Mikhail Baryshnikov, storia dell’uomo che la sua vita l’ha danzata

Cultura
VALERIA PAIKOVA
Leggenda vivente del balletto, dopo la fuga in Occidente nel 1974 ha calcato ogni tipo di palcoscenico, attratto da varie contaminazioni artistiche, e si è esibito al fianco di Liza Minnelli e di Frank Sinatra; al cinema, e persino in “Sex and the City”, sempre con quella forza intellettuale e quel carisma che stregarono anche Brodsky

Sembra che Mikhaìl Barýshnikov (1948-) abbia nuotato controcorrente sin dall’infanzia. Ha scelto le sue battaglie con saggezza, però, e ha dimostrato di essere un brillante “nuotatore” sulla lunga distanza. La storia di Baryshnikov è un’entusiasmante storia di autorealizzazione e di crescita personale.

Nascita di una stella

Come molte famiglie sovietiche dell’epoca, il padre di Mikhail era un militare severo e un comunista convinto, mentre sua madre proveniva da un ambiente contadino. Fu lei a instillare l’amore per le arti in Mikhail. La famiglia viveva a Riga, capitale, allora, della Repubblica Socialista Sovietica Lettone. Baryshnikov si innamorò del balletto e si iscrisse alla sua prima scuola di danza professionale da solo. Disse ai suoi genitori che non aveva bisogno del loro appoggio. Misha (il diminutivo-vezzeggiativo di “Mikhail” in russo) dimostrava di potercela fare da solo già quando aveva solo 9 anni. Superò gli esami di ammissione.

Due anni dopo, Baryshnikov si trasferì a Leningrado (oggi San Pietroburgo) per studiare presso la più famosa scuola di balletto (ora nota come Accademia Vaganova). Lì, ebbe come maestro nientemeno che Aleksandr Pushkin (1907-1970), omonimo del grande poeta russo e insegnante di un’altra leggenda del balletto, Rudolf Nureev (che fuggì in Occidente nel 1961).

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Anni dopo, lo stesso Baryshnikov sarebbe stato riconosciuto come uno dei migliori virtuosi del balletto del mondo, insieme a Vaslav Nijinsky (1889-1950) e Rudolf Nureev (1938-1993).

Mikhail divenne un membro della leggendaria compagnia di balletto del Teatro “Kirov” (ora Mariinskij) nel 1967. Dette al balletto una buona dose della sua energia e intensità e divenne celebre come un ballerino dalle linee espressive, dalla tecnica impeccabile e dal potente gioco di gambe. Il carismatico Baryshnikov vinse premi per le sue esibizioni in “Vestris” del 1969 di Leonid Jakobson e nei panni di Albert nella “Giselle”, il simbolo del balletto classico. 

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Eppure, nonostante un futuro promettente, in Urss Baryshnikov, con la sua modesta altezza di 1,68 cm, era condannato a svolgere ruoli secondari. E questa non era una variante accettabile per un leader nato come lui. In Unione Sovietica, il balletto classico era deliberatamente rinchiuso nelle tradizioni del XIX secolo. Le influenze della danza contemporanea non erano le benvenute. Baryshnikov, al contrario, era alla ricerca di un vento di cambiamento e di una finestra di opportunità. Che arrivò nell’estate del 1974.

Possibilità e sfide

Il temerario ballerino lasciò definitivamente l’Unione Sovietica nel 1974. Baryshnikov, allora ventiseienne, chiese asilo politico mentre si trovava a Toronto, in Canada, dopo un’esibizione del Balletto del Bolshoj. Successivamente si trasferì negli Stati Uniti, dove entrò a far parte dell’American Ballet Theatre, da protagonista. Esprimendo fiducia e resistenza in ogni movimento impeccabile, Baryshnikov ebbe un successo enorme presso il pubblico statunitense con la sua parte in “Giselle”. La sua partner di ballo era Natalia Makarova, l’ex prima ballerina del “Kirov”. Anche lei aveva chiesto asilo in Occidente, ma nel Regno Unito, durante il tour londinese della compagnia nel 1970.

Baryshnikov creò, mise in scena e coreografò “Lo schiaccianoci”, che venne presentato per la prima volta al Metropolitan Opera House di New York nel 1977. L’esibizione di Mikhail e la sua stessa presenza sul palco resero questo popolare balletto ancora più speciale.

