All’epoca, Rjazan, con i suoi 8.000 abitanti, era uno dei più grandi centri abitati (in media, nelle città russe di quel periodo la popolazione era di 1.000 persone).
Prima di iniziare l’assedio della capitale, i mongoli bruciarono alcune piccole città del principato di Rjazan e del vicino principato di Pronsk. Alcune furono rase al suolo e non rinacquero, altre si ripresero solo come piccolissimi villaggi, alcuni dei quali esistono tuttora.
Poi toccò alla capitale. Rjazan, che era fortificata bene, riuscì a resistere per cinque giorni. Alla difesa della città parteciparono tutti quanti erano in grado di impugnare le armi.
Tuttavia, la disparità numerica era troppo grande. Secondo il “Racconto della distruzione di Rjazan da parte di Batu Khan”, il 21 dicembre 1237, al sesto giorno dall’inizio dell’assedio, la difesa della città crollò.
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“Molte persone in città, sia donne che bambini, perirono di spada. Altri furono annegati nel fiume, mentre i sacerdoti e i monaci furono sterminati tutti, e la città messa a ferro e fuoco… I templi di Dio furono saccheggiati e sui sacri altari scorse moltissimo sangue. E non vi furono sopravvissuti nella città: tutti perirono, bevendo il comune calice della morte”.
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Malgrado alcuni tentativi di ricostruzione, intrapresi in seguito, la città rimase in rovina. Nel XIV secolo, la capitale del principato fu portata a Perejaslavl-Rjazanskij, situata a 50 km dalla città distrutta, che successivamente prese il nome di Rjazan. È la città che conosciamo oggi.
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