A cavallo e in trattore per andare a dare un esame
Katja Gotovtseva è nata e cresciuta nel villaggio di Dygdal, in Jakuzia, a 125 chilometri dal più vicino centro distrettuale. Per superare l’esame di Stato unificato, che serve a entrare all’università, doveva andare in città, e non è stato un gioco da ragazzi. Ogni primavera, a causa delle inondazioni, la strada viene spazzata via; semplicemente non esiste più. Questo non ha fermato Katja, e con suo padre hanno elaborato un percorso alternativo. La studentessa delle superiori ha raggiunto un villaggio vicino con una cavalcata di alcune ore, da lì ha proseguito a bordo di un trattore, dopodiché ha potuto finalmente sedersi in una macchina.
Il 18 maggio c’è stata “l’ultima campanella”, tutti si stavano preparando per la festa di fine scuola e Katja ha invece sellato il suo cavallo ed è partita per andare a dare l’esame.
“Non appena abbiamo lasciato il villaggio, il mio Orlik ha sentito qualche odore o si è spaventato di qualcosa, e inizialmente ha corso velocemente al trotto verso la foresta, poi si è imbizzarrito e, alzandosi sulle zampe posteriori, ha cercato di buttarmi giù di sella più volte. Poi è piombato in una fitta foresta piena di rami e cespugli secchi. Ho guardato in direzione di mio padre nella speranza che mi salvasse dal cavallo impazzito. Ma papà se ne stava impalato e sembrava nel panico, perché se fosse intervenuto, avrebbe solo peggiorato le cose”, ricorda.
Katja ha rimediato un bel po’ di graffi in faccia, il suo cappellino da baseball rosa è volato via, il naso le sanguinava. Ma ha stretto le briglie e dopo un po’ il cavallo si è calmato. Le successive sette ore di cavalcata sono andate più lisce.
Nel tratto successivo, li stava già aspettando un trattore con un carrello, dove c’erano altri scolari che dovevano andare a sostenere l’esame. “Siamo stati nel cassone del trattore per circa sette ore. Faceva molto freddo ed era completamente buio. Abbiamo cercato di dormire un po’, ma sbandava di lato e tremava violentemente a causa della strada terribile, quindi non abbiamo dormito molto”, racconta Katja. Raggiunto il villaggio successivo, ha passato la notte e la mattina dopo è andata a sostenere l’esame in macchina: “Gli insegnanti scioccati volevano ascoltare la mia storia, ma io ero imbarazzata mentre mi rifocillavo con un piatto di polpette e purè”.
La benzina una volta all’anno e gli orsi alla porta di casa
I residenti del villaggio più settentrionale della Russia, Dikson, devono vivere al freddo per la maggior parte dell’anno. Qui, anche in estate, la temperatura media è di + 5,5 ºC (in inverno - 48 ºC) e a giugno si usano ancora le motoslitte. Ma questo non è l’unico problema.
Il villaggio è talmente isolato dal resto della Russia che la possibilità di comprare la benzina si ha solo una volta all’anno, durante il periodo di navigazione. La puoi ordinare e ti viene consegnata via nave. Non ci sono distributori di benzina nel villaggio, il distributore di benzina più vicino dista circa 500 km. Ma non puoi arrivarci; non ci sono strade. “I veicoli privati sono rari qui. Per lo più le persone hanno motoslitte e barche a motore. Ordiniamo da una a due tonnellate di benzina per la navigazione. È sufficiente per un anno”, dice un abitante del villaggio, Aleksandr Anisimov.
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C’è anche un problema con Internet a Dikson: è molto debole e lentissimo. Nessuno ha mai provato l’esperienza di vedere un video online qui. Sono necessarie da un’ora e mezza a due ore solo per caricare alcune foto.
