La trasmissione di Capodanno “Ciao, 2020!”, andata in onda sul Pervyj kanal russo, ha fatto furore in Italia, tanto che non c’è giornale che non ne abbia parlato. Ivan Urgant, il conduttore (per l’occasione diventato “Giovanni Urganti”), ha confessato di essersi letto un bel po’ di questi articoli, cercando di capirci qualcosa con Google Traduttore.
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Lo ha detto (stavolta parlando in inglese) nel corso dell’intervista esclusiva rilasciata a Sebastiano Pucciarelli, autore e co-conduttore di “Tv Talk”, nella puntata in onda sabato 9 gennaio alle ore 15 su Rai 3. Noi abbiamo parlato con Pucciarelli, grande esperto di televisione.
Come si spiega un successo così grande, in Italia, di “Ciao, 2020!”?
Beh, è un programma molto creativo, molto ben fatto, confezionato con grande cura di ogni dettaglio, dai costumi alla coreografia. E in un italiano, per quanto maccheronico, comunque strepitoso. Ivàn Ùrgant mi ha raccontato che avevano due gobbi enormi per leggere i testi, ma che la traduttrice, una certa Irina, faceva comunque continue lavate di capo a tutti. E poi la trasmissione ha riprodotto degli anni Ottanta italiani immaginari, che in un periodo come questo, sono diventati una sorta di luogo di conforto dell’anima.
Non c’era il pericolo che qualcuno in Italia si offendesse, che trovasse l’immagine caricaturale?
Da quando noi abbiamo iniziato a occuparcene, la stragrande maggioranza delle reazioni è stata positiva, e molti hanno parlato di operazione geniale. Solo pochi hanno detto di vederci la solita macchietta degli italiani; come se il tempo si fosse fermato. Ma non è che nella realtà italiana in tv ci fossero cose poi tanto innovative per Capodanno: sulla Rai il 2021 è arrivato con Gianni Morandi sul palco, e su Mediaset con Pupo che cantava “Gelato al cioccolato”. Insomma, ha prevalso comunque il conforto della nostalgia. E poi in “Ciao, 2020!” si vedeva chiaramente la chiave simpaticamente ironica e affettuosa nei confronti dell’Italia; un sentimento diffuso tra i russi, come ci ha confermato Riccardo Fogli, che gode ancora di un grandissimo successo in Russia.
E Urgant cosa ha detto a questo proposito?
Ha confermato anche lui. Ha detto di amare molto l’Italia e di aver trascorso quasi tutte le estati, prima del Covid, in Toscana.
In passato ha avuto anche degli incontri con il nostro mondo dello spettacolo, e aveva anche conosciuto Fiorello qualche anno fa. Tanto che aveva provato a fare in Russia una sorta di riedizione del grande successo di Fiorello “Stasera pago io”. Ma era un varietà classico all’italiana, e là non era andato bene, e dopo quattro puntate era stato cancellato.
Crede che ci siano elementi “troppo russi” in “Ciao, 2020!”, poco credibili per una ricostruzione della tv italiana di trenta, quarant’anni fa?
No. Non mi sembra che si siano inventati niente di inverosimile, neanche negli aspetti più “piccanti”. Per la sensibilità di oggi, certe scene sembrano trash o eccessive, penso per esempio allo sketch del bingo con le riprese strette e insistite sul seno della valletta, ma negli anni Ottanta, in trasmissioni come “Drive in” o “Popcorn” ci sarebbero potute essere benissimo. Così come nei Cinepanettoni, anche di decenni successivi.
E per quanto riguarda il Papa Pippo II interpretato da Filipp Kirkorov?
Oggi fa strano, ma, secondo me, negli anni Settanta il Renato Zero dell’epoca sarebbe potuto apparire in qualche spettacolo vestito, che ne so, da cardinale…
Chi potrebbe avere nelle sue corde, in Italia, un programma di questo tipo?
Un late-night talk show come quello che di solito conduce Urgant, in Italia lo ha fatto Alessandro Cattelan e lo fa Saverio Raimondo (“Pigiama Rave”, ndr). Ma per un’operazione vintage come “Ciao, 2020!” forse potrebbero essere adatti lo stesso Cattelan e Fiorello, che l’anno scorso ha fatto una cosa molto interessante su RaiPlay. Anche perché entrambi sanno pure canticchiare…
Da esperto di tv, è un’operazione complessa fare una trasmissione parodia come “Ciao, 2020!”?
Molto. Tra l’altro, nel loro caso c’era anche la traduzione completa di tutto il programma, e la necessità di parlare e cantare in una lingua che non conoscevano. E hanno fatto tutto in tempi velocissimi: sono trascorse poco più di due settimane dall’idea alla realizzazione completa. E, oltre alla traduzione, sono stati anche riarrangiati tutti i pezzi – che sono hit del 2020 – dando loro sonorità anni Ottanta. I cantanti, tutte star molto famose in Russia, hanno accettato con entusiasmo questa operazione.
Ma adesso non potremmo trovarci “Giovanni Urganti” a Sanremo?
Gliel’ho chiesto: “Ivan se ti invitassero alla tv italiana, cosa faresti?” E lui ha detto “assolutamente sì, verrei di corsa, dove si firma?”. Dice di non vedere l’ora di poter dire di nuovo qualche parola in italiano. Dopo che la trasmissione è diventata un simile fenomeno in Italia, avrebbe senz’altro senso. Anche se, per il suo tipo di comicità e il suo gusto vintage, sarebbe più adeguato per il Dopofestival. Un’altra opzione potrebbe essere che uno dei cantanti di “Ciao, 2020!” si esibisca come ospite. Del resto, già ai tempi di Pippo Baudo c’era stata una cantante russa sul palco: Alla Pugachjova.
Ma nella squadra di Urgant si aspettavano un successo simile in Italia?
Assolutamente no. È stato del tutto inatteso. Ivan mi ha detto di essere rimasto scioccato da una tale reazione e dai numeri dei contatti dall’Italia registrati su YouTube, dove in effetti il video è rimasto “in tendenza” per un’intera settimana. Ho parlato con la produttrice del programma, e ha detto che anche in Russia ha avuto in tv ascolti più alti della media. Inizialmente, dopo aver avuto l’idea, si erano fatti dei problemi. Temevano che fosse difficile per il pubblico russo seguire (con i sottotitoli, ndr) quasi un’ora di programma tutto in italiano. Ma poi hanno deciso che il 2020 è stato un anno così folle che valeva tutto; che non c’era niente da spiegare a nessuno. Non restava che provare, vedere come va e chissenefrega. Ed è andata benissimo.
La trasmissione “Tv Talk” analizza la televisione, ma vi era mai capitato di parlare di un programma russo?
Un paio di volte in passato sì, ma è una rarità. Nel 90 per cento dei casi ci occupiamo di tv italiana. Per il resto, abbastanza spesso di quella inglese e americana, sporadicamente di quella francese o spagnola. Ma ora vorrei vedere la serie tv russa citata in “Ciao, 2020!” come “Quattro putane”…
Il vero nome della serie tv del regista Eduard Oganesian, in 8 puntate, è “Chiki” (“Чики”). In Russia è uscita nel 2020 e ha avuto molto successo. Ecco la prima puntata, con sottotitoli in inglese:
Il programma di Capodanno sulla tv russa in italiano maccheronico: la guida per capirne di più