Fra i 120 artisti presenti con le loro opere alla sezione principale della 57esima edizione della Biennale d’arte di Venezia, tre sono russi. Rbth illustra i percorsi della loro produzione artistica.
Irina Korina, Taus Makhacheva e Vadim Fishkin non sono certo degli esordienti. Ciascuno di loro ha alle spalle una lunga serie di mostre non solo in ambito russo, ma anche internazionale. A sceglierli è stata Christine Macel, curatrice della sezione principale della Biennale d’arte contemporanea di Venezia, che aprirà i suoi battenti al pubblico il 13 maggio. Il tema della sezione principale che verrà ospitata all’Arsenale e al Palazzo delle Esposizioni ai Giardini è intitolato "Viva arte viva". Qui verranno presentate sia le opere degli artisti russi che quelle di altri artisti internazionali.
Irina Korina
Un visitatore davanti all’installazione di Irina Korina e Ilya Voznesensky, esposta a Kaluga, in Russia. Fonte: Vladimir Astapkovich/RIA Novosti
L’artista, 39 anni, è nota soprattutto per i suoi monumentali oggetti e le sue installazioni totali, assemblati con scarti industriali o materiali simbolo della realtà russa come vecchie bandiere di epoca sovietica recuperate dalle fabbriche, vecchi giocattoli, tovaglie plastificate con decorazioni a la russe e “scheletri” di aree giochi provenienti da cortili di tipici casermoni popolari.
La Korina si è formata come scenografa teatrale e qualunque visitatore che entri nelle sale museali da lei ricostruite è catturato dalla forte empatia e teatralità delle sue opere.
In Russia la Korina è ritenuta un maestro nel suo lavoro di ricostruzione del rapporto spazio-temporale; un tempo che nelle sue opere si tramuta per il fruitore in un’immagine soggettiva, originale che provoca i sentimenti più eterogenei, dal senso di nostalgia alla proiezione nel futuro. Le sue opere sono state esposte al Palais de Tokyo a Parigi, al Festival Europalia a Bruxelles, alla Saatchi Gallery di Londra e in altri musei e gallerie del mondo. Ha partecipato anche alla Biennale di Venezia del 2009 insieme al gruppo di artisti che ha collaborato al progetto “Pobeda nad budushchim” (La vittoria sul futuro), esposto nel Padiglione della Russia.
Quest’anno alla sezione principale della Biennale porterà una nuova installazione intitolata “Blagie namereniya” (Buone intenzioni). Come spiega l’artista a Rbth, si tratta di una costruzione a due piani che si mimetizzerà nel folto dell’Arsenale. “Non sarà facile trovare la mia opera. La mia installazione sarà dedicata al tema dello spazio urbano e della romanticizzazione dell’eroismo e del patriottismo, temi di cui oggi sembra essersi infatuato il nostro governo”.
Taus Makhacheva
Come la Korina, anche Taus Makhacheva è una delle artiste russe più note in Occidente. Nel suo portfolio si segnalano, tra gli altri, la partecipazione ai progetti della Pinacoteca Nazionale di Bologna e le mostre alla galleria GfZK di Lipsia, alla Biennale d’arte contemporanea di Sharja e al Centre Pompidou di Parigi. La primavera scorsa ha presentato la sua installazione con video, “Kanat” (La fune) dedicata alla museologia e all’interazione tra musei centrali e regionali. Quest’opera è stata acquisita dal Museo d’arte contemporanea (MuHKA) di Anversa per la sua collezione.
L’artista, 33 anni, è nata a Mosca da una famiglia illustre: il nonno – Rasul Gamzatov – era un celebre poeta sovietico. Taus Makhacheva ha studiato a Londra e Mosca e nel 2013 si è trasferita con il marito a Makhachkala (a circa 2.000 km a sud di Mosca), nella patria dei suoi antenati. A questo luogo è legata tutta la sua produzione artistica focalizzata sulla questione dell’identità nazionale, sulla compenetrazione tra Oriente e Occidente e sul ruolo della donna nel mondo islamico.
Taus racconta che a Venezia porterà due nuovi video, basati sui suoi incontri e le conversazioni con i pescatori del Daghestan (il Daghestan è una repubblica del sud che fa parte della Russia e Makhachkala è la sua capitale). Nei giorni dell’inaugurazione della Biennale l’artista effettuerà delle performance all’Arsenale.
Vadim Fishkin
Più volte definito il “più occidentale degli artisti russi e il più russo degli artisti occidentali”, Fishkin, originario di Penza, dal 1990 vive e lavora in Slovenia, a Lubiana. Fu invitato per la prima a Lubiana dal collettivo Slovenische Kunst, a cui aderiscono in una sorta di uno Stato virtuale pittori, musicisti e artisti; una versione rivisitata dell’utopia di cui erano fervidi fautori futuristi e avanguardie russe. In seguito nel 1996 Fishkin si è trasferito definitivamente in Slovenia.
Da allora le sue opere, che esplorano la relazione tra scienza e arte, e come spiega l’autore, seguono la “logica dell’assurdo”, sono state esposte in tutto il mondo: alla Biennale di Venezia, alla Biennale Manifesta (inclusa quella di Pietroburgo del 2014) e in molte altre sedi ancora. Tra i suoi lavori più celebri vanno citati, tra gli altri, il “faro” installato sulla cupola del Palazzo della Secessione di Vienna, che pulsa intermittente al ritmo dei battiti del cuore dell’artista; i phon che “giocano” a ping pog e il barattolo di colore che proietta un’ombra a forma di palma.
“Vadim Fishkin appartiene alla generazione degli artisti degli anni Novanta e la sua arte è riuscita a catturare e a esprimere con raro rigore e coerenza la pulsione utopica di quell’epoca. Il rigore e la fedeltà all’arte sono i suoi tratti distintivi. Perciò non sorprende che Fishkin sia uno dei pochi artisti della sua generazione che non abbia preso le distanze e non sia sceso a compromessi”, sostiene Viktor Misiano il più famoso curatore d’arte russo del mondo.
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