Grandi lodi e poi la fucilazione. Capitò spesso alle vittime di Stalin. Così fu, per esempio, con lo storico e giornalista Jurij Steklov (1873-1941). Profondamente turbato dagli arresti di molte persone, l’uomo si fece ricevere da Stalin, il quale gli disse: “Ma Lei perché si preoccupa? Il partito la conosce e ha fiducia in lei. Non ha nulla da temere”. La sera stessa, quando Steklov tornò a casa, fu arrestato dall’Nkvd. Era il 3 febbraio del 1938. Nel suo caso non fu fucilato subito. Dopo quasi tre anni di detenzione, morì in carcere, per le conseguenze di una grave forma di dissenteria.
Lo psicanalista tedesco Erich Fromm (1900-1980) ha spiegato questo comportamento di Stalin con i suoi “istinti sadici”: “Stalin provava un sadico piacere nel rassicurare la vittima della sua buona disposizione nello stesso momento in cui già sapeva, senza ombra di dubbio, a quali sofferenze sarebbe andata incontro. È forse possibile immaginare un potere più grande su un’altra persona? Il principale motivo di questo comportamento per Stalin era il piacere che gli dava il suo potere illimitato: ‘Giustiziare o graziare, faccio come mi pare’”, scrive Fromm.
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