi
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