Come furono salvati gli affreschi nel monastero sommerso dalle acque della diga sul Volga

bsimple/Getty Images; Museo di architettura di Aleksej Shchusev di Mosca
I preziosi affreschi del XVII secolo del Monastero della Trinità di San Macario, vicino a Kaljazin, potevano essere perduti per sempre, ma furono salvati da un gruppo di restauratori indomiti, che, lavorando al freddo estremo, tra il 1939 e il 1940, riuscirono, lottando contro il tempo, a staccarne una gran parte

La torre campanaria di Kaljazin, che emerge dalle acque del Volga dopo la costruzione di un grande bacino artificiale

Una delle maggiori attrazioni, alquanto insolite, della città di Kaljazin, nella regione di Tver, a 200 km da Mosca, è il campanile sommerso che sporge dall’acqua. Tuttavia, molti dei turisti che vengono qui per fare delle foto non sanno che sul fondo del bacino ci sono le rovine di un monastero che nel passato fu un punto di orgoglio della Chiesa ortodossa.

Il monastero sommerso

Il Monastero della Trinità di San Macario negli anni Venti del Novecento

Il monastero Troitskij Makarjev (“della Trinità di San Macario”) venne fondato nel 1434. Le principali strutture in pietra del convento furono erette nel XVI secolo. Brillante esempio dell’architettura ortodossa dell’epoca pre-petrina, nel passato, il monastero prosperava e fu attorno ad esso che col tempo sorse la città di Kaljazin. 

Le possenti mura del monastero furono testimoni di molti drammatici avvenimenti. Nel Periodo dei torbidi, qui fu formato un esercito contro il Falso Dimitri II. Molti zar russi, da Ivan il Terribile a Pietro I ad Alessandro II, venivano qui per venerare le reliquie del fondatore del monastero, Macario di Kaljazin, mentre Alessio Michajlovich (il secondo zar della dinastia Romanov) regolarmente donava al monastero ingenti somme di denaro. 

La Cattedrale della Trinità negli anni Venti del Novecento

Il monastero fu chiuso dai bolscevichi nel 1920. Come molte altre chiese e conventi, il monastero di Kaljazin ospitò prima un museo di storia locale, poi una comunità per i bambini di strada e, infine, un albergo turistico per gli operai.

Esplosioni per la demolizione del monastero, 1940

Nel 1940, la maggior parte degli edifici del monastero fu demolita e poi l’intera zona finì sott’acqua dopo la costruzione di una diga. Oggi di quel grande complesso restano soltanto il campanile e due isole “monastiche”. La stessa sorte toccò anche a una grande parte della città di Kaljazin e a moltissimi villaggi della zona, sommersi per costruire una centrale idroelettrica sul fiume Volga e il Bacino di Uglich. Oltre al monastero di Kaljazin, sott’acqua finì una trentina di altre antiche chiese e conventi. 

I preziosi affreschi del monastero Troickij Makarjev, fortunatamente, furono salvati. 

LEGGI ANCHE: Kaljazin, quella torre che nasce dal Volga 

Gli affreschi salvati

Alla metà del XVII secolo, la cattedrale della Trinità del monastero fu affrescata dai migliori pittori di icone della Russia, che disegnarono sull’intonaco fresco varie scene dell’Antico Testamento, tra cui “La Cacciata dal Paradiso” e “La costruzione della Torre di Babele”. 

L’interno della Cattedrale della Trinità

C’erano anche delle scene non canoniche (apocrife) molto rare, riguardanti la Madre di Dio (per esempio, quella di Gioacchino e Anna, genitori della Beata Vergine Maria, che lasciano il tempio). Altri dipinti raffiguravano Gesù, vari santi e persino il benefattore del monastero, lo zar Alessio Mikhajlovich. 

Affreschi del monastero. A sinistra: “La caduta”; a destra: “La cacciata dal Paradiso”
Affresco “La costruzione della Torre di Babele”

Molto insolite per l’iconografia russa erano le scene dell’Apocalisse, tra cui un affresco davvero unico: “Cavallo verdastro e cavallo nero”. In tutto, gli affreschi occupavano circa 1000 metri quadrati e avevano un grande valore artistico. 

L’operazione per il loro salvataggio fu davvero eroica. Nel dicembre del 1939, quando tutto ormai era pronto per demolire il monastero, a Kaljazin fu mandato un gruppo di restauratori del Museo di architettura presso l’Accademia di architettura dell’Urss.

Con 30 gradi sotto lo zero, queste persone lavorarono fino al febbraio del 1940 dentro la chiesa buia e non riscaldata per rimuovere gli affreschi dai muri. Lungo il perimetro della scena veniva creato un solco largo 6-8 cm. Poi, lentamente, usando un martello, lo strato dell’intonaco con il dipinto veniva staccato dalla muratura e posizionato su un pannello di supporto. 

A sinistra: “La Madre di Dio”. A destra: “Il Salvatore in trono circondato dalle schiere celesti”
Affresco “Gioacchino e Anna con un agnello sacrificale”

Dopo ciò, sulle barche, gli affreschi venivano portati sull’altra riva del Volga, nella parte della città non soggetta all’allagamento. Quindi, nella chiesa dell’Epifania, che a differenza del monastero di Kaljazin era riscaldata, gli affreschi venivano montati su una base nuova, fissando i pezzi a rischio con una colla speciale. 

Affresco “Il cavallo pallido e il cavallo nero”

Gli specialisti, diretti dal restauratore Pavel Jukin, salvarono numerosi frammenti: in tutto, 150 metri quadrati. La maggior parte degli affreschi fu passata al Museo di architettura, alcuni pezzi finirono in altri musei e depositi.

Affreschi stesi sul pavimento nel laboratorio di restauro di fortuna all’interno della chiesa dell’Epifania a Kaljazin

Decenni di lavori di restauro

A causa della guerra gli affreschi non furono esposti al pubblico e rimasero nel deposito, fissati al supporto di legno. Il restauro iniziò soltanto vent’anni dopo. Negli anni 1967-1974, una nuova squadra di restauratori pulì gli affreschi, eliminando sporco e muffe. Allora si seppe che Jukin e i suoi restauratori avevano aggiunto del materiale nuovo nei punti in cui mancavano dei pezzi, colorandolo poi per creare un migliore aspetto espositivo. Queste aggiunte furono rimosse dalla nuova squadra.  

Il restauratore Pavel Jukin al lavoro, mentre ricrea le aree di perdita di colore nell’affresco “Costruzione della Torre di Babele” dopo che è stato montato su un nuovo supporto

Più tardi, fu anche accertato che negli anni Quaranta, per la conservazione degli affreschi, era stata usata una colla a base di farina, il che provocò la proliferazione di microrganismi. C’era inoltre un problema di fessurazione e degli strati che si staccavano. Pertanto, negli anni Ottanta, fu avviata una nuova fase del restauro sotto la direzione e secondo il metodo di Vladimir Buryj.

Gli affreschi in esposizione al Museo di Architettura di Mosca

Nel 2020, per la prima volta, gli affreschi restaurati furono esposti al pubblico. Oggi, gli affreschi del monastero sommerso fanno parte dell’esposizione permanente del Museo di architettura intitolato ad Aleksej Shchusev di Mosca.

LEGGI ANCHE: L’Atlantide sovietica: le città sommerse per la costruzione delle dighe 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie