Mai stati a Magadan? La ex capitale dei gulag vale una visita

La Maschera della Tristezza, il monumento in memoria alle vittime della repressione politica a Magadan

La Maschera della Tristezza, il monumento in memoria alle vittime della repressione politica a Magadan

Aleksandr Krylov/RIA Novosti
Non è certo una destinazione turistica scontata, ma la città principale della Kolymà, nel Lontano Oriente russo, è ricca di storia e offre panorami mozzafiato sul Mare di Ochotsk. Ecco cosa vedere e fare

Gli abitanti di Magadan ripetono spesso che “la vita qui è totalmente diversa da quella dei russi del Continente”. Potreste essere sorpresi da questa affermazione, perché la loro città (10.350 chilometri di strada da Mosca, oltre sette ore in aereo; 93 mila residenti) non sorge su un’isola. Ma se domandate perché si riferiscano al resto della Russia come “al continente”, si faranno una grassa risata.

La regione della Kolymà, che si stende tra il bacino dell’omonimo fiume e le fredde rive settentrionali del Mare di Ochotsk, in effetti può ricordare un’isola. Non ci sono treni che ci arrivano, e la grande città più vicina, Jakutsk, è a 2.000 chilometri di distanza. L’unico modo affidabile per arrivare fin qui è in aereo, da Mosca o da qualche città siberiana o del Lontano Oriente russo (Irkutsk, Vladivostok, Chabarovsk e altre).

“Viviamo sul pianeta Kolymà, ed è davvero speciale”, dicono orgogliosi i cittadini di Magadan. E hanno ragione. Anche se è lontanissimo da tutto, questo posto è ricco di cose che un vero viaggiatore non dovrebbe perdersi.

La San Pietroburgo del Lontano Oriente

Una via centrale della città

“Magadan è una piccola Leningrado”. Parola di Farley Mowat (1921-2014), uno scrittore canadese che visitò la Kolymà negli anni Sessanta, quando San Pietroburgo era intitolata al leader della Rivoluzione. E in effetti queste due città hanno qualcosa in comune, a parte il fatto di trovarsi alla stessa latitudine (sul 59º parallelo nord).

Quando iniziarono a costruire Magadan, nel 1929, dettero grande importanza all’architettura. Negli anni Trenta, quando il grosso degli edifici del centro venne tirato su, era di moda il Barocco socialista.

Passeggiando nel centro di Magadan, i visitatori possono immaginare a cosa assomigliasse questo posto quando i prigionieri dei gulag e i volontari combattevano contro ogni asperità climatica per edificare questa bella città nel mezzo delle terre del permafrost.

I simboli della repressione

Durante l’epoca staliniana, la Kolymà fu una terra di repressione (di cui ha scritto Varlam Salamov). Centinaia di migliaia di persone vennero deportate qui, nei campi di lavoro, per estrarre oro, stagno e uranio per lo Stato, morendo di freddo, fame o per le pallottole delle feroci guardie dei gulag. Si stima che siano morte qui tra le 120 e le 130 mila persone.

Proprio vicino a Magadan, non sorprende dunque che sia stato costruito uno dei primi monumenti alle vittime della repressione, nel 1996. La “Maschera del rimorso” è una struttura di 15 metri di altezza e 56 metri cubi di volume, opera dello scultore Ernst Neizvestny (1925-2016), i cui genitori erano state vittime delle Purghe staliniane. Svetta su una collina nei dintorni di Magadan e rappresenta una faccia, le cui lacrime sono formate da altrettante facce più piccole. È difficile dimenticare ciò che si prova vedendola.

Dal centro città, è lontana da raggiungere a piedi, meglio arrivare in autobus o in macchina (rivolgetevi al museo di storia locale).

Musei che fanno rivivere il passato

L'interno del Museo Memoriale dedicato a Vadim Kozin

Il Museo Regionale di Storia Locale di Magadan (Corso Karl Marx, 55) ha una sezione dedicata alla storia dei gulag, una sulle ricchezze naturalistiche della regione e una, etnografica, dedicata alla vita e alle tradizioni delle popolazioni indigene (eveni, ciukci, eschimesi…), che vivevano qui ben prima che arrivassero i russi.

Ci sono anche altri musei da non sottovalutare, in città. Uno è la Casa Museo Memoriale di Vadim Kozin (vicolo Shkolnyj 1), dedicato a un famoso tenore sovietico che cadde in disgrazia nel 1944 e venne deportato qui. Sopravvisse al gulag e rimase a vivere a Magadan per tutta la vita, morendo nel 1994 a 91 anni. Il suo appartamento è probabilmente uno dei “più sovietici” rimasti al mondo, con gigantesche librerie e onnipresenti disegni di gattini.

Tra le colline e il mare

La natura nei pressi di Magadan

Magadan ha scorci interessanti, ma per le viste più spettacolari dovete allontanarvi dal centro. Basta camminare una decina di minuti sul lungomare, percorrendo le vie Portovaja o Nagaevskaja per raggiungere la meravigliosa Baia di Nagaev. L’acqua di solito è troppo fredda, anche d’estate, per fare il bagno, ma la gente del posto ama passare qui le giornate più tiepide, godendosi la brezza e il sole.

Chi vuole di più, prenda un taxi vicino alla Stazione degli autobus di via Proletarskaja per Capo Njuklja, ecco un video ripreso dal drone:

Qui troverete panorami pittoreschi e una lingua di sabbia che si allunga nel Mare di Ochotsk. Vi potrete sentire davvero su un’isola, lontani dalla civiltà e con solo il mare di fronte.

Magadan è circondata da colline verdi e alcune di queste meritano una gita, specialmente quella dove si trova la cosiddetta “Corona di pietra”. Si tratta di una formazione rocciosa unica, la cui sommità frastagliata ricorda una corona, e che può essere vista anche dalla Baia di Nagaev. La distanza dal centro città è di circa otto chilometri e rappresenta una bella escursione per chi ama il trekking. Dopo circa due ore di marcia, la vostra fatica sarà ricompensata dalla splendida vista su Magadan e la baia.

La natura nei pressi di Magadan

Ovviamente, molto dipende dalla stagione in cui decidete di visitare la città. Se non amate le temperature molto basse (in inverno spesso si toccano i meno 30 Cº), il periodo migliore per la visita è in estate o nel primissimo autunno. “Il nostro autunno è incredibilmente bello”, dice Vera Smirnova, direttrice del complesso museale di Magadan. “Le colline da verdi, progressivamente virano al giallo e al rosso; sembra che stiano bruciando, che siano d’oro. È uno spettacolo che non ha nulla da invidiare al periodo di fioritura dei ciliegi in Giappone”.

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