“Ritratto della granduchessa Aleksandra Fjodorovna con i figli, il granduca Aleksandr Nikolaevich e la granduchessa Marija Nikolaevna”, 1821-1824, dipinto del pittore inglese George Dawe (1781-1829)
Museo RussoLa quarantacinquenne Marija Miloslavskaja (prima moglie dello zar Alessio Mikhajlovich) morì cinque giorni dopo il suo ultimo parto, nel 1699, e perse la vita anche Evdokija, la sua neonata. Per la zarina quello era il tredicesimo parto. A quell’epoca, le zarine partorivano spesso, quasi ogni anno, e non tutti i bambini riuscivano a sopravvivere. Naturalmente, la salute delle zarine risentiva di queste gravidanze ravvicinate.
Tutte le zarine, e poi anche le imperatrici russe, affrontarono gli stessi problemi, del resto naturali, connessi al parto. Nel 1832, dopo la nascita del figlio Mikhail, i medici proibirono all’imperatrice Aleksandra Fjodorovna i rapporti sessuali con suo marito (lo zar Nicola I), perché Mikhail era il suo settimo figlio e la salute, già cagionevole, dell’imperatrice, appena trentaquattrenne, non avrebbe retto a una nuova gravidanza.
Il granduca Konstantin Nikolaevich (figlio di Nicola I) da bambino, anni Venti del XIX secolo, dipinto di Pjotr Sokolov (1791-1848)
Dominio pubblicoA differenza dell’Europa, dove già nel Medioevo il parto reale era diventato un evento pubblico, al quale assistevano gli aristocratici, in Russia, dove erano forti le tradizioni, il tutto avveniva in maniera più modesta. Tuttavia, nel periodo pietroburghese, anche in Russia al parto delle imperatrici cominciarono ad assistere non solo i mariti, ma anche i suoceri. Nel 1714, Pietro I (il Grande) assistette al parto di Carlotta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, moglie di suo figlio Aleksej.
Quando nacque Paolo I, durante il parto erano presenti sia il granduca Pjotr Fjodorovich, marito della partoriente granduchessa Ekaterina Alekseevna (in seguito, Caterina II, la Grande), sia l’imperatrice Elizaveta Petrovna (Elisabetta di Russia). Dopo il parto, la granduchessa Ekaterina, madre di Paolo I, fu letteralmente abbandonata da tutti per alcune ore. “Non appena egli fu fasciato, l’imperatrice fece entrare il suo confessore che diede al bambino il nome di Paolo, e poi subito l’imperatrice ordinò alla levatrice di prendere il bambino e seguirla”, scrisse lei nelle sue memorie.
Aleksej Bobrinskij da bambino, 1760, dipinto del pittore Fjodor Rokotov (1736-1808). Aleksej Bobrinskij era il figlio illegittimo di Caterina la Grande, avuto dal principe Grigorij Orlov
Museo Russo“Non appena l’imperatrice si fu allontanata, anche il granduca si ritirò nelle sue stanze e non vidi più nessuno fino alle tre (il parto ebbe luogo intorno a mezzogiorno). Sudavo molto, chiesi alla signora Vladislavova di cambiarmi la biancheria e le lenzuola, ma ella rispose che non lo poteva fare. Alcune volte mandai a chiamare la levatrice, ma quella non veniva. Chiesi dell’acqua, ma la risposta fu la stessa”. Caterina II vide suo figlio Paolo per la prima volta soltanto 40 (!) giorni dopo il parto, e soltanto per pochi minuti. Anni dopo, tuttavia, lei stessa, esattamente allo stesso modo, tolse alla nuora Marija Fjodorovna i figli neonati, Aleksandr e Konstantin.
Nicola I, al contrario, era un marito premuroso e padre esemplare. Assistette alla nascita di tutti i suoi figli, tenendo per mano l’imperatrice Aleksandra Fjodorovna, sebbene fosse terribilmente teso. “Mi fa male la testa e ho anche dei dolori al cuore, mi sento male”, scrisse l’allora granduca dopo il parto del 1822, quando Aleksandra mise al mondo la figlia Olga (“la piccola piange come una rana”, scriveva il padre). I medici gli diedero un emetico che lo fece vomitare ben quattro volte. Ciò nonostante, assistette a tutti i parti successivi dell’imperatrice, restando con lei anche dopo il lieto evento.
Assistettero ai parti delle loro mogli e nuore anche gli imperatori delle epoche successive. Nel 1868, l’imperatore Alessandro II e sua moglie Marija Aleksandrovna furono presenti al parto di Marija Fjodorovna, moglie dell’erede al trono. L’imperatore e suo figlio, sui due lati del capezzale, tenevano Marija per mano, mentre stava nascendo il futuro imperatore Nicola II. “Dio ci ha donato il figlio, gli abbiano dato il nome di Nikolaj. La gioia che provavo non può essere immaginata, mi sono precipitato ad abbracciare la mia dolce moglie che si è subito rallegrata ed era incredibilmente felice. Piangevo come un bambino”, scrisse Aleksandr Aleksandrovich nel suo diario.
