Perché la musa di Majakovskij è stata ritenuta una strega avida e la responsabile del suo suicidio?

Cultura
EKATERINA SINELSHCHIKOVA
Lilja Brik, uno dei simboli della rivoluzione sessuale e del potere femminile nella Russia bolscevica, subì una vera damnatio memoriae nell’Urss, dopo che il poeta si sparò al cuore

“Alcuni la chiamano la seconda Beatrice, e la vedono come una saggia fonte d’ispirazione per Majakovskij, con uno spirito affine al suo. Altri, la ritengono una strega mercenaria, un vampiro che succhiava il sangue al travagliato genio della poesia russa, puntando alla sua fama e ai suoi soldi, fino a spingerlo al suicidio”, scrivono oggi su di lei i biografi.

La relazione burrascosa tra il leggendario “cantore della rivoluzione”, Vladimir Majakovskij (1893-1930), e la “propagandista della depravazione”, Lilja Brik (1891-1978), durò 15 anni, fino al suicidio del poeta nel 1930. Lui le dedicò poesie e centinaia di lettere d’amore. E probabilmente è stato proprio grazie a questa relazione che lei è passata alla storia, ma che anche si fece centinaia di nemici, che cercarono di cancellare ogni sua traccia. Ma chi era esattamente questa femme fatale

Una ebrea benestante 

Lilja Kagan (questo il suo nome da nubile) nacque l’11 novembre 1891 in una ricca famiglia ebrea. Suo padre era un avvocato e la famiglia viveva nel centro di Mosca. I suoi genitori portavano spesso la piccola Lilja e sua sorella minore Elsa (la futura eroina della resistenza francese Elsa Triolet, e futura moglie del poeta francese Louis Aragon) nelle principali località turistiche europee dell’epoca.

Le ragazze erano sotto la costante cura di una governante. Parlavano benissimo tedesco e francese, sapevano suonare il pianoforte e studiarono al ginnasio. Fu lì che all’età di 13 anni, Lilja incontrò il suo futuro marito, Osip Brik (1888-1945). Sull’onda dei disordini rivoluzionari anti-monarchici del 1905, Lilja iniziò a frequentare dei circoli politici, uno dei quali era guidato da Osip, il figlio di un commerciante di gioielli.

“Tutte le nostre ragazze erano innamorate di lui e incidevano il nome ‘Osja’ con il temperino sui banchi”, ha ricordato Lilja. Il suo cortese corteggiamento di Lilja durò sette anni. Fino al momento in cui lei rimase incinta. Tuttavia, il padre non era Brik ma… un insegnante di musica, Grigorij Krejn. Sotto la pressione di sua madre, Lilja scelse la via dell’aborto, in conseguenza del quale non poté più avere figli. E Brik finalmente le fece la proposta di matrimonio.

Tuttavia, Osip smise molto presto di essere per lei un marito, sotto tutti gli aspetti. Nel 1914, Lilja scrisse: “Già conduco una vita indipendente, e fisicamente in qualche modo ci siamo allontanati… Dopo un anno, già non vivevamo più come marito e moglie, ma eravamo amici, forse ancor più di prima. Fu allora che Majakovskij entrò nella nostra vita”.

L’incontro con il poeta 

A quel tempo, Vladimir Majakovskij aveva avuto una relazione con la sorella minore di Lilja per due anni. Ma dopo aver incontrato Lilja, ruppe con Elsa e dedicò il poema “La nuvola in calzoni” alla sua nuova musa. 

Il benestante Osip si offrì persino di finanziare la pubblicazione del poema: divenne una specie di promotore di Majakovskij. Nel frattempo, Lilja aveva iniziato a lavorare sull’immagine del poeta: gli fece cambiare i suoi abiti cubo-futuristici dai colori vivaci con un cappotto e un abito formale e lo costrinse a mettersi a posto i denti. In altre parole, era una relazione a tre. 

“Fu un assalto. Volodja [diminutivo vezzeggiativo di Vladimir, ndr] non solo si innamorò di me, ma mi cinse d’assedio. Per due anni e mezzo non ho avuto un minuto di pace, letteralmente”, ricordò la Brik. L’impulsivo Majakovskij le scriveva lettere ogni giorno, la assillava di telefonate e faceva la guardia sotto le sue finestre.

Una donna con un “accesissimo interesse sessuale”

Osip non fu turbato dalla relazione di sua moglie. Tanto più che il Paese viveva una rivoluzione sessuale: l’amore libero era diventato un simbolo del tempo. “Io adoravo fare l’amore con Osja. [diminutivo vezzeggiativo di Osip, ndr] In quelle occasioni, rinchiudevamo Volodja [Vladimir] in cucina. Lui si arrabbiava, cercava di unirsi a noi, graffiava la porta e piangeva”, confidò una volta Lilja a un amico.

Secondo l’attrice Aleksandra Azarkh-Granovskaja, che apparteneva alla cerchia di amici dei Brik, Lilja aveva “un accesissimo interesse sessuale”, mentre non si poteva certo dire lo stesso di suo marito. 

Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, la situazione si capovolse. Majakovskij, da buon bolscevico, iniziò a fare dei bei soldi con le sue poesie, mentre gli affari di Osip Brik andarono sempre peggio. Fu allora che Lilja disse a suo marito che adesso stava con Majakovskij, ma che non voleva divorziare da lui. Così, entrambi si trasferirono nell’appartamento del poeta, vissero e viaggiarono a sue spese, con Majakovskij che considerava Osip parte della “famiglia”. La loro relazione divenne “un esempio” per coloro che sostenevano l’amore libero. Nel frattempo, le voci sulle numerose relazioni sessuali di Lilja Brik crescevano.

“Osip non solo permetteva a Lilja di divertirsi con altri uomini, ma andava con lei anche per bordelli”, scrive Alisa Ganieva, autrice della biografia di Lilja Brik intitolata “L.ju.B”. Bisogna dire che Osip aveva un interesse di tipo diverso per le prostitute: stava infatti scrivendo una tesi di dottorato su di loro ed era una sorta di “assistente sociale” (dava loro assistenza legale). Tuttavia, portava con sé nei bordelli la sua giovane moglie e lei lì si divertiva. 

Una donna influente cancellata dalla storia 

L’atteggiamento dei contemporanei nei confronti di Lilja era vario. Gli uomini, per esempio, la adoravano: l’elenco degli ammiratori della Brik comprendeva praticamente l’intera cerchia di artisti d’avanguardia russi e personalità di spicco della cultura, da Aleksandr Rodchenko (che la fotografò in un celeberrimo manifesto) a Sergej Djaghilev. In Italia, sarebbe stata amica di Pasolini, in Francia di Louis Aragon (che, come detto, avrebbe sposato sua sorella Elsa) e di Yves Saint Laurent, che disse: “Conosco tre donne al di fuori del mondo della moda che sanno essere eleganti: Catherine Deneuve, Marlene Dietrich e Lilja Brik.”

Professionalmente, la Brik era tutto e niente: cercò di fare la scultrice, la scrittrice, l’attrice e la regista cinematografica, lavorò nella pubblicità e prese lezioni di danza. Non ottenne però grandi risultati in nessuno di questi campi. Tuttavia, fondò uno dei salotti letterari più famosi nella Mosca del XX secolo. Quel salotto sopravvisse a tutti gli altri. “La letteratura era stata cancellata, era rimasto solo il salotto dei Brik, dove gli scrittori si incontravano con gli agenti della Chekà”, disse senza peli sulla lingua Anna Akhmatova, che non era mai stata invitata.

Tuttavia, dopo che Majakovskij si sparò al cuore proprio al culmine della sua fama, la loro storia d’amore si trasformò in una tragica leggenda e la Brik venne praticamente dichiarata l’assassina del poeta. Soprattutto dopo che lei rese pubblica la loro corrispondenza: c’erano centinaia di bellissime lunghe lettere con dichiarazioni d’amore di Majakovskij e le risposte di Lilja erano sempre secche, concise, e contenevano continue richieste di invio di denaro. 

Un altro suicidio 

Tuttavia, quando dopo la morte di Majakovskij la sua poesia cominciò presto a essere dimenticata, Lilja, come amministratrice della sua eredità (era stata nominata tale dal poeta nel suo testamento), fece molti sforzi per impedire questo oblio. Scrisse persino una lettera a Stalin, e lui emise un ordine per garantire che l’eredità del poeta non fosse dimenticata. Quindi fu in gran parte grazie a lei se venne creata un’intera industria attorno a Majakovskij, con le sue statue erette in tutto il Paese, le sue opere ristampate in milioni di copie e fattorie e fabbriche intitolate a suo nome.

La stessa Lilja divorziò presto da Osip e passò da un marito all’altro. Negli anni Settanta scrisse nel suo diario: “Ho fatto un sogno. Ero arrabbiata con Volodja per il fatto di essersi sparato, e lui mi ha messo delicatamente una minuscola pistola in mano e mi ha detto: ‘Comunque, tu farai lo stesso’.” 

Nel 1978, all’età di 86 anni, cadde da una sedia rompendosi l’anca. Non volendo diventare un peso per nessuno, assunse una dose letale di sonniferi.

 

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