Alla fine degli anni Settanta, Baryshnikov si unì al New York City Ballet, dove lavorò con George Balanchine (1904-1983). Il coreografo, di origini russe e georgiane (che ha rivoluzionato il balletto classico americano, e il cui vero nome era Balanchivadze), ebbe certamente una grande influenza su Baryshnikov. Mikhail si esibì in modo sbalorditivo ne “Il figliol prodigo” (di Sergej Prokofjev) e in “Apollo”, su musiche di Igor Stravinskij (1882-1971). Balanchine ravvivò la gioia di vivere tipica di Baryshnikov con salti e movimenti maturi.

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Baryshnikov aveva bisogno di un po’ di spazio per la scelta e la creatività. Non voleva limitarsi esclusivamente a classici come il “Don Chisciotte”. Nel 1979 divenne direttore artistico dell’American Ballet Theatre. In questa veste, formò una nuova generazione di ballerini e coreografi.

Se Baryshnikov fosse rimasto in Unione Sovietica, eseguendo esclusivamente il repertorio classico, non sarebbe stato in grado di aprirsi alla sua vera sfida: la ricerca della libertà di espressione. Il suo sogno finale era ora lavorare con “i ragazzi nuovi”.

Negli Stati Uniti, Baryshnikov era affascinato dalla coreografia contemporanea. Coreografi all’avanguardia, come Twyla Tharp (che ha contribuito a catapultare la carriera di Baryshnikov nella danza contemporanea), Jerome Robbins, Glen Tetley e il fondatore dell’American Dance Theatre, Alvin Ailey. Gente che aveva davvero rotto gli schemi, trasformando le esibizioni di danza in una eruzione di pensieri e movimenti.

Nel 2005, ormai padre di quattro figli, Mikhail ha aperto il “Baryshnikov Arts Center” a New York City, un laboratorio creativo per artisti emergenti di tutto il mondo.

Da “Il sole a mezzanotte” a “Sex and the City”

Conosciuto per la sua abilità di recitazione e il suo sex appeal, Baryshnikov ha avuto successo anche sul grande schermo. Nel film musical del 1985 “Il sole a mezzanotte” (titolo originale: “White Nights”; regia di Taylor Hackford), le sue partner sul set erano Hellen Mirren e Isabella Rossellini.

Baryshnikov interpretava il ruolo da protagonista in un dramma quasi autobiografico: un ballerino sovietico che fugge dall’Urss. In un curioso colpo di scena, l’aereo che lo trasporta a uno spettacolo in Giappone è costretto a un atterraggio d’emergenza in Siberia. Gli agenti del Kgb si sfregano le mani in attesa del ballerino in fuga sulla pista.

In una scena memorabile del film, la star del tip tap Gregory Hines e Baryshnikov ballano insieme. La loro danza vale più di mille parole.

In un’altra scena molto bella, Baryshnikov chiede alla sua connazionale Galina, interpretata dall’attrice britannica per metà russa, Helen Mirren: “Sai cosa significa essere veramente liberi?”

E dà come risposta alla domanda da un milione di dollari che lui lui stesso ha posto una danza, sulle note della famosa canzone di Vladimir Vysotskij “Koni priverédlivye” (“Cavalli capricciosi”), coreografata da Twyla Tharp. È la scena migliore del film, quella che ha definito per sempre anche il personaggio di Mikhail.

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Le sue abilità come attore erano già state mostrate al pubblico in “Due vite, una svolta” (1977; titolo originale: “The Turning Point”, regia di Herbert Ross), con Shirley MacLaine e Anne Bancroft. La sua interpretazione del sognatore russo Yuri Kopeikine valse a Baryshnikov una nomination agli Oscar.

L’apparizione di Baryshnikov nella serie di successo “Sex and the City” (2004) nei panni del fidanzato di Carrie Bradshaw, Aleksandr Petrovsky, è stata, poi, a detta di molti, un grande successo. Pensava che sarebbe stato solo per un paio di mesi, ma in realtà l’icona del balletto russo finì per interpretare l’interesse amoroso di Sarah Jessica Parker sullo schermo per un anno. (Nella vita vera, Baryshnikov è felicemente sposato con l’ex ballerina Lisa Rinehart).