“L’imperatore Nicola I e l’imperatrice Aleksandra Fjodorovna”, anni Trenta del XIX secolo, dipinto del pittore tedesco Franz Krueger (1797-1857)
Museo RussoVa detto che Marija Fjodorovna non era molto felice quando il suocero assisteva ai suoi parti: la presenza dell’imperatore, scrive lo storico Zimin, citando il diario della granduchessa, la rendeva “terribilmente imbarazzata”. Durante le successive gravidanze cercò di non far sapere a nessuno del parto in arrivo. Il 22 novembre 1878, quando ormai stava per partorire, restò a tavola per tutta la durata del pranzo in presenza dell’imperatore: “i dolori continuano e diventano più frequenti, - scrisse la granduchessa quel giorno a sua madre. Vorrei solo poter resistere, finché lui è qui!”. Circa un’ora e mezzo dopo la fine del pranzo e la partenza di Alessandro II, Marija mise al mondo il suo terzo figlio, il granduca Mikhail.
Oltre alla presenza del marito e del monarca durante il parto, i Romanov avevano alcune altre tradizioni di famiglia.
“La camera da letto dell’imperatrice Aleksandra Fjodorovna nel Palazzo d’Inverno”, dipinto del pittore Eduard Hau (1807-1888)
Dominio pubblicoSin dai tempi dello Zarato di Mosca, il marito, dopo il parto, faceva dei ricchi doni alla madre del bambino. Nel 1822, il granduca Nikolaj Pavlovich, seppure totalmente esausto dopo il parto, regalò alla moglie un diadema con turchesi e perle a forma di pera. Ma non solo! Nel giardino del Palazzo Anichkov piantò una “quercia per Olga”, informa lo storico Zimin.
Un’altra tradizione fu descritta dal granduca Aleksandr (“Sandro”) Mikhajlovich: “Ogni volta che nasceva un figlio, ritenevo mio dovere rispettare un’antica usanza russa. Al primo grido emesso dal bambino, il padre doveva accendere due ceri, gli stessi che egli e la moglie avevano in mano durante il rito nuziale, e poi avvolgere il neonato con la camicia che il padre aveva indossato la notte prima”.
Inoltre, scrive Zimin, per tradizione, il corredo del neonato veniva preparato in anticipo. Tuttavia, le lenzuola, i pannolini, i cappellini, ecc., si tenevano in bauli chiusi a chiave, lontano dalla residenza in cui era previsto il parto, per “non dare il malocchio” al bambino.
Il granduca Nikolaj (il futuro Nicola II di Russia) con la madre Marija Fjodorovna, nata Dagmar di Danimarca, 1870, foto del fotografo di Corte Sergej Levitskij (1819-1898)
Dominio pubblicoL’inizio della gravidanza dell’imperatrice veniva comunicato dalla Gazzetta del Governo, mentre la futura madre veniva presa in carico dai medici della corte. Più vicino alla data prevista del parto, i medici e la levatrice si stabilivano nella residenza dove il parto doveva avvenire.
Il parto era assistito dai medici e dalle levatrici che il più delle volte venivano dall’estero (questa usanza nacque ai tempi di Pietro il Grande). Nel 1798, nel quadro dell’Accademia medico-chirurgica di Pietroburgo fu istituita la “cattedra di arte ostetrica”. Nel 1843, nell’organico dell’Infermeria della corte c’erano quattro levatrici e un medico ostetrico.
Praticamente tutte le levatrici che assistettero la famiglia imperiale nel XIX secolo, erano tedesche. La più famosa è forse la signora Hesse, che assistette la nascita di tutti i figli di Nicola I. Per ogni parto con esito felice gli ostetrici e le levatrici ricevano, oltre al loro regolare stipendio, anche dei regali e dei premi. Si trattava di cifre enormi: migliaia di rubli (per darvi un’idea, un ministro, all’epoca, prendeva circa 5000 rubli all’anno).
Alessandro III con la moglie e i figli, 1870, foto di Sergej Levitskij
Dominio pubblicoTutte le imperatrici e le granduchesse partorivano “a domicilio”, cioè in una delle residenze imperiali. Dopo Pietro I, quasi tutti i membri della famiglia imperiale vennero al mondo a Pietroburgo o nei suoi dintorni. Soltanto Alessandro II nacque nel 1868 a Mosca, perché tale fu la richiesta dell’imperatore Alessandro I. La sua richiesta fu esaudita, pertanto il futuro zar “liberatore” vide la luce al Monastero di Chudov del Cremlino di Mosca.
Poltrone ostetriche e letti da parto non si usavano, tutte le imperatrice partorivano in un normalissimo letto, usato per dormire. Tuttavia, a partire dalla metà dell’Ottocento, alle partorienti reali si cominciò a somministrare un antidolorifico. “Per alleviarle i dolori del parto, il medico della corte di solito le dava una piccola dose di cloroformio”, scriveva il granduca Aleksandr Mikhajlovich (Sandro). “Questo la faceva ridere e dire varie cose buffe, pertanto i nostri figli sono nati in un clima di gioia”.
Nel XIX secolo, le imperatrici e le granduchesse non venivano più lasciate da sole dopo il parto. I medici e la levatrice restavano con la madre fino alla sua completa riabilitazione.
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