La più grande minaccia nel villaggio sono poi gli animali selvatici. La polizia locale è impegnata a proteggere la popolazione proprio da loro, poiché a Dikson non c’è crimine. “Sia i lupi che gli orsi si aggirano qui. Possono improvvisamente arrivarti in casa, dice Mikhail Degtjarev, un residente. A Dikson, ovunque ci sono cartelli che avvertono di non dare da mangiare agli orsi e (nel caso qualcuno ne avesse la tentazione) di non provare a farsi selfie con loro.
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Sul tetto per fare una telefonata
Kusur è il villaggio più remoto del Daghestan. Si trova in alta montagna ed è collegato alla pianura da un’unica strada. Per arrivare qui, è necessario guidare dalla capitale Makhachkalà (1.900 km a sud di Mosca) per circa sette ore. Vicino al villaggio di Mukhakh, sul pendio della cresta principale del Caucaso, la strada finisce, e da lì c’è solo un pericoloso sentiero di montagna, che, in 15 chilometri, porta a Kusur.
In estate sono abitate sette o otto case del villaggio; in inverno chi può se ne va, perché da qui al negozio più vicino, nel villaggio di Dzhinykh, ci si arriva solo facendosi 20 chilometri con gli sci ai piedi.
Quanto ai benefici della civiltà, nel villaggio c’è solo un telefono pubblico. Non si può usare per chiamare, perché nel villaggio non sono in vendita carte telefoniche. Ma si può rispondere alle chiamate. Il primo che sente squillare un telefono pubblico in strada tira su la cornetta e poi va a cercare chi è desiderato.
I residenti di Kusur hanno anche i telefoni cellulari, ma la rete prende solo salendo sul tetto della casa più in alto sulla collina, e solo dalla parte che guarda in direzione dell’antenna dell’operatore di telefonia mobile. Qui, il telefono è fissato al muro su una piastra metallica fatta in casa con ganci, nel punto in cui il segnale arriva meglio, e il numero viene composto con cura senza rimuovere il cellulare dal supporto. Durante il giorno, un’intera coda di persone desiderose di chiamare si riunisce sulla panchina lì accanto.
Internet in campo aperto e nomadi con il drone
Dall’inizio della pandemia di Covid-19, la vita in alcuni luoghi remoti della Russia ha iniziato a somigliare alle avventure di una Escape room. Da un lato, i residenti di questi posti sperduti hanno finalmente potuto apprezzare il proprio isolamento, dall’altro gli scolari di questi luoghi hanno odiato l’apprendimento a distanza. Se per la maggior parte degli abitanti del Paese, infatti, significava studiare confortevolmente da casa con una tazza di tè fumante vicino al computer, per loro voleva dire cercare soluzioni estreme.
Gli scolari dei villaggi della zona del fiume Kama (1.200 km da Mosca), ad esempio, devono sedersi per ore sui tetti delle loro case, visto che internet prende solo lì. “Salgo sul tetto per inviare i compiti e scaricare i file. Sto in piedi per un’ora. E se salta la connessione, devi rifare tutto daccapo”, racconta Amina Kazarinova.
In Bashkiria, nel villaggio di Kulmetovo, gli scolari vanno a cercare la connessione Internet per strada, in mezzo ai campi. Per questo, secondo la gente del posto, bisogna avere la macchina. “Nell’auto, quattro studenti fanno i compiti, alcuni al telefono, altri al laptop”.
Allo stesso tempo, coloro che vagano nella natura selvaggia da tutta la vita, i pastori di renne della Jakuzia, al contrario, si godono nuove opportunità: ora i droni si prendono cura delle loro renne. Usandoli, è molto più facile cercare le renne smarrite. “Li adoperiamo in luoghi dove la foresta è più fitta. Le renne ne hanno paura solo quando volano velocemente e il suono si fa irritante per loro. Quando sono fermi sul posto non gli fanno né caldo né freddo”, spiega l’allevatore di renne Sergej Laptander.
Come si vive nella città russa dove soffia il vento più forte del mondo?