Baryshnikov a Broadway

Misha, come tutti lo chiamano in America, si è esibito a Broadway e nell’off-Broadway, facendo il suo tanto atteso debutto teatrale nel tempio del musical in “Metamorphosis”, un adattamento dal libro di Franz Kafka. La sua interpretazione di Gregor Samsa è stata degna di una standing ovation e di una nomination al Tony Award.

Il poliedrico artista si è anche esibito con la star di “Cabaret” Liza Minnelli (1946-), in uno spettacolo intitolato “Baryshnikov a Broadway”. Con la loro forte chimica sul palco, erano un’ottima coppia, con lei che cantava, mentre lui ballava.

Uomo che si è fatto da sé e uomo d’azione, Baryshnikov ha avuto la possibilità di condividere il palco con partner straordinari.

“Sono un cantante di saloon da molti anni ormai. E non avrei mai immaginato che qualcuno volesse usare una qualsiasi delle mie canzoni per scopi culturali. E un giorno ho ricevuto una chiamata da una signora di altissima classe di nome Twyla Tharp. Voleva sapere se poteva usare una delle nostre canzoni, per costruirci su una danza per un ballerino. E ho pensato: ‘Oh, la rispettabilità, finalmente!’. Questo ballerino è qui stasera e ha promesso di darmi una mano, o meglio un piede, per l’occasione. Signore e signori, il brillante Mikhail Baryshnikov!”, disse Frank Sinatra (1915-1998), aprendo la loro esibizione in duo con la sua malinconica canzone “One for My Baby”.

Brodsky/Baryshnikov

Con la sua vena di pessimismo, Baryshnikov è sempre stato un uomo dalla potente forza intellettuale. Spesso sembrava ballare con il cervello, prestando attenzione alla perfezione tecnica, potenziata da fiducia intellettuale, flessibilità e forza.

“È un uomo di intelletto e intuizione vigorosi”, disse Joseph Brodsky (1940-1996), amico di Baryshnikov per vent’anni. “Una persona che, tra l’altro, sa recitare più poesie a memoria di me. È molto strano, ma giuro che non ricordo come ho conosciuto Misha. Ma una cosa è certa: mi ha fatto una grande impressione e me la fa ancora. E per di più, non per le sue capacità di ballerino, perché non sono affatto un esperto in questo settore… Baryshnikov è un essere umano assolutamente unico. È nato nello stesso giorno di Wolfgang Amadeus Mozart. [Il 27 gennaio, ndr] E penso che abbiano molto in comune.”

Oltre a condividere l’amore per la poesia, Baryshnikov e Brodsky, divennero comproprietari del ristorante russo “Samovar” di New York (dove Aleksandr Petrovsky porta Carry Bradshaw al loro primo appuntamento).

Nel 2015, Baryshnikov ha avuto la possibilità di rendere omaggio al famoso poeta e vincitore del Premio Nobel nella sua performance “Brodsky/Baryshnikov”, messa in scena dal regista teatrale lettone Alvis Hermanis (1965-). Simbolicamente, la prima mondiale è stata a Riga, dove Mikhail è nato e cresciuto. A differenza dei suoi coetanei, Baryshnikov non aveva mai rivisitato l’Urss, né più tardi la Russia indipendente, dopo la sua fuga. A quanto pare, aveva raggiunto un punto di non ritorno. Fortunatamente, non ha mai smesso di essere un grande ammiratore e un partecipante attivo della cultura russa…

“E cosa mi ha portato a teatro, in realtà”, ha ricordato Baryshnikov in un’intervista con la leggenda del talk show statunitense Larry King (1933-2021) nel 2002, “è il fatto che, indipendentemente che tu sia ebreo, russo, armeno o lettone, tutte queste disparità vengono improvvisamente spazzate via dalla luce di scena e da una bellissima immagine di danza. E tutti, tutti quegli altri elementi, sono così irrilevanti.”

In una carriera rivoluzionaria durata più di cinquant’anni, Baryshnikov ha fatto esattamente quello che voleva. Irrequieto, ma non sconsiderato, in qualunque circostanza ha scelto di agire. Sempre a passo di danza.


La prima volta di Baryshnikov a Mosca (solo in foto)