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Una delle maggiori attrazioni, alquanto insolite, della città di Kaljazin, nella regione di Tver, a 200 km da Mosca, è il campanile sommerso che sporge dall’acqua. Tuttavia, molti dei turisti che vengono qui per fare delle foto non sanno che sul fondo del bacino ci sono le rovine di un monastero che nel passato fu un punto di orgoglio della Chiesa ortodossa.
Il monastero sommerso
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Il monastero Troitskij Makarjev (“della Trinità di San Macario”) venne fondato nel 1434. Le principali strutture in pietra del convento furono erette nel XVI secolo. Brillante esempio dell’architettura ortodossa dell’epoca pre-petrina, nel passato, il monastero prosperava e fu attorno ad esso che col tempo sorse la città di Kaljazin.
Le possenti mura del monastero furono testimoni di molti drammatici avvenimenti. Nel Periodo dei torbidi, qui fu formato un esercito contro il Falso Dimitri II. Molti zar russi, da Ivan il Terribile a Pietro I ad Alessandro II, venivano qui per venerare le reliquie del fondatore del monastero, Macario di Kaljazin, mentre Alessio Michajlovich (il secondo zar della dinastia Romanov) regolarmente donava al monastero ingenti somme di denaro.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Il monastero fu chiuso dai bolscevichi nel 1920. Come molte altre chiese e conventi, il monastero di Kaljazin ospitò prima un museo di storia locale, poi una comunità per i bambini di strada e, infine, un albergo turistico per gli operai.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Nel 1940, la maggior parte degli edifici del monastero fu demolita e poi l’intera zona finì sott’acqua dopo la costruzione di una diga. Oggi di quel grande complesso restano soltanto il campanile e due isole “monastiche”. La stessa sorte toccò anche a una grande parte della città di Kaljazin e a moltissimi villaggi della zona, sommersi per costruire una centrale idroelettrica sul fiume Volga e il Bacino di Uglich. Oltre al monastero di Kaljazin, sott’acqua finì una trentina di altre antiche chiese e conventi.
I preziosi affreschi del monastero Troickij Makarjev, fortunatamente, furono salvati.
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Gli affreschi salvati
Alla metà del XVII secolo, la cattedrale della Trinità del monastero fu affrescata dai migliori pittori di icone della Russia, che disegnarono sull’intonaco fresco varie scene dell’Antico Testamento, tra cui “La Cacciata dal Paradiso” e “La costruzione della Torre di Babele”.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
C’erano anche delle scene non canoniche (apocrife) molto rare, riguardanti la Madre di Dio (per esempio, quella di Gioacchino e Anna, genitori della Beata Vergine Maria, che lasciano il tempio). Altri dipinti raffiguravano Gesù, vari santi e persino il benefattore del monastero, lo zar Alessio Mikhajlovich.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Molto insolite per l’iconografia russa erano le scene dell’Apocalisse, tra cui un affresco davvero unico: “Cavallo verdastro e cavallo nero”. In tutto, gli affreschi occupavano circa 1000 metri quadrati e avevano un grande valore artistico.
L’operazione per il loro salvataggio fu davvero eroica. Nel dicembre del 1939, quando tutto ormai era pronto per demolire il monastero, a Kaljazin fu mandato un gruppo di restauratori del Museo di architettura presso l’Accademia di architettura dell’Urss.
Con 30 gradi sotto lo zero, queste persone lavorarono fino al febbraio del 1940 dentro la chiesa buia e non riscaldata per rimuovere gli affreschi dai muri. Lungo il perimetro della scena veniva creato un solco largo 6-8 cm. Poi, lentamente, usando un martello, lo strato dell’intonaco con il dipinto veniva staccato dalla muratura e posizionato su un pannello di supporto.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Dopo ciò, sulle barche, gli affreschi venivano portati sull’altra riva del Volga, nella parte della città non soggetta all’allagamento. Quindi, nella chiesa dell’Epifania, che a differenza del monastero di Kaljazin era riscaldata, gli affreschi venivano montati su una base nuova, fissando i pezzi a rischio con una colla speciale.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Gli specialisti, diretti dal restauratore Pavel Jukin, salvarono numerosi frammenti: in tutto, 150 metri quadrati. La maggior parte degli affreschi fu passata al Museo di architettura, alcuni pezzi finirono in altri musei e depositi.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Decenni di lavori di restauro
A causa della guerra gli affreschi non furono esposti al pubblico e rimasero nel deposito, fissati al supporto di legno. Il restauro iniziò soltanto vent’anni dopo. Negli anni 1967-1974, una nuova squadra di restauratori pulì gli affreschi, eliminando sporco e muffe. Allora si seppe che Jukin e i suoi restauratori avevano aggiunto del materiale nuovo nei punti in cui mancavano dei pezzi, colorandolo poi per creare un migliore aspetto espositivo. Queste aggiunte furono rimosse dalla nuova squadra.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Più tardi, fu anche accertato che negli anni Quaranta, per la conservazione degli affreschi, era stata usata una colla a base di farina, il che provocò la proliferazione di microrganismi. C’era inoltre un problema di fessurazione e degli strati che si staccavano. Pertanto, negli anni Ottanta, fu avviata una nuova fase del restauro sotto la direzione e secondo il metodo di Vladimir Buryj.
Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
Nel 2020, per la prima volta, gli affreschi restaurati furono esposti al pubblico. Oggi, gli affreschi del monastero sommerso fanno parte dell’esposizione permanente del Museo di architettura intitolato ad Aleksej Shchusev di Mosca.
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