Astana, in Kazakhstan, ha ospitato i primi negoziati dalla primavera del 2016 tra il governo siriano e l’opposizione armata. 23 gennaio 2017.
: ZUMA Press/Global Look PressAstana, in Kazakhstan, ha ospitato i primi negoziati dalla primavera del 2016 tra il governo siriano e l’opposizione. 23 gennaio 2017. Fonte: ZUMA Press/Global Look Press
Il comunicato finale sugli esiti dei colloqui di Astana (Kazakhstan) tra il governo siriano e l’opposizione armata, non è stato ratificato né dal governo, né dall’opposizione. Il documento è stato diramato a nome di Russia, Turchia e Iran, i tre Paesi mediatori, promotori del vertice.
Mosca, Ankara e Teheran hanno reso nota la loro intenzione di dissociare l’opposizione armata dalle milizie dei terroristi e di voler creare un meccanismo trilaterale per monitorare il cessate il fuoco tra l’esercito e le formazioni armate dell’opposizione (entrato in vigore il 30 dicembre).
Una diplomazia piena di contrasti
I colloqui hanno avuto uno svolgimento tumultuoso. Benché i rappresentanti del governo ufficiale di Damasco e i loro oppositori si sedessero per la prima volta insieme al tavolo delle trattative, di fatto non hanno negoziato direttamente e le parti hanno comunicato solo attraverso i rappresentanti dei Paesi mediatori.
Bashar Jaafari, rappresentante permanente della Siria presso le Nazioni Unite, e il capo della delegazione governativa, hanno definito gli oppositori come terroristi e hanno abbandonato l’hotel dove si svolgeva il vertice in segno di protesta. Gli oppositori hanno reagito allo stesso modo, esprimendo insoddisfazione sul comunicato finale che, a loro avviso, non rispecchiava il ruolo negativo esercitato dall’Iran nelle vicende siriane.
La linea di Mosca
Vladimir Akhmedov, ricercatore dell’Istituto di Studi orientali dell’Accademia russa delle Scienze, rileva che l’approccio della Russia si è distinto da quello dell’Iran e del governo siriano. “Prima insieme a Bashar Assad e all’Iran consideravamo in blocco tutti gli oppositori come terroristi, ora invece dialoghiamo con loro”, spiega l’arabista a Rbth.
Bashar Jaafari, rappresentante permanente della Siria presso le Nazioni Unite. Fonte: Reuters
La Russia cerca di svolgere un ruolo di mediazione, senza essere più soltanto il sicuro alleato di Assad e questo le viene riconosciuto anche dagli oppositori. Mohammad Alloush, capo della delegazione dell’opposizione, intervenendo alla conferenza stampa finale, ha dichiarato che “la Russia è passata dall’avere un ruolo diretto nelle operazioni militari a essere un garante che esercita un potere d’influenza su Iran e Siria”. Alloush ha auspicato che i russi possano rivestire anche in futuro questo ruolo positivo nel processo di regolamentazione della crisi.
Secondo Akhmedov, insieme alla Russia a sostenere posizioni più moderate ora è anche la Turchia, che in passato aveva offerto il proprio appoggio incondizionato all’opposizione. L’esperto ricorda che di recente la Turchia si è rifiutata di chiedere ufficialmente l’immediata destituzione di Bashar Assad dalla carica di Presidente della Siria. L’esperto ritiene che Russia e Turchia insieme riusciranno a influenzare l’Iran che si trova su posizioni più radicali e che a tale scopo è stato anche attivato il formato della troika.
L’opposizione contro i ribelli
Come rileva Anton Mardasov, direttore della Sezione di ricerche sui conflitti mediorientali dell’Istituto per lo sviluppo innovativo, ad Astana non sono stati ratificati nuovi accordi, né sono state offerte garanzie multilaterali, ma ciò era impensabile fin dall’inizio. A suo avviso “il significato del vertice risiedeva nel consolidare il cessate il fuoco”.
La tregua tra il regime e l’opposizione in grado di dialogare, a detta di Mardasov, ha consentito di congelare le azioni militari e di lasciare certi territori sotto il controllo dell’opposizione, dandole la possibilità di combattere autonomamente le milizie dell’Isis e del Fronte al-Nusra. In passato il processo di scissione tra i gruppi dell’opposizione armata e il Fronte an-Nusra (che ora assunto il nome di Jabhat-al Nusrah) aveva causato grossi problemi.
“Ora a differenza delle tregue precedenti, raggiunte con la sponsorizzazione di Russia e Stati Uniti, è in atto davvero una scissione e si stanno creando delle vere unità dell’Esercito siriano libero che combattono contro Jabhat-al Nusrah”, sostiene Mardasov. In tale contesto è importante il ruolo rivestito dalla Turchia che, a differenza degli Usa, esercita un’influenza diretta sull’opposizione.
Mohammad Alloush, capo della delegazione dell’opposizione (in centro), alla conferenza stampa finale. Fonte: Reuters
In attesa di Ginevra
Malgrado l’innegabile progresso raggiunto grazie all'aiuto della troika, la pace in Siria sembra ancora lontana. L’opposizione chiede la destituzione di Bashar Assad, sebbene Assad non abbia intenzione di abbandonare la sua carica di Presidente ritenendo di essere stato legalmente eletto. L’arabista Leonid Isaev, titolare della cattedra di Politologia dell’Università nazionale di ricerca “Alta Scuola di Economia” di Mosca, rileva che il regime di cessate il fuoco è un fattore positivo, ma che senza una regolamentazione della situazione si rischia di nuovo di scivolare in un conflitto tra Assad e l’opposizione.
Come ricorda Isaev “nel conflitto siriano si sono già ottenuti in passato periodi di tregua, dovuti ai negoziati di Ginevra, ma hanno funzionato solo fino al momento in cui sono falliti i tentativi di regolamentazione dopo di che la guerra ripresa”.
Il nuovo vertice di Ginevra, dove dove verrà riesaminato il processo di transizione verso la pace, avrà luogo l’8 febbraio. Il summit, secondo le parole dei rappresentanti dell’opposizione, dovrà “perfezionare e portare a compimento” gli esiti raggiunti ad Astana.
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