Libri: cinque motivi per leggere "Il monastero" di Zakhar Prilepin

Cultura
ALEKSANDRA GUZEVA
Pubblicato in Italia dalla casa editrice Voland, il romanzo dello scrittore russo definito dalla critica “il nuovo Tolstoj”, è stato finalmente tradotto anche in inglese. Vi spieghiamo perché merita di essere letto

1 / Un romanzo sui gulag vale sempre la pena di essere letto 

La prima volta in cui la stampa sovietica diede spazio al tema dei campi di lavoro forzato fu nel 1968, quando la rivista Novyj Mir pubblicò “Una giornata di Ivan Denisovich” di Aleksandr Solzhenitsyn. Seguirono decine di memorie, oltre a libri di narrativa e saggistica dedicati alla terrificante vita dei prigionieri, tra cui, ovviamente, l'imponente opera di Solzhenitsyn “Arcipelago gulag”, e la selezione di racconti di Varlam Shalamov dal titolo “I racconti di Kolyma”. 

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Dopo alcuni decenni in cui gli editori sovietici hanno dato alle stampe questi tristi e tragici libri, l’interesse dei lettori è diminuito, probabilmente per via della crudeltà delle storie trattate. “Il monastero” di Zakhar Prilepin, pubblicato in Italia da Voland, è uno dei primi libri della Russia moderna a tornare ancora una volta sul tema dei gulag.

2 / Ha una trama incredibilmente interessante

Il monastero si trova sulle isole Solovki nel Mar Bianco, nel nord della Russia. Il libro è ambientato degli anni ‘20: sono gli anni che precedono il Grande Terrore di Stalin, quando le purghe non avevano ancora preso piede in maniera così sistematica nel paese.

Le Solovki ospitavano un antico monastero che ai tempi degli zar veniva usato come luogo d’esilio. Negli anni ‘20, però, fu trasformato in un campo di lavoro dove venivano rinchiusi non solo coloro che non sostenevano il nuovo regime sovietico, ma anche i criminali e i prigionieri politici. Le cellette dei monaci del monastero furono trasformate in squallide celle di prigione; e all'interno delle chiese furono installati letti a doghe. 

Artem è un prigioniero delle Solovki. Ha 27 anni e sta cercando, come tutti, di sopravvivere. Si ritrova ad affrontare le rappresaglie dei prigionieri criminali, fino a quando inizia una storia d’amore con una donna che lavora come ufficiale nel campo. Grazie al suo aiuto viene trasferito in un'altra ala, dove si svolgono lavori ben più umani. Anche qui, però, dovrà stare sempre con gli occhi aperti. 

3 / Si basa su documenti storici e diari

Per la stesura del libro, Prilepin ha trascorso diversi mesi sulle isole Solovki, facendo ricerche tra gli archivi e le biblioteche locali. Questo romanzo non è una raccolta di memorie, ma si ispira ad alcuni documenti d'archivio. Tutti i personaggi principali sono ispirati a personaggi reali. Il comandante del campo, Teodors Eihmanis, visse veramente (il suo vero cognome era Eihmans); era una persona di spicco che attuava il terrore di Stalin ma si trovò poi impigliato nel suo tritacarne, e fu giustiziato nel 1938.

Anche l'amante del protagonista, Galina, era una donna realmente esistita, ex amante di Eihmans. Il suo diario è citato alla fine del libro. Un altro comandante, Nogtev, si ispira alla storia vera di un uomo crudele e spietato, con tendenze sadiche, che si prendeva gioco dei prigionieri, anch'esso vividamente descritto nel libro.

4 / È un romanzo moderno scritto in stile tolstoiano: una cosa che la critica aspettava da tempo

Uno dei principali problemi della letteratura russa degli anni Novanta e nei primi anni Duemila è stata la mancanza di eccellenti romanzi di spessore. La critica cercava senza successo un nuovo Tolstoj, ma i libri dell'età moderna non erano abbastanza potenti o travolgenti.

Nel 2014, quando Prilepin ha pubblicato il suo romanzo di 752 pagine, caratterizzato da una forte ambientazione storica, dal dramma umano, da una trama intrigante e molto altro ancora, ha suscitato un enorme interesse in Russia. Inoltre, ha vinto il Big Book, uno dei più prestigiosi premi letterari. 

5 / È il romanzo di un autore famoso e controverso

Quando “Il monastero” fu pubblicato in Russia, nel 2014, Zakhar Prilepin era già uno scrittore famoso. La sua prosa conteneva scene perlopiù brutali, basate sulla sua esperienza di vita reale. Ha scritto una raccolta di racconti sul suo servizio militare in Cecenia (“Patologie”, edito in Italia da Voland). Descriveva la vita nella Russia di provincia e la quotidianità di un ragazzo di campagna. Una delle sue opere più famose è il romanzo “Sankya”, su un giovane e chiassoso oppositore del partito bolscevico nazionale, che partecipava attivamente alle proteste (nella vita reale, Eduard Limonov). 

I libri di Prilepin sono sempre stati bestseller e hanno vinto vari premi letterari. È uno scrittore di grande talento, e utilizza molte metafore insolite e vivide; la sua narrazione ha un ritmo e un tono accattivante. 

Dopo la pubblicazione de “Il monastero”, Prilepin si è recato a Donetsk e ha persino preso il comando di un battaglione nella Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) che combatteva contro gli assalti dell'esercito ucraino; probabilmente è stato questo il motivo per cui i suoi libri hanno quasi cessato di essere tradotti in inglese, e la sua agenzia letteraria tedesca ha addirittura messo fine alla collaborazione.  

Nel 2018, quando il leader del DPR, Aleksandr Zakharchenko, è stato ucciso, Prilepin è tornato in Russia e ora continua a scrivere; lavora come conduttore televisivo e si occupa di politica. Ma il suo periodo nel Donbass ha suscitato una grande polemica sulla stampa: ha diviso i suoi fan in coloro che hanno smesso di leggerlo per via del suo attivismo politico, e coloro che separano l’uomo dalla scrittura. Quindi, è giunto il momento di scegliere da che parte